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domenica 28 novembre 2021

Il complotto eccolo qua - 3

L’Italia ha una storia lunga di complotti, da oltre mezzo secolo, dalla “strategia della tensione”. Nei fatti una strategia politica, di manovra e comunicazione. Con non fantasiose applicazioni, alcune raccontate, con i loro meccanismi, da Astolfo, “La morte è giovane”, un romanzo in via di pubblicazione, di cui seguono alcuni estratti. Il referendum è sul divorzio, 1974 – allo stesso anno si riferiscono gli altri eventi menzionati. Il “pollaio” di Taviani è il suo rifugio estivo, di vacanza.  L’intervista di Andreotti è quella rilasciata a Massimo Caprara, già segretario di Togliatti, a lungo deputato Pci di Napoli, sul “Mondo” del 20 giugno 1974.  Vanni e Severo sono personaggi di fantasia. 
 
“La vigilia del referendum è stata, si sa ora, un fuoco d’artificio. Il 2 maggio, giovedì, i brigatisti hanno lasciato incustodito l’ostaggio per perquisire a Milano il Comitato di Resistenza Democratica di Edgardo Sogno. Che dunque è anch’egli più che un nome, “Eddy” Sogno Rata del Vallino, conte, comandante della brigata Franchi nella Resistenza e medaglia d’oro, uno che parla come Gianni Agnelli e Giulio Einaudi, verrà pure lui da Pinerolo, scuola di cavalleria, un liberale diplomatico in carriera, segato da Moro dopo che da Fanfani, la Dc può essere inflessibile. Sogno e il repubblicano di Spagna Pacciardi sono golpisti infine patentati dal ministro dell’Interno Taviani, che è uscito dal pollaio per gettare un ponte tra Moro e Andreotti, e uno tra la Dc e il Pci, il fronte antidivorzio, confermando e circostanziando i golpe: “Il terrorismo è di destra”, ha annunciato solenne a Scalfari a pranzo. Lui certo lo sa che, ministro sempre dell’Interno, fece l’ultima retata di scioperanti nel ‘62 a piazza Statuto, fermando gli operai Fiat scontenti del contratto, 1.200 – un centinaio li fece pure processare, dopo le mazziate. Sogno che era socio di Taviani. Anche Fumagalli esiste e complotta, benché sia stato ragazzo partigiano bianco, dell’organizzazione che Taviani presiede. Dice il maggiore dei carabinieri Delfino che teneva pronti i chiodi a quattro punte per isolare le strade, e le bombe a forma di pacchetto di sigarette, per il giorno del divorzio. E progettava una repubblica in Valtellina, un’altra Ridotta.
“A Sogno si affianca Cavallo, un professionista. Già nazista, poi Pci, editorialista dell’Unità, attivista quindi Dc, di Pace e libertà, giornalista a New York per la Gazzetta del Popolo, collaboratore del colonnello Rocca al Sifar e di Valletta alla Fiat, braccio destro del suo capo del per-sonale Garino, specialista in spionaggio tra ‘68 e ’69 per la stessa azienda, dove ha schedato 350 mila dipendenti, mille al giorno, duemila con le morose. Il golpe si lega alla sezione italiana del movimento antisovietico Paix et Liberté, creato a Parigi nel ‘47 da suore e laici pii, che nel ‘53 aprì una sezione a Milano, affidandola a Sogno, a iniziativa di Silone, coi soldi dei governi Pella e Scelba e della Fiat, prima della ripresa dei traffici con Mosca. Pace e libertà s’è sciolta nel ‘57, succeduta da Giustizia e Pace, di cui è segretario in Italia Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, monsignore, figlio del capo della Resistenza militare – i badogliani restano il Nemico, più dei tedeschi, anche se combatterono i tedeschi, almeno tremila i morti tra i soli carabinieri, più d’ogni altro gruppo partigiano. Dal ‘71 Sogno, dalla Birmania dov’è confinato ambasciatore, organizza Comitati di resistenza, che a Ferragosto dovevano prendere il Quirinale.
“C’è in scena materia per tutto, benché non tutta nuova. Sindona non manca, per il diletto del Dottore, con un progetto di golpe esposto all’ambasciatore americano Volpe, nomen omen. E ci sono “gli eredi del golpe Borghese”, dice all’Espresso il generale Maletti: anch’essi progettano un colpo di stato. Bande dunque di odontotecnici, commercialisti, pensionati e guardie forestali. L’elenco di Maletti è soprattutto interessante per i tanti generali in servizio, sia delle forze armate che dei carabinieri, suoi superiori in carriera, che partecipano ai golpe. Chi sono Maletti non lo dice, per rispetto, dice, delle gerarchie, li lascia indovinare. C’è anche il generale Miceli, il suo capo, l’uomo dell’onorevole Moro?
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“Dice Andreotti nell’intervista che Parigi è il centro della sovversione. Pompidou è dunque sovversivo, e Giscard d’Estaing. Ma Vanni lo sarà stato, che non credeva a un complotto, ma al complotto:
“- Bisogna tornare a credere al diavolo, l’uomo non è aria. Dentro il complotto, avendo guida appropriata al male, si può riconoscere questa o quella trama. Crederesti tu che il tuo migliore amico, io stesso qui, possa complottare? Ma bisogna essere malvagi, non meno degli altri.
“- Potrebbe essere lo Stato un complottardo?
“- No, solo l’uomo. Perché l’uomo, avendo un intelletto separabile e l’immaginazione tanto originale da creare ciò che non sa sperimentare, può pensare una cosa ed essere un’altra. Un uomo e non una donna. Questa è una citazione. Ci vuole dissimulazione. Le donne simulano meglio degli uomini. Ma solo le mogli degli scrittori che, Kierkegaard l’ha scoperto, sono gelose della scrittura. Lo Stato può essere un guardaspalle.
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“È il Novecento. Il secolo del processo, incessante, indistinto: Kafka. Della demoralizzazione dell’Occidente: Spengler. Se per Occidente s’intende l’Europa. E del complotto. Per la scoperta della guerra permanente, calda e fredda, o della libertà. Le due cose, legate, hanno effetto suicida. “La menzogna nuoce sempre agli altri, anche se non reca pregiudizio a qualcuno nuoce all’umanità”, è il famoso assioma di Kant nel corollario Contro Hobbes al quesito Sul luogo comune: può essere giusto in teoria, ma in pratica non vale. Sì, ma quando Constant gli obietta: “Un filosofo tedesco arriva a pretendere che verso degli assassini che vi domandassero se il vostro amico che essi inseguono non si è rifugiato in casa vostra, la bugia sarebbe un crimine”, Kant è perplesso: “Riconosco di aver effettivamente detto questo, ma non ricordo dove”. E quando Constant insiste: “Nessun uomo ha diritto alla verità che nuoccia ad altri”, se la cava col dovere di “essere veridico (onesto) in tutte le proprie dichiarazioni”. Dalla verità alla veridicità. E all’onestà? Con quei nomi di battaglia che sempre suonano falsi. Severo sapeva che il colonnello Rocca dei servizi segreti, quello che gestiva la cassa per portare la Dc al governo coi socialisti, ma morì “suicida” alla prima estate del ‘68, si presentava non col suo vero nome, ma come Alberto Revelli, Pino Renzi, Roberto Riberi, Carlo Bernini – che però esiste, è politico potente del Veneto amico di Dario.
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La storia dell’abate Barruel distingue nel complotto giacobino le logge segrete ma accessibili dalle retrologge ultrasegrete e inaccessibili. Sarà questa una retrologia accessibile.
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“Il primo complotto è gesuita, lo inventò nel 1612 un novizio polacco espulso dall’ordine, i massoni l’hanno solo copiato. E i gesuiti come gli ebrei sfuggono, che l’editore dei Monita privata polacchi, o Monita segreta, fanno disperare, il mangiapreti mangiadei Lourilot: “I gesuiti si fiutano ovunque, non si trovano in nessun posto”, e dunque “come colpirli, sono imprendibili, come difendersi?” Si trovavano pure in Russia, dove non c’erano. Gli zii litigiosi di Gor’kij il nonno li ingiuria in Infanzia dicendo alla nonna: “Il tuo Miška è un gesuita, Joška un framassone”.”
(continua)

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