Quanto Dante si divertiva, con le parole
Una
compilazione spassosa ma anche sapiente. Lotti, lessicologo per diletto, sa creare
collegamenti, individuare richiami, riprese, prestiti e quant’altro, per una
lettura godibile.
Dante
è l’inventore dell’italiano anche nei suoi termini, a detta dello stesso poeta,
“puerili”, “silvestri”, “lubrichi”, “aspri”. Il poema chiamava del resto Comoedia,
con rimando alla radice di comico, per dire di un poema “volgare”, cioè
semplice. Comprensibile ai più. A mo’ di introduzione, Lotti può elencare un
centinaio di espressioni non tanto ovvie che però sono parte integrante, usata
correntemente, dell’italiano. Inventivo molto: il “fantino”, da “fante”,
bambino, ragazzo, e il “fantolino”. Il conio. La cloaca. La chiappa. Il cesso. L’epa.
I dindi. Fesso. Gabbo. Ghiottone. Gozzo. Grattare. Groppone. Ingozzare.
Ingrassare. Intronare. Ladro, ladrone e ladroneccio. Lercio, lordo, lordura.
Merda (giù usato da Iacopone da Todi), merdoso. Muso. Natiche, nervo, pancia,
poppe. Porco e porcile…
Molte
invenzioni di Dante non sono entrate nell’uso. “Accaffare”. “Acceffare”,
“Accoccare”. “Mazzerare”, dall’arabo. Specie le derivate dal provenzale:
“Acismare”, dal provenzale “acesmar”…. – ma “bordello, da bordel,
“sozzo” da sotz.
Un
prontuario divertente, anche per chi di Dante non ne può più: ne viene fuori un
poeta lieve, che si diverte con le parole.
Gianfranco
Lotti, Come insultava Dante, il melangolo, pp. 217 € 12
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