Il complotto eccolo qua - 3
L’Italia ha una storia lunga di
complotti, da oltre mezzo secolo, dalla “strategia della tensione”. Nei fatti
una strategia politica, di manovra e comunicazione. Con non fantasiose
applicazioni, alcune raccontate, con i loro meccanismi, da Astolfo, “La morte è
giovane”, un romanzo in via di pubblicazione, di cui seguono alcuni estratti. Il referendum è sul divorzio,
1974 – allo stesso anno si riferiscono gli altri eventi menzionati. Il “pollaio”
di Taviani è il suo rifugio estivo, di vacanza. L’intervista di Andreotti è quella rilasciata
a Massimo Caprara, già segretario di Togliatti, a lungo deputato Pci di Napoli,
sul “Mondo” del 20 giugno 1974. Vanni e Severo
sono personaggi di fantasia.
“La vigilia del referendum è stata,
si sa ora, un fuoco d’artificio. Il 2 maggio, giovedì, i brigatisti hanno
lasciato incustodito l’ostaggio per perquisire a Milano il Comitato di
Resistenza Democratica di Edgardo Sogno. Che dunque è anch’egli più che un
nome, “Eddy” Sogno Rata del Vallino, conte, comandante della brigata Franchi nella
Resistenza e medaglia d’oro, uno che parla come Gianni Agnelli e Giulio Einaudi,
verrà pure lui da Pinerolo, scuola di cavalleria, un liberale diplomatico in
carriera, segato da Moro dopo che da Fanfani, la Dc può essere inflessibile.
Sogno e il repubblicano di Spagna Pacciardi sono golpisti infine patentati dal
ministro dell’Interno Taviani, che è uscito dal pollaio per gettare un ponte
tra Moro e Andreotti, e uno tra la Dc e il Pci, il fronte antidivorzio,
confermando e circostanziando i golpe: “Il terrorismo è di destra”, ha annunciato
solenne a Scalfari a pranzo. Lui certo lo sa che, ministro sempre dell’Interno,
fece l’ultima retata di scioperanti nel ‘62 a piazza Statuto, fermando gli operai
Fiat scontenti del contratto, 1.200 – un centinaio li fece pure processare,
dopo le mazziate. Sogno che era socio di Taviani. Anche Fumagalli esiste e
complotta, benché sia stato ragazzo partigiano bianco, dell’organizzazione che
Taviani presiede. Dice il maggiore dei carabinieri Delfino che teneva pronti i
chiodi a quattro punte per isolare le strade, e le bombe a forma di pacchetto
di sigarette, per il giorno del divorzio. E progettava una repubblica in
Valtellina, un’altra Ridotta.
“A Sogno si affianca Cavallo, un
professionista. Già nazista, poi Pci, editorialista dell’Unità, attivista quindi Dc, di Pace e libertà, giornalista a New
York per la Gazzetta del Popolo,
collaboratore del colonnello Rocca al Sifar e di Valletta alla Fiat, braccio
destro del suo capo del per-sonale Garino, specialista in spionaggio tra ‘68 e
’69 per la stessa azienda, dove ha schedato 350 mila dipendenti, mille al
giorno, duemila con le morose. Il golpe si lega alla sezione italiana del
movimento antisovietico Paix et Liberté, creato a Parigi nel ‘47 da suore e
laici pii, che nel ‘53 aprì una sezione a Milano, affidandola a Sogno, a
iniziativa di Silone, coi soldi dei governi Pella e Scelba e della Fiat, prima della
ripresa dei traffici con Mosca. Pace e libertà s’è sciolta nel ‘57, succeduta da
Giustizia e Pace, di cui è segretario in Italia Andrea Cordero Lanza di
Montezemolo, monsignore, figlio del capo della Resistenza militare – i
badogliani restano il Nemico, più dei tedeschi, anche se combatterono i
tedeschi, almeno tremila i morti tra i soli carabinieri, più d’ogni altro
gruppo partigiano. Dal ‘71 Sogno, dalla Birmania dov’è confinato ambasciatore,
organizza Comitati di resistenza, che a Ferragosto dovevano prendere il
Quirinale.
“C’è
in scena materia per tutto, benché non tutta nuova. Sindona non manca, per il
diletto del Dottore, con un progetto di golpe esposto all’ambasciatore
americano Volpe, nomen omen. E ci sono “gli eredi del golpe
Borghese”, dice all’Espresso il
generale Maletti: anch’essi progettano un colpo di stato. Bande dunque di
odontotecnici, commercialisti, pensionati e guardie forestali. L’elenco di
Maletti è soprattutto interessante per i tanti generali in servizio, sia delle
forze armate che dei carabinieri, suoi superiori in carriera, che partecipano
ai golpe. Chi sono Maletti non lo dice, per rispetto, dice, delle gerarchie, li
lascia indovinare. C’è anche il generale Miceli, il suo capo, l’uomo
dell’onorevole Moro?
………………………
“Dice
Andreotti nell’intervista che Parigi è il centro della sovversione. Pompidou è
dunque sovversivo, e Giscard d’Estaing. Ma Vanni lo sarà stato, che non credeva
a un complotto, ma al complotto:
“-
Bisogna tornare a credere al diavolo, l’uomo non è aria. Dentro il complotto, avendo
guida appropriata al male, si può riconoscere questa o quella trama. Crederesti
tu che il tuo migliore amico, io stesso qui, possa complottare? Ma bisogna
essere malvagi, non meno degli altri.
“-
Potrebbe essere lo Stato un complottardo?
“-
No, solo l’uomo. Perché l’uomo, avendo un intelletto separabile e l’immaginazione
tanto originale da creare ciò che non sa sperimentare, può pensare una cosa ed
essere un’altra. Un uomo e non una donna. Questa è una citazione. Ci vuole
dissimulazione. Le donne simulano meglio degli uomini. Ma solo le mogli degli
scrittori che, Kierkegaard l’ha scoperto, sono gelose della scrittura. Lo Stato
può essere un guardaspalle.
………………………………
“È il Novecento. Il secolo del processo, incessante, indistinto:
Kafka. Della demoralizzazione dell’Occidente: Spengler. Se per Occidente s’intende
l’Europa. E del complotto. Per la scoperta della guerra permanente, calda e
fredda, o della libertà. Le due cose, legate, hanno effetto suicida. “La menzogna
nuoce sempre agli altri, anche se non reca pregiudizio a qualcuno nuoce
all’umanità”, è il famoso assioma di Kant nel corollario Contro Hobbes al quesito Sul luogo comune: può essere giusto in teoria,
ma in pratica non vale. Sì, ma quando Constant gli obietta: “Un filosofo
tedesco arriva a pretendere che verso degli assassini che vi domandassero se il
vostro amico che essi inseguono non si è rifugiato in casa vostra, la bugia
sarebbe un crimine”, Kant è perplesso: “Riconosco di aver effettivamente detto
questo, ma non ricordo dove”. E quando Constant insiste: “Nessun uomo ha
diritto alla verità che nuoccia ad altri”, se la cava col dovere di “essere
veridico (onesto) in tutte le proprie dichiarazioni”. Dalla verità alla
veridicità. E all’onestà? Con quei nomi di battaglia che sempre suonano falsi.
Severo sapeva che il colonnello Rocca dei servizi segreti, quello che gestiva la
cassa per portare la Dc al governo coi socialisti, ma morì “suicida” alla prima
estate del ‘68, si presentava non col suo vero nome, ma come Alberto Revelli,
Pino Renzi, Roberto Riberi, Carlo Bernini – che però esiste, è politico potente
del Veneto amico di Dario.
………………………………..
La
storia dell’abate Barruel distingue nel complotto giacobino le logge segrete ma
accessibili dalle retrologge ultrasegrete e inaccessibili. Sarà questa una
retrologia accessibile.
………………………
“Il primo complotto è gesuita, lo inventò nel 1612 un novizio
polacco espulso dall’ordine, i massoni l’hanno solo copiato. E i gesuiti come
gli ebrei sfuggono, che l’editore dei Monita
privata polacchi, o Monita segreta,
fanno disperare, il mangiapreti mangiadei Lourilot: “I gesuiti si fiutano ovunque,
non si trovano in nessun posto”, e dunque “come colpirli, sono imprendibili,
come difendersi?” Si trovavano pure in Russia, dove non c’erano. Gli
zii litigiosi di Gor’kij il nonno li ingiuria in Infanzia dicendo alla nonna: “Il tuo Miška è un gesuita, Joška un
framassone”.”
(continua)
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