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Cronache dell’altro mondo inflazionistuiche (154)
L’inflazione
a quasi il 7 per cento è l’effetto di una dilatazione dei consumi, della
domanda, negli ultimi due anni, del ristagno dell’economia a causa del covid.
Una domanda cui l’offerta non riesce a tenere dietro, sia di prodotti agricoli
che di manufatti e di servizi, vincolata dapprima dalle chiusure forzate, e ora
anche, oltre che dai lockdown, da problemi di approvvigionamento (porti
intasati, scarsità e rincaro delle materie prime, a partire dal petrolio).
È uno
dei misteri degli Stati Uniti: il mercato del lavoro è in deficit, molte
offerte restano inevase per mancanza di domanda. La riduzione della forza lavoro
si penserebbe comporti una riduzione dei redditi distribuiti, e quindi delle
disponibilità complessive di massa.
L’ultimo
tasso d’inflazione rilevato, il 6,8 per cento, il più alto dal 1982, il
secondo anno della presidenza Reagan, evoca il fantasma dell’inflazione
incontrollata degli anni 1970, dopo la crisi del dollaro del 1970 e le crisi
del petrolio del 1973-4 e del 1978. Anche per effetto ora della spesa pubblica,
che la presidenza Biden vuole ingente, per rinnovare le infrastrutture fisiche
del Paese, trasporti e mobilità, energia, comunicazioni.
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