Eduardo tascabile
Carlo
Cecchi, che molto ha lavorato con Eduardo, ci riprova, a sdoganare l’opera
dall’autore-attore. Le pause, i silenzi, gli sguardi dell’attore Eduardo sono
inimitabili, ma i suoi testi mantengono una loro pregnanza.
La
farsa del mago illusionista Zik Zik, un pasticcione. Cecchi l’ha già
sperimentata, e la ripropone all’Argentina nella forma ormai sua classica, dal
2007, con Angelica Ippolito, con le scene e i costumi di Titina Maselli. Un
testo giocato sulla parlata, napoletana, più che sullo svolgimento, che è un
pretesto.
“Dolore
sotto chiave” è uno scherzo macabro, in due tempi. In scena la scoperta
casuale, progressiva, della morte della moglie da parte del marito, al quale la
sorella impietosita l’ha tenuta nascosta. Seguita dalle condoglianze di vicini
e conoscenti, ognuno con una sua rivalsa. La morte è scomoda.
La
farsa, come la comica grottesca sulla morte, Cecchi propone minimal,
nella gestualità, la dizione, l’ambientazione. Di “dolore sotto chiave” ha
anche ridotto il testo. Entro scene minuscole. Che nell’arena del Grande
Teatro, palcoscenico e platea, però si minimizza, e quasi si cancella.
Eduardo De Filippo,
Dolore sotto chiave – Sik-Sik l’artefice magico, Teatro Argentina
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