Giuseppe Leuzzi
“La quasi totalità
dei corsi di genere si concentra nel Nord Italia (il 74 per cento del totale), mentre
solo sporadicamente essi sono attivati nelle università del Centro (10 per cento)
e del Sud Italia (14 per cento)”, Andrea Martini, “Femministe e non soltanto studentesse”
(in “L’università delle donne”).
“Lo scontro con
la realtà avvenne a Milano”, spiega a Candida Morvillo sul “Corriere della sera”
Beatrice Venezi, la giovane (31 anni) e già affermata direttore d’orchestra, a
proposito dei suoi studi, provenendo da Lucca dov’è nata. “Ho tentato due volte
l’esame di ammissione per il corso di direzione d’orchestra. La prima volta al
mio posto venne preso un collega che era allievo di un allievo di un docente
del Conservatorio”. Sarà stato un docente meridionale?
“Ma non solo”,
continua Venezi: “La possibilità che una donna salisse sul podio era vista come
bizzarra”. A Milano. A Napoli Venezi sarebbe stata ammessa con giubilo - anche a
Palermo.
“Il Nord tra 50 anni si spopola, ma il Sud
di più: si desertifica”: è la previsione dell’Istat in base ai flussi
demografici e immigratori al 2070, che “La Lettura” propone domenica. La popolazione
diminuisce al Nord dell’11,9 per cento, al Centro del 20,2, al Sud di ben il 32,8
per cento, un terzo. Si risolve così, per svuotamento, la questione
meridionale?
La
scoperta del caporalato - al Nord
“Ora il caporalato
dilaga anche al Nord”. Non ora, c’è sempre stato, ad Arzignano, a Pescantina,
anche in Val di Non, ma poi ovunque in agricoltura e nelle lavorazioni
velenose, e nell’edilizia economica, dovunque c’è bisogno di molta manodopera,
a pochi euro.
“Ora”, dice “la
Repubblica” ci sono i controlli - disposti probabilmente per una faida
politica, tra la ministra dell’Interno Lamorgese e il suo predecessore Salvini,
dato che l’esito dei controlli viene ridotto ai presunti abusi della moglie di
un prefetto nominato da quest’ultimo al dipartimento per l’Immigrazione.
Al netto delle
perfidie ministeriali, il fatto è questo, ora e anche prima: le 2.139 ispezioni
del biennio 2020-2021, poche, pochssime, hanno rilevato irregolarità nel 68 per
cento dei casi al Sud, Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania, Puglia, e del
78 per cento al Centro-Nord, Abruzzo, Lazio, Umbria, Toscana, Marche, Emilia-Romagna,
Veneto, Lombardia, Piemonte. Non è questa la sola differenza: la differenza maggiore
è che le ispezioni, secondo gli stessi conti di Marco Patucchi, che per il
quotidiano ha fatto l’inchiesta, sono state 1.512 al Sud, un terzo della popolazione,
e solo 986 al Centro-Nord, negli altri due terzi.
Ed ecco la turista, trentasei anni per
femore
In vacanza a Diamante nel luglio del 1971,
Giani Rodari così ne scriveva a Daniele Ponchiroli, suo amico e referente alla casa
editrice Einaudi: “Mi trovo, come tu sai, nelle Calabria, in incognito. Uso qui
il mio nome di riserva, quello di Conte di Santu Lussurgiu. Ti risparmio le
deformazioni tirrenico-cosentine di questo illustre casato. In paese sono chiamato
U Santu, O’ surdo, O’ Surcio, O’ Connell – chi sa per quale miracolo metafonetico
– Beniamino”, recependo gli slittamenti tra i suoni chiusi del dialetto
cosentino. “Il brigadiere dei carabinieri”, continua Rodari, “quando allude a
me (con la nota discrezione della Benemerita), si serve dell’epiteto: O’ Dottore
L’Ussurioso (sic! Compreso l’apostrofo, che nella sua pronuncia di Calascibetta
è calariconoscibilissimo)”. L’inventore di tante filastrocche e storie buffe per
bambini ha mediato subito l’obbligo locale, sociale, dello scherzo bonario, la
“zannella”.
“Ti lascio immaginare quanto ciò sia per
giovare al turismo”, continua Rodari nella lettera a Ponchiroli, dopo essersi
descritto come la rara avis turistica: “Tedeschi in vista nessuno.
Tedesche, una sola. Trentasei anni per femore. Per giunta, degustatrice di tramonti”.
Lo scrittore le recita due quartine alla Heine, sui tramonti, la turista cade
stecchita, la Guardia di Finanza per evitare lo scandalo “la fa passare per una
stecca di sigarette di contrabbando dimenticata dai pescatori di Belvedere
Marittimo. È stata rivenduta con discreto utile per l’erario”. Il miraggio del
turista era anche un altro topos molto calabrese, la Regione avendo investito
a vuoto in tre quattro grandi campagne per la promozione dei suoi tesori
naturali - i pochi che non ha deturpato con l’abusivismo di necessità.
Rodari è contento della vacanza: “Qui sono
buoni i gelati, i gamberi, i calamari, i cedri, i fusilli, le ricotte”. Ma “i
materassi no: usano certi materassi a molle che ti svegliano ogni quarto d’ora
con colpi al bersaglio grosso, è come dormire sui fichidindia”. E “alle 23 il
Comune toglie l’acqua. La ridà alle 4 del mattino: allora essa si precipita
nella cassetta del water con dieci o dodici atmosfere di troppo. In un attimo
siamo tutti in aperta campagna, avviluppati in coperte di pura lana vergine:
l’imitazione del terremoto è spaventosamente perfetta”. Tutto vero, sembra una
cronaca di oggi. Eccetto che l’acqua non viene tolta alle 23 ma alle 19, anche alle 18.
Calabria
Scrivendo a Giulio Bollati il 22 novembre 1962, allora direttore di Einaudi, Gianni Rodari menziona “una bella cosa che mi sta
tanto a cuore. Si tratta, no so se ti ricordi, dei giochi di due bambini in
Sila; intorno a quei giochi si stanno agitando tanti fantasmi emozionanti, e
c’è perfino un titolo, «Il cane di Magonza» (che è figliolo illegittimo e per
errore di Gano di Maganza)”. Il libro nascerà postumo, e non non sarà una
narrazione specifica, ma una raccolta, sotto questo titolo, di prose di varia natura,
racconti, favole, saggi, brevi, dispersi tra varie fonti. La Calabria non c’entra,
ma ha dato al piemontesissimo Rodari un’ispirazione, pur in un soggiorno breve
e occasionale.
A metà di un
sentiero Ionio-Tirreno tra il Golfo di Squillace e quello di Lamezia, un
cammino di 55 km., “Kalabria Coast to Coast” (??), il secondo giorno, alla
seconda tappa, Antonio Polito attraversa col suo gruppo una dozzina di
chilometri della faggeta di Monte Coppari, “un’esperienza unica, che consiglio a
chi volesse immergersi in un’atmosfera magica da Excalibur”. Se non che
“sul tronco di moltidi questi meravigliosi faggi” trova impresso “un marchio
con un numero”: è un progressivo, fino a 250, dei faggi che saranno abbattuti per
fare posto a un “parco eolico”. Cioè a pale giganti, che fanno molto rumore e
poca elettricità – una rendita per avventurati investitori che paghiamo in bolletta
come “oneri di sistema”. Una distruzione doppia.
Usava la
ferrovia Paola-Cosenza (quando per Cosenza non era stata disposta la più grande
diversione autostradale, sulla Salerno-Reggio Calabria, l’unica autostrada non
rettilinea), di cui Malvaldi, “Bolle di sapone”, fa un piccolo capolavoro: “Era
a cremagliera. Come quella di Saline di Volterra. Ma una delle linee più torte
del creato. La fecero prima della Grande Guerra. Era una ferrovia complementare,
cioè la fecero coll’avanzi, e in più i terreni erano tutti franosi. Ci voleva un’ora
e mezza per fa’ trenta chilometri scarsi”. Poi si dice la questione
meridionale.
A Sinopoli si è presentata per il Comune, dopo l’ennesimo scioglimento del consiglio
per mafia, una sola lista. Con un solo motivo di campagna elettorale: che non andasse
a votare il 40 per cento prescritto in questi casi degli iscritti alle liste
elettorali, pena la cassazione del voto. Rischio non connesso all’unica candidata,
l’avvocato Francesca Sergi, ma al fatto che degli iscritti il quaranta per cento
sono residenti all’estero – quelli iscritti all’Aire (Anagrafe Italiana
Residenti all’Estero), con chissà quanti non iscritti.
Di fatto, nella
Sinopoli di oggi si parla di non molti aventi diritto al voto, 1.468 residenti,
con un quorum dunque a 588 votanti. Che la candidata unica ha superato, ma non
abbondantemente. Sinopoli, già sede di Pretura, con avvocati e villette di avvocati, con la palma, ora borgo degradato, è da oltre mezzo secolo dominata dal clan degli Alvaro. Che governano,
con la violenza e con la furbizia, su mezzo versante tirrenico dell’Aspromonte,
fino a lambire i territori limitrofi di Seminara, Cosoleto, Delianuova, Santa
Cristina, Oppido Mamertina. Indisturbati evidentemente.
Francesco
Misiano, di Ardore, vulcanico socialista rivoluzionario di tutte le battaglie
nel primo Novecento, rifugiato infine in
Unione Sovietica, è celebrato dal paese di origine con un premio alla carriera
cinematografica, per l’attività di produttore e distributore cinematografico
(160 lungometraggi e 240 documentari prodotti, istitutore in Germania di
Eijzenštein) che svolse a Mosca - dove peraltro “cadde in disgrazia” nelle
“purghe” del 1936, anche se morì prima
del processo, di malattia. Il cinema unisce, la politica è un passato
che non passa?
La “figura del calabrese”
è tracagnotto, riccioluto, robusti, mentre la regione ha molte squadre nei campionati
di basket nazionali, di seria A e B, e di pallavolo, maschili e femminili.
L’attuale provincia
di Reggio, più o meno, con appendici tra Vibo e Catanzaro, la vecchia Calabria
Ulteriore, sotto l’istmo Lamezia-Catanzaro, è stata di rito e lingua greci fino
al Cinquecento. I riti erano già latini per lo più, dal tempo dei Normanni,
XIImo secolo, ma recitati in greco, che era la lingua popolare. Questa parte
della Calabria pullula di nomi legati al pope - “papa”: Papaleo, Papalia, Papasergio,
Papasidero, Papafava…
Molte parole di uso comune lo ricordano, e
soprattutto certe terminazioni, che però ora si rifiutano. Si diceva Africoti
per gli abitanti di Africo, che ora invece si chiamano africhesi, con un
dubbio, e insignificante, francesismo. Lo stesso per i Santolucoti, che ora si
fanno chiamare sanluchesi. Per i Natiloti etc.
Perfino le “bagnarote”
ora si leggono più spesso bagnaresi. Anche se la parola denominava un mestiere
(la commerciante ambulante, col cesto – la mercanzia – in testa) piuttosto che
la provenienza. Che era peraltro più spesso Solano o Pellegrina, più che
Bagnara.
C’è una grande
differenza tra le province, quanto a reddito, iniziativa, operosità
(applicazione), e gestione della cosa pubblica. Reggio Calabria è rimasta
indietro sotto tutti i profili rispetto a Cosenza, Catanzaro, le stesse Vibo e
Crotone, le nuove province. Nell’edizione 2020 di Eduscopio, il rapporto annuale
della Fondazione Agnelli sulla qualità delle scuole superiori (una ricerca
basata sull’indice Fga, che misura il rendimento dei licenziati negli studi
universitari o nel lavoro), dei quindici istituti superiori censiti in Calabria, per cinque
categorie (Classico, Scientifico, Linguistico, Tecnico-Economico e Tecnico-Tecnologico),
solo uno è di Reggio, il classico Campanella, terzo nella sua categoria.
leuzzi@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento