sabato 11 dicembre 2021

Cronache dell’altro mondo inflazionistuiche (154)

L’inflazione a quasi il 7 per cento è l’effetto di una dilatazione dei consumi, della domanda, negli ultimi due anni, del ristagno dell’economia a causa del covid. Una domanda cui l’offerta non riesce a tenere dietro, sia di prodotti agricoli che di manufatti e di servizi, vincolata dapprima dalle chiusure forzate, e ora anche, oltre che dai lockdown, da problemi di approvvigionamento (porti intasati, scarsità e rincaro delle materie prime, a partire dal petrolio).
È uno dei misteri degli Stati Uniti: il mercato del lavoro è in deficit, molte offerte restano inevase per mancanza di domanda. La riduzione della forza lavoro si penserebbe comporti una riduzione dei redditi distribuiti, e quindi delle disponibilità complessive di massa.
L’ultimo tasso d’inflazione rilevato, il 6,8 per cento, il più alto dal 1982, il secondo anno della presidenza Reagan, evoca il fantasma dell’inflazione incontrollata degli anni 1970, dopo la crisi del dollaro del 1970 e le crisi del petrolio del 1973-4 e del 1978. Anche per effetto ora della spesa pubblica, che la presidenza Biden vuole ingente, per rinnovare le infrastrutture fisiche del Paese, trasporti e mobilità, energia, comunicazioni.

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