venerdì 17 dicembre 2021

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (477)

Giuseppe Leuzzi

“La quasi totalità dei corsi di genere si concentra nel Nord Italia (il 74 per cento del totale), mentre solo sporadicamente essi sono attivati nelle università del Centro (10 per cento) e del Sud Italia (14 per cento)”, Andrea Martini, “Femministe e non soltanto studentesse” (in “L’università delle donne”).
 
“Lo scontro con la realtà avvenne a Milano”, spiega a Candida Morvillo sul “Corriere della sera” Beatrice Venezi, la giovane (31 anni) e già affermata direttore d’orchestra, a proposito dei suoi studi, provenendo da Lucca dov’è nata. “Ho tentato due volte l’esame di ammissione per il corso di direzione d’orchestra. La prima volta al mio posto venne preso un collega che era allievo di un allievo di un docente del Conservatorio”. Sarà stato un docente meridionale?
“Ma non solo”, continua Venezi: “La possibilità che una donna salisse sul podio era vista come bizzarra”. A Milano. A Napoli Venezi sarebbe stata ammessa con giubilo - anche a Palermo.
 
“Il Nord tra 50 anni si spopola, ma il Sud di più: si desertifica”: è la previsione dell’Istat in base ai flussi demografici e immigratori al 2070, che “La Lettura” propone domenica. La popolazione diminuisce al Nord dell’11,9 per cento, al Centro del 20,2, al Sud di ben il 32,8 per cento, un terzo. Si risolve così, per svuotamento, la questione meridionale?
 
La scoperta del caporalato - al Nord
“Ora il caporalato dilaga anche al Nord”. Non ora, c’è sempre stato, ad Arzignano, a Pescantina, anche in Val di Non, ma poi ovunque in agricoltura e nelle lavorazioni velenose, e nell’edilizia economica, dovunque c’è bisogno di molta manodopera, a pochi euro.
“Ora”, dice “la Repubblica” ci sono i controlli - disposti probabilmente per una faida politica, tra la ministra dell’Interno Lamorgese e il suo predecessore Salvini, dato che l’esito dei controlli viene ridotto ai presunti abusi della moglie di un prefetto nominato da quest’ultimo al dipartimento per l’Immigrazione.
Al netto delle perfidie ministeriali, il fatto è questo, ora e anche prima: le 2.139 ispezioni del biennio 2020-2021, poche, pochssime, hanno rilevato irregolarità nel 68 per cento dei casi al Sud, Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania, Puglia, e del 78 per cento al Centro-Nord, Abruzzo, Lazio, Umbria, Toscana, Marche, Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte. Non è questa la sola differenza: la differenza maggiore è che le ispezioni, secondo gli stessi conti di Marco Patucchi, che per il quotidiano ha fatto l’inchiesta, sono state 1.512 al Sud, un terzo della popolazione, e solo 986 al Centro-Nord, negli altri due terzi. 
 
Ed ecco la turista, trentasei anni per femore
In vacanza a Diamante nel luglio del 1971, Giani Rodari così ne scriveva a Daniele Ponchiroli, suo amico e referente alla casa editrice Einaudi: “Mi trovo, come tu sai, nelle Calabria, in incognito. Uso qui il mio nome di riserva, quello di Conte di Santu Lussurgiu. Ti risparmio le deformazioni tirrenico-cosentine di questo illustre casato. In paese sono chiamato U Santu, O’ surdo, O’ Surcio, O’ Connell – chi sa per quale miracolo metafonetico – Beniamino”, recependo gli slittamenti tra i suoni chiusi del dialetto cosentino. “Il brigadiere dei carabinieri”, continua Rodari, “quando allude a me (con la nota discrezione della Benemerita), si serve dell’epiteto: O’ Dottore L’Ussurioso (sic! Compreso l’apostrofo, che nella sua pronuncia di Calascibetta è calariconoscibilissimo)”. L’inventore di tante filastrocche e storie buffe per bambini ha mediato subito l’obbligo locale, sociale, dello scherzo bonario, la “zannella”.
“Ti lascio immaginare quanto ciò sia per giovare al turismo”, continua Rodari nella lettera a Ponchiroli, dopo essersi descritto come la rara avis turistica: “Tedeschi in vista nessuno. Tedesche, una sola. Trentasei anni per femore. Per giunta, degustatrice di tramonti”. Lo scrittore le recita due quartine alla Heine, sui tramonti, la turista cade stecchita, la Guardia di Finanza per evitare lo scandalo “la fa passare per una stecca di sigarette di contrabbando dimenticata dai pescatori di Belvedere Marittimo. È stata rivenduta con discreto utile per l’erario”. Il miraggio del turista era anche un altro topos molto calabrese, la Regione avendo investito a vuoto in tre quattro grandi campagne per la promozione dei suoi tesori naturali - i pochi che non ha deturpato con l’abusivismo di necessità.
Rodari è contento della vacanza: “Qui sono buoni i gelati, i gamberi, i calamari, i cedri, i fusilli, le ricotte”. Ma “i materassi no: usano certi materassi a molle che ti svegliano ogni quarto d’ora con colpi al bersaglio grosso, è come dormire sui fichidindia”. E “alle 23 il Comune toglie l’acqua. La ridà alle 4 del mattino: allora essa si precipita nella cassetta del water con dieci o dodici atmosfere di troppo. In un attimo siamo tutti in aperta campagna, avviluppati in coperte di pura lana vergine: l’imitazione del terremoto è spaventosamente perfetta”. Tutto vero, sembra una cronaca di oggi. Eccetto che l’acqua non viene tolta alle 23 ma alle 19, anche alle 18. 

Calabria
Scrivendo a Giulio Bollati il 22 novembre 1962, allora direttore di Einaudi, Gianni Rodari menziona “una bella cosa che mi sta tanto a cuore. Si tratta, no so se ti ricordi, dei giochi di due bambini in Sila; intorno a quei giochi si stanno agitando tanti fantasmi emozionanti, e c’è perfino un titolo, «Il cane di Magonza» (che è figliolo illegittimo e per errore di Gano di Maganza)”. Il libro nascerà postumo, e non non sarà una narrazione specifica, ma una raccolta, sotto questo titolo, di prose di varia natura, racconti, favole, saggi, brevi, dispersi tra varie fonti. La Calabria non c’entra, ma ha dato al piemontesissimo Rodari un’ispirazione, pur in un soggiorno breve e occasionale.  
 
A metà di un sentiero Ionio-Tirreno tra il Golfo di Squillace e quello di Lamezia, un cammino di 55 km., “Kalabria Coast to Coast” (??), il secondo giorno, alla seconda tappa, Antonio Polito attraversa col suo gruppo una dozzina di chilometri della faggeta di Monte Coppari, “un’esperienza unica, che consiglio a chi volesse immergersi in un’atmosfera magica da Excalibur”. Se non che “sul tronco di moltidi questi meravigliosi faggi” trova impresso “un marchio con un numero”: è un progressivo, fino a 250, dei faggi che saranno abbattuti per fare posto a un “parco eolico”. Cioè a pale giganti, che fanno molto rumore e poca elettricità – una rendita per avventurati investitori che paghiamo in bolletta come “oneri di sistema”. Una distruzione doppia.
 
Usava la ferrovia Paola-Cosenza (quando per Cosenza non era stata disposta la più grande diversione autostradale, sulla Salerno-Reggio Calabria, l’unica autostrada non rettilinea), di cui Malvaldi, “Bolle di sapone”, fa un piccolo capolavoro: “Era a cremagliera. Come quella di Saline di Volterra. Ma una delle linee più torte del creato. La fecero prima della Grande Guerra. Era una ferrovia complementare, cioè la fecero coll’avanzi, e in più i terreni erano tutti franosi. Ci voleva un’ora e mezza per fa’ trenta chilometri scarsi”. Poi si dice la questione meridionale.
 
A Sinopoli si è presentata per il Comune, dopo l’ennesimo scioglimento del consiglio per mafia, una sola lista. Con un solo motivo di campagna elettorale: che non andasse a votare il 40 per cento prescritto in questi casi degli iscritti alle liste elettorali, pena la cassazione del voto. Rischio non connesso all’unica candidata, l’avvocato Francesca Sergi, ma al fatto che degli iscritti il quaranta per cento sono residenti all’estero – quelli iscritti all’Aire (Anagrafe Italiana Residenti all’Estero), con chissà quanti non iscritti.
 
Di fatto, nella Sinopoli di oggi si parla di non molti aventi diritto al voto, 1.468 residenti, con un quorum dunque a 588 votanti. Che la candidata unica ha superato, ma non abbondantemente. Sinopoli, già sede di Pretura, con avvocati e villette di avvocati, con la palma, ora borgo degradato, è da oltre mezzo secolo dominata dal clan degli Alvaro. Che governano, con la violenza e con la furbizia, su mezzo versante tirrenico dell’Aspromonte, fino a lambire i territori limitrofi di Seminara, Cosoleto, Delianuova, Santa Cristina, Oppido Mamertina. Indisturbati evidentemente.
 
Francesco Misiano, di Ardore, vulcanico socialista rivoluzionario di tutte le battaglie nel primo Novecento,  rifugiato infine in Unione Sovietica, è celebrato dal paese di origine con un premio alla carriera cinematografica, per l’attività di produttore e distributore cinematografico (160 lungometraggi e 240 documentari prodotti, istitutore in Germania di Eijzenštein) che svolse a Mosca - dove peraltro “cadde in disgrazia” nelle “purghe” del 1936, anche se morì prima  del processo, di malattia. Il cinema unisce, la politica è un passato che non passa? 
 
La “figura del calabrese” è tracagnotto, riccioluto, robusti, mentre la regione ha molte squadre nei campionati di basket nazionali, di seria A e B, e di pallavolo, maschili e femminili.
 
L’attuale provincia di Reggio, più o meno, con appendici tra Vibo e Catanzaro, la vecchia Calabria Ulteriore, sotto l’istmo Lamezia-Catanzaro, è stata di rito e lingua greci fino al Cinquecento. I riti erano già latini per lo più, dal tempo dei Normanni, XIImo secolo, ma recitati in greco, che era la lingua popolare. Questa parte della Calabria pullula di nomi legati al pope - “papa”: Papaleo, Papalia, Papasergio, Papasidero, Papafava…   
Molte parole di uso comune lo ricordano, e soprattutto certe terminazioni, che però ora si rifiutano. Si diceva Africoti per gli abitanti di Africo, che ora invece si chiamano africhesi, con un dubbio, e insignificante, francesismo. Lo stesso per i Santolucoti, che ora si fanno chiamare sanluchesi. Per i Natiloti etc.   
Perfino le “bagnarote” ora si leggono più spesso bagnaresi. Anche se la parola denominava un mestiere (la commerciante ambulante, col cesto – la mercanzia – in testa) piuttosto che la provenienza. Che era peraltro più spesso Solano o Pellegrina, più che Bagnara.
 
C’è una grande differenza tra le province, quanto a reddito, iniziativa, operosità (applicazione), e gestione della cosa pubblica. Reggio Calabria è rimasta indietro sotto tutti i profili rispetto a Cosenza, Catanzaro, le stesse Vibo e Crotone, le nuove province. Nell’edizione 2020 di Eduscopio, il rapporto annuale della Fondazione Agnelli sulla qualità delle scuole superiori (una ricerca basata sull’indice Fga, che misura il rendimento dei licenziati negli studi universitari o nel lavoro), dei quindici istituti superiori censiti in Calabria, per cinque categorie (Classico, Scientifico, Linguistico, Tecnico-Economico e Tecnico-Tecnologico), solo uno è di Reggio, il classico Campanella, terzo nella sua categoria.

leuzzi@antiit.eu

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