lunedì 8 novembre 2021

Milano si appella all'Ocse, contro la corruzione

Fallito un processo sbagliato, il giudice di Milano De Pasquale, totem cittadino perché dovrebbe occuparsi della corruzione in affari, mobilita quindici colleghi europei che chiedono all’Ocse “regole più dure”. Contro la corruzione? Ma la corruzione è d’obbligo fuori dell’Ocse, l’organizzazione dei paesi industriali – in Africa, in America Latina, in Asia. De Pasquale è debole in geografia? Dentro è diffusa, ma non è obbligata.
De Pasquale, giudice anticorruzione, resterà negli annali per essersi fatto abbindolare da un avvocato Amara, notorio mediatore di affari - dopo avere inguaiato l’Eni ci ha provato con l’Ilva. Ci sono i pentiti anche in affari? Ma non è da escludere che, essendo De Pasquale e Amara entrambi siciliani, non facciano i “tragediaturi” del Camillerindex, gli attori in commedia –la loggia segreta “Ungheria” è un discreto colpo di teatro dei due (certo, non sono Proietti o Gassman).
De Pasquale era diventato famoso trent’anni fa per non aver voluto firmare la promessa di arresti domiciliari all’allora presidente dell’Eni Cagliari, rinchiuso da quattro mesi e mezzo a San Vittore. Preferendo andarsene in vacanza – era suo diritto, certo. Per una lunga estate nella quale Cagliari trovò il tempo e il modo di suicidarsi, benché ben guardato nel “canile di san Vittore”.
Non è mai venuto a De Pasquale il dubbio che gli si faccia trovare davanti il gruppo energetico pubblico – dove si maneggiano miliardi senza tracce di corruzione, non personale (la “mediazione d’affari” è taglia inevitabile nell’ex Terzo mondo) - per assorbirne le energie mentre la corruzione dei “privati” impazza? Non c’è altra corruzione a Milano se non c’è di mezzo l’Eni? A Milano? Il giudice non si fa mai una passeggiata?

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