giovedì 2 dicembre 2021

Il mondo com'è (435)

astolfo

Birya – Il sobborgo agricolo di Safed in Galilea è stato colonizzato nel 1949 da un gruppo di braccianti e artigiani di San Nicandro, nel Gargano in provincia di Foggia, convertiti all’ebraismo. Un guaritore, mago, poi predicatore del paese, Donato Manduzio, predicatore della Bibbia, aveva convertito una cinquantina di compaesani all’ebraismo negli anni 1930. Nel 1946, finite col fascismo le interdizioni israelitiche, ne aveva promosso l’integrazione nel giudaismo italiano, con una cerimonia di circoncisione collettiva. Dopodiché ne preparò l’emigrazione in Israele. Che avvenne nel 1949. Non tutti partirono, qualcuno restò a San Nicandro, e i loro discendenti, soprattutto le donne, continuano a perpetuare la conversione – continuavano, almeno, fino a fine Novecento – con canti rituali. Non partì neppure Manduzio, morto nel 1948.
I migranti si stabilirono a Birya, dove poi rapidamente si fusero con altri coloni, collocandosi comunitariamente tra i sefarditi. Qualcuno cercandosi anche un’eredità marrana.
Il sito di Birya, pur dettagliato sulla storia e le attività, non li ricorda. Era un’area desertica e disabitata quando i sannicandresi vi furono indirizzati. Elena Cassin, storica delle religioni, addottorata alla Sapienza nel 1933, poi una vita a Parigi, assirologa, membro della Scuola degli Annali, che ne ha fatto trent’anni fa la storia, “San Nicandro: un paese del Gargano si converte all’ebraismo”, aveva trovato i discendenti dei vecchi migranti dispersi in Israele. I più a Ashkelon e a Akko.
 
Credo attanasiano
– Detto anche “Quicunque vult”, dalle parole iniziali. Il primo “Credo” cristiano centrato sulla Trinità e sula Cristologia. Praticato dal sesto secolo. Differisce dal “Credo di Nicea-Costantinopoli” e dai “Credi degli Apostoli” in quanto minaccia anatemi contro chi non crede – come, del resto, il “Credo di Nicea” originario. La chiesa anglicana lo fa recitare alla messa della Vigilia di Natale, la chiesa cattolica lo riconosce ma non lo pratica - si recita, o si ricorda, solo la domenica della Santissima Trinità, prima domenica dopo la Pentecoste (i membri dell0’Opus Dei lo recitano la terza domenica di ogni mese).
Il vescovo Attanasio di Alessandria lo avrebbe elaborato durante il suo esilio a Roma nel quadro della difesa della teologia Niceana, contro l’arianesimo invadente, presentandolo al papa Giulio I, chiamato a testimone della ortodossia. In realtà non si sa chi e quando lo abbia elaborato. Certamente non Attanasio, come dimostrò nel 1642 l’erudito protestante olandese Gerhard Johann Vossius: Attanasio scriveva in greco mentre il “Credo” è in latino, e non lo menziona mai nelle sue opere. L’attribuzione ad Attanasio si presume dovuta alla forte connotazione trinitaria del “Credo”. La cui origine più verosimilmente viene ora posta nella Gallia meridionale, tra il quinto e il sesto secolo. Si connette il “Credo attanasiano” alla necessità di contrastate più fermamente l’arianesimo in presenza delle invasioni, agli inizi del V scolo, degli Ostrogoti e dei Visigoti, di credo ariano.
Composto in versi, 44, per i primi due terzi elabora la dottrina della Trinità, per un terzo la Cristologia. A ognuna delle persone della Trinità dà gli “attributi divini”: increatus, immensus, aeterus, omnipotens.
 
Ebrei di San Nicandro - V. sopra “Byria”.
 
Massoneria Fu fondata da un cattolico, l’architetto di Giacomo VI Stuart, William Shaw, che da cattolico in paese calvinista si protesse dietro gli statuti dell’arte dei muratori. Il laicismo è solo cristiano. Era un’idea latina, il vangelo l’ha fatta propria, e così la chiesa, alla congiunzione tra Roma e il cristianesimo. Talvolta l’ha repressa, talaltra l’ha difesa.
La fratellanza viene da un’epoca in cui la filosofia la pensavano i ciabattini, i sarti, i mugnai, i muratori celti delle brughiere scozzesi, e i fabbri. Felice epoca democratica, il Cinque-Seicento, il mattino dei maghi.
Non si saprebbe in materia andare oltre Croce, quando da patriota scriveva: “Io me la prendo con la Massoneria non già, come si fa d’ordinario, perché la giudichi perniciosa accolta d’intriganti e affaristi, ma appunto perché quell’istituto, origi-nato sul cadere del Seicento, al primo fissarsi dell’indirizzo intellettualistico, plasmato nel Settecento, messo ora al servizio della democrazia radicale, popolato dalla piccola borghesia, rischiarato dalla cultura dei maestri elementari, rafforzato dal semplicismo razionalistico del giudaismo, è il più gran serbatoio della “‘mentalità settecentesca”, uno dei maggiori impedimenti che i paesi latini incontrino ad innalzarsi a una vera comprensione filosofica e storica della realtà” - della complessità.
 
Henry de Monfreid – Autore di una settantina di libri, la gran parte in poco più di trent’anni, da quando ne aveva già più di sessanta, si è creato un personaggio di avventuriero in Africa Orientale, dopo essere stato sostenitore di Mussolini alla conquista dell’Etiopia. Ruolo però che aveva esercitato effettivamente, come fornitore (di alimentari, merci, armi) e indicatore. Dopo la sconfitta italiana in Etiopia gli inglesi lo avevano deportato, già sessantenne, in una campo di concentramento in Kenya. Tornato in Francia, si dedicò, oltre che ai libri di avventure, alla coltivazione del papavero nel giardino di casa. Ma a uso personale – perciò, denunciato più volte, non fu mai condannato (di questo, riuscire a non farsi condannare, farà parte cospicua della sua leggenda).Visse in Francia, oltre che dei proventi dei suoi libri, di successo, delle ipoteche multiple su una collezione di Gauguin. Figlio di un pittore, Georges-Daniel de Montfreid, affermava di avere conosciuto Gauguin da piccolo, e di avere ereditato i quadri. Dopo la sua morte, nel 1974 a 95 anni, le banche scopriranno che la collezione era di falsi.
Partì per Gibuti, diceva, sulle orme di Rimbaud. Ma nel 1911 aveva già 32 anni, ed era reduce da alcuni fallimenti commerciali. Sposato, dopo una lunga relazione con una compagna da cui aveva avuto due figlie, con Armgart Freudenfeld, figlia dell’ultimo governatore tedesco dell’Alsazia-Lorena. A Gibuti cominciò col commercio di caffè. Si arricchirà, modestamente, come contrabbandiere, dall’Africa Orientale verso Aden, lo Yemen, Suez, di hashish locale e di morfina che si faceva arrivare da una ditta tedesca,  nonché di armi e di oro. Commerciava con una sua dhow, il veliero panciuto che fino a qualche decennio fa serviva al cabotaggio nel mar Rosso. Solo il traffico di schiavi, dall’Africa alla penisola arabica, escludeva di avere mai praticato. Fu per i suoi traffici a vari riprese in prigione, in Egitto – ma sempre poi liberato. Col tempo era cresciuto anche nell’entroterra, sfruttando il boom di Dire Dawa, ai piedi dello Harrar, durante la costruzione della strada Gibuti-Addis Abeba – dove già aveva fatto le sue prime esperienze di commerciante subito dopo il 1911. Vi acquistò un mulino, e costruì una centrale elettrica.
Cominciò a scrivere negli anni 1930, racconti d’invenzione e memorie di cose viste, del genere avventuroso, incoraggiato da Joseph Kessel, che lo aveva conosciuto durante un viaggio in Africa Orientale e ne aveva apprezzato il modo di raccontare. Nel 1935 si schierò contro il Negus, contro il quale aveva cause pendenti, e per l’occupazione italiana. Che celebrò nello stesso anno col romanzo “I guerrieri dell’Ogaden”. Dove si rappresenta stretto consigliere di Graziani, alla ricerca di un incontro con Mussolini, per potersi schierare con le truppe italiane, e partecipe di alcuni bombardamenti aerei italiani, rischiando anche di restare ferito in volo. Mussoliniano sfegatato in conferenze e libri, e poi petainista, dopo la liberazione dal campo di concentramento in Kenya aspetterà un paio d’anni per ritornare in Francia, temendo la depurazione.
 
Purificazione – “Churching” in inglese, ritorno alla chiesa, è il rito di riconsacrazione della puerpera, dopo il parto, in chiesa, con preghiere, benedizioni e ringraziamenti. Era, il rito è ora desueto, dopo al riforma montiniana post-conciliare, e per la sensibilità di genere, ritenendosi sessista il concetto di impurità. Il formulario, per la verità, sia di prima che di dopo la riforma, è solo festivo, di ringraziamento ecclesiale (comunitario) per il parto e di festeggiamento per la puerpera, quando ancora non si sia celebrato il battesimo, o se essa per un qualche motivo non abbia potuto parteciparvi.

astolfo@antiit.eu

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