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Non ci resta che l’ologramma
Un
film comico, amaro – la commedia all’italiana portata al limite. L’unico lavoro
possibile per un manager quarantenne licenziato è il rider, il fattorino delle consegne in bicicletta, con la
gerla a cubo sulle spalle anche se porta una semplice pizza. E l’unico contatto
umano disponibile è un ologramma: parlante, e di buoni sentimenti, ma un’ombra.
Un
titolo infelice per un racconto tanto semplice quanto potente. Giocato con
troppa insistenza sull’algoritmo –“la colpa è dell’algoritmo”, la combinazione
segreta che ci governa, che sembra in linea con i complotti no vax – ma girato
con sapienza, tra un magazzino-periferia talmente assurdo da sembrare irreale,
e interni senza luce e senza colori, senza contrasti, bianco-grigi, scenografie
da normalità allucinate. Un po’ anche, il giusto, scorretto, per l’effetto
comico: c’è l’arabo, c’è l’africano a capo dei 10 km. di fatica in bici del
manager licenziato per ricevere sodisfatto la pizza o il panino.
Un
film corale, articolato con sapienza con poche facce, De Luigi, Pastorelli, lo
stesso Pif e Maurizio Marchetti. Un film che è il ritratto di un’epoca,
allucinata e vuota – e meno insistito farebbe anche epoca.
Pif,
E noi come stronzi rimanemmo a guardare,
Sky Cinema
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