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Senza religione senza legge
“Tra
l’1 novembre 1931 e il 28 aprile 1936, quattrocentottanta chiese cattoliche,
scuole, orfanotrofi, ospedali, furono chiusi dal governo o destinati ad altro
uso”, nella sola Città del Messico. Le stesse leggi furono applicate in tutto
il Messico. Gli officianti religiosi, e anche i praticanti, furono vessati come
traditori, e giustiziati a vista, dopo maltrattamenti e torture.
È
l’effetto laicizzazione, forzata. È l’effetto Stato. Lungamente e a più riprese
Greene inveisce contro: “Lo Stato… sempre lo Stato!” E “quanti idealismi”
non ha consumato, “si pensi ai Fabiani e
a Mr. Shaw nel suo abito di Jaeger” - firmato. Molto Greene esercita l’ironia.
Ma in un quadro di indignazione: “Forse l’unico organismo che nel mondo odierno
efficacemente - a volte con successo –
avversi lo Stato totalitario, è la Chiesa cattolica. In Germania motociclisti
distribuiscono l’enciclica papale (la “Mit brennender Sorge” di Pio XI, con
bruciante preoccupazione, e del cardinale Pacelli segretario di Stato, n.d.r.)
segretamente di notte; in Italia l’Osservatore
Romano ha stampato ciò che nessun giornale italiano osava stampare:
proteste contro il bombardamento di Guernica,
gli attacchi contro città aperte”. Nel Messico la ragione di Stato ha
fatto il peggio possibile nella storia, dopo l’Inghilterra della regina
Elisabetta – il regime elisabettiano ritorna più volte come termine di paragone
del potere assoluto ipocrita.
Tutto
questo vissuto nel 1938: al tempo della guerra di Spagna, che mobilita gli
scrittori, Graham Greene va in Messico – mentre a Londra si discute un processo
per diffamazione intentatogli da Shirley Temple. E scritto nel 1939, mentre a
Londra si fanno le esercitazioni per i bombardamenti aerei. Per denunciare le persecuzioni religiose - “La
lotta religiosa nel Messico 1938” è il sottotitolo di questo viaggio,
organizzato con l’editore Longman come controcanto alla questione spagnola, e
scritto in forma di corrispondenze. Greene, cattolico in questo momento devoto,
gira per tutto il Messico – fino al Chiapas, malgrado gli enormi problemi fisici di
avvicinamento, che lo portano alla depressione, il più radicalmente laico delle
province, dove i peggiori crimini antireligiosi si sono perpetrati. E
dappertutto trova facili pistoleros, sotto il grande cappello a cono, donne da
poco, corruzione, sporcizia, e capataz politici grassi e viziosi. Qualcuno di essi s’ingegna
di andare a trovare e intervistare, ma di malavoglia, tanto è sicuro che verrà ucciso presto dagli
avversari. Con contorno di turisti americani senza qualità. Unica consolazione
San Cristobal de las Casas, a 2.000 metri, nella Sierra Madre, al cuore del
Chiapas, dove si celebra infine messa, in stanze private, per la Settimana Santa.
La
Spagna incontra al ritorno. Il piroscafo è pieno di giovani, e gioani famiglie
con bambini, in “camicie azzurre con i fasci della Falange ricamati sulla tasca”.
Quando scrive, a Londra sotto la minaccia dei bombardamenti, non prende
partito: “Erano molto rumorosi e spensierati, senza bravate; si sentiva che
andare in guerra era una delle funzioni naturali dell’uomo”. E aggiunge: “Vi
era anche qualcosa di piacevolmente dilettantesco nel loro fascismo”.
Bizzarro
reportage, singolare, unico. Lo scrittore sapeva a cosa andava incontro, ma
non nelle forme dello squallore e dell’odio che quotidianamente lo sopraffanno:
“Non sono mai stato in un paese”, e il lettore sa che ha viaggiato molto, anche
nell’Africa che allora si poteva dire primitiva, “dove tutto il tempo fossi
così consapevole dell’odio” – “la sensazione di una bontà umana” è “ciò che di
rado si trova nel Messico”. Al punto che infine, di scorcio, se lo rimprovererà:
a Londra sporca e distratta, malgrado la guerra incombente, si trova a
chiedersi “perché mai avessi preso in tanta antipatia il Messico: era pur
patria lì”.
La
stranezza dell’opera è accentuata dalla traduzione d’autore, di Piero Jahier.
Strano oggi anche il soggetto, il Messico: fino alla guerra, perdurando la coda
“repubblicana”, cioè massonica, del secondo Ottocento, era uno dei grandi Stati della terra.
Graham
Greene, Le vie senza legge
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