Il complotto, eccolo qua
La sociologia politica ascrive il
complottismo a una forma mentis americana. Della politica americana
come la esprimono i media, o opinione pubblica. Radicata nella storia del paese,
che si vuole (si ritiene) di continue battaglie di liberazione - coma tale è stato impostato mezzo secolo fa in America da Richard Hofstadter, nel classico sullo stile paranoide della politica nazionale. Ma l’Italia ha
una storia ormai lunga di complotti, ricordava zeulig ieri su questo sito, a
partire dall’Autunno Caldo del 1969, quindi da oltre mezzo secolo, dalla
cosiddetta “strategia della tensione”. Facendo l’ipotesi che siano una
strategia politica, di manovra e comunicazione. Con numerose, non fantasiose,
applicazioni, si direbbe leggendo Astolfo, “La morte è giovane”, romanzo in via
di pubblicazione – un racconto in forma di memoriale, di difesa e testimonianza
(l’Ente di cui si parla è un grande gruppo presso il quale il narratore lavora,
Angela, Pietro, Omar sono nomi d’invenzione - il “riscatto Mancia” sta
probabilmente per Gancia, l’industriale rapito). Questi alcuni estratti – riferiti
al 1974, anno in cui di complotti parlò perfino il cauto Andreotti.
“I
Precijsen olandesi non attaccarono Spinoza, lo attaccarono i Latitudinari,
tutte le specie di liberali: cartesiani, sociniani, collegianti, labadisti. E Spinoza
si assomigliava a Masaniello - lui che parlava solo con se stesso, essendo
portoghese in Olanda, scrivendo in latino e leggendo in italiano, spagnolo,
molto Quevedo, e francese. I ruoli vengono attribuiti ma sono anche assunti.
Angela è accusata di aver portato il riscatto Mancia ai palestinesi, l’ex
tennista rifatta skipper a Mombasa. O
di averlo speso per loro al mercato libero di Zanzibar. Omar sarebbe stato il
contatto.
“Quella donna, o cos’è, è il genere Henri de Montfreid, che si romanzava
la vita, eccetto che lui era per Mussolini e Pétain. Anche lei si potrebbe fare
musulmana, baiadera al suk: nella
posizione che privilegia accosciata sulla sinistra, che viene bene a Baldung
Grien negli schizzi all’Albertina, la parte destra della groppa ad arco retto col
ginocchio, non si resta a lei inerti, benché inattingibile – ma chissà, è spia
chi ama farsi fare. È Omar il contatto o l’informatore? C’è una fonte
confidenziale, e Omar, lo spicciafaccende dell’Ente a Nairobi, potrebbe essere
entrambi: è il tipo indifferente, al bene e al male. O la fonte è anonima, è un
classico, una lettera che il Procuratore si scrive, si cerca quello che si
vuole trovare. Negli Usa è la regola: si prende una vacca che giura a pagamento
di essere stata stuprata, e per il personaggio da incastrare è finita, dato che
l’America è morale, non si può dire di una puttana che è puttana.
.................................
“L’onorevole Andreotti, chiusa la crisi di
governo aperta per portarlo alla Difesa, pronto rientra in gioco. Al segretario
di Togliatti spiega che il terrorismo è a destra, sotterrando il suo governicchio.
E tanti golpe cita, genera, resuscita, lui che la destra e i servizi conosce
meglio di tutti:
“- Ha Miceli e Moro nel mirino – Pietro decide
sommario. Il generale Miceli fu il mio comandante ala Centauro, a Vercelli: era
lui a ordinare gli allarmi OP? Ora è capo dei servizi segreti, per conto di Moro.
Andreotti ha insomma nel mirino Moro.
“Pietro
ha telefonato, telefona spesso dalla latitanza, da luoghi incerti, ma senza problemi. C’è da temere l’ira dell’onorevole
Andreotti, se fu il generale Miceli nel 1971 a bloccare a Trieste le armi e i
mercenari del golpe contro Gheddafi, il golpe del Principe Nero, tanti benefici
apportando all’Italia e all’Ente in Libia. Si scavano trincee e si ammassano
sacchi. Anche se il Presidente, ingegnere, moderato costituzionale, è per Andreotti,
e questo dovrebbe agire da parafulmine.
“Per la forma la crisi è stata aperta dai
socialisti, avendo il ministro Giolitti dichiarato che i vincoli di un prestito
del Fondo Monetario Internazionale non erano applicabili all’Italia, e che anzi
l’inflazione si vince allargando la spesa. Poteva essere la rivoluzione, la
Nuova Era oltre che un Nuovo Modello di Sviluppo, il moto perpetuo
dell’economia. Ma Andreotti lesto s’è infilato e la crisi si è chiusa. Fanfani,
che ha tentato di mettersi di traverso quale capofila della destra, è stato
zittito con puntuale rievocazione del caso Montesi, nel quale non fece buona
figura. Il senatore, fra i tanti utensili con cui ha modellato la Repubblica
pezzo per pezzo, ha introdotto con quel primo scandalo, della ragazza annegata
in poca acqua a Torvajanica, anche l’inquinamento da dossier, le voci malevoli. I socialisti, che si sono ridivisi,
vorrebbero ancora dividersi. È il frazionismo, malattia morale del socialismo,
per albagia intellettuale, antipolitica, antidemocratica. Valpreda si continua
a processare a Catanzaro. Pur sapendo che le bombe le mettono i fascisti.
Soltanto si unificano i processi, Valpreda insieme coi fascisti. Dei golpe denunciati
in serie sarebbe stratega un generale, da Pietro ascritto all’onorevole
Andreotti:
“-
Maletti. Fa la guardia a Miceli, è il suo vice. – Andreotti è diffidente, ma se
ne serve perché gli alza comode palle, come dare a Miceli la colpa di Borghese
e Gheddafi. Nella guerra fra Andreotti e Moro, Ma-letti sapiente introduce i
cani sciolti, Pacciardi, Sogno, Fumagalli, bersagli convenienti a entrambi. E a
Berlinguer. L’onorevole farebbe meglio a dire che Maletti ha dato il passaporto,
con comodo vitalizio, a Giannettini,
l’agente Zeta, l’autore di Tecniche di
guerra rivoluzionaria, già spia dell’Oas, che sa tutto delle bombe perché
non lo dica. Cioè lo dice, dice che farlo fuggire è stato un errore, ma non
dice perché, né punisce alcuno, artista qual è del falso scopo, mirare a un
punto e colpirne un altro. Sogno e Pacciardi si sono fatti la guerra in Spagna,
ma erano insieme nella Resistenza. Colpire
è facile, bastano
un sostituto Procuratore della Repubblica e un paio di giornalisti. Si torni,
anche qui, al ’68, a un momento prima: che Dc sarebbe stata senza Moro e
Andreotti. Che Italia?
“L’onorevole Andreotti non è solo, la vigilanza
è massima. Su L’Espresso e Panorama i golpe si rincorrono. Prima a settimane alterne, ora in
contemporanea. L’ingegner Francia vuole avvelenare l’acqua. Delle Chiaie
rapire ventitré notabili. Il principe Borghese prendere Roma coi forestali di
Gualdo Tadino – un’altra volta? Gheddafi bombardare gli aeroporti. La
massoneria voleva rapire il presidente Saragat. Un golpe preparano i militari.
Un altro i capi della Resistenza Sogno e Pacciardi. E un Fumagalli Carlo,
eponimo lombardo. Carlo Cassola invece organizza un gruppo anticomplotto – lui
è pacifista e complotta contro le Forze Armate.
“I golpe
contati tra gennaio e Pasqua sono venti o ventuno. Candelotti di dinamite si
scoprono in tempo in posti impervi delle ferrovie, in galleria, sotto i ponti, altri
deflagrano talvolta senza vittime. Borghese è il Principe Nero, personaggio di
Conan Doyle venuto utile in Libia prima che in Italia, nonché figlio di Edoardo
III, il re d’Inghilterra che si disse re di Francia, e per lui scatenò la
guerra dei Cent’Anni, vincendo a Poitiers. I reduci del Principe si sono persi
per strada. Il commando che doveva
rapire il capo della polizia Vicari ha prima sbagliato numero civico, poi è
rimasto bloccato in ascensore tutta la notte, avendolo sovraccaricato. Ma non
si può ridere del complotto, i bolscevichi presero il Palazzo di Inverno
entrando alla spicciolata da una porta secondaria rimasta aperta”.
(continua)
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