Milano si appella all'Ocse, contro la corruzione
Fallito
un processo sbagliato, il giudice di Milano De Pasquale, totem cittadino perché
dovrebbe occuparsi della corruzione in affari, mobilita quindici colleghi
europei che chiedono all’Ocse “regole più dure”. Contro la corruzione? Ma la
corruzione è d’obbligo fuori dell’Ocse, l’organizzazione dei paesi industriali
– in Africa, in America Latina, in Asia. De Pasquale è debole in geografia? Dentro è diffusa, ma non è obbligata.
De
Pasquale, giudice anticorruzione, resterà negli annali per essersi fatto
abbindolare da un avvocato Amara, notorio mediatore di affari - dopo avere
inguaiato l’Eni ci ha provato con l’Ilva. Ci sono i pentiti anche in affari? Ma
non è da escludere che, essendo De Pasquale e Amara entrambi siciliani, non
facciano i “tragediaturi” del Camillerindex, gli attori in commedia –la loggia
segreta “Ungheria” è un discreto colpo di teatro dei due (certo, non sono Proietti
o Gassman).
De
Pasquale era diventato famoso trent’anni
fa per non aver voluto firmare la promessa di arresti domiciliari all’allora
presidente dell’Eni Cagliari, rinchiuso da quattro mesi e mezzo a San Vittore.
Preferendo andarsene in vacanza – era suo diritto, certo. Per una lunga estate
nella quale Cagliari trovò il tempo e il modo di suicidarsi, benché ben
guardato nel “canile di san Vittore”.
Non
è mai venuto a De Pasquale il dubbio che gli si faccia trovare davanti il
gruppo energetico pubblico – dove si maneggiano miliardi senza tracce di
corruzione, non personale (la “mediazione d’affari” è taglia inevitabile
nell’ex Terzo mondo) - per assorbirne le energie mentre la corruzione dei
“privati” impazza? Non c’è altra corruzione a Milano se non c’è di mezzo l’Eni?
A Milano? Il giudice non si fa mai una passeggiata?
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