Vita di donna avventurosa - o l'amore con lo stalliere
Il primo caso di nobildonna che si mette col guardacaccia - qui è stalliere. A una certa
età, sopra i quaranta, ma poi per sempre, venticinque anni di felicità con un
uomo abbrutito, ubriacone e manesco, dapprima da girovaghi, poi gestori della
locanda e del traghetto per l’isola di Møn nel Sud-Est della Danimarca.
Una storia realista ma non un caso esemplare: un caso storico. Soggetto
di molte scritture in Danimarca, prima (Andersen compreso) e dopo Jacobsen. Marie
Grubbe è esistita, si chiamava così, e ha fatto tutto quello che viene
raccontato, nel secondo Seicento-primo Settecento, in Danimarca, con lunghi
soggiorni in Norvegia, col primo marito, e a Parigi e Norimberga col cognato
amante. Vera la prima infatuazione da adolescente, per il principe Ulrik
Christian, figlio bastardo e amato del re di Danimarca Cristiano IV. Vero il matrimonio
con Ulrik Frederik, altro bastardo, favorito del re Federico III. Vero anche il
cognato, uno dei due cognati, di una lunga relazione da divorziata. Vero il secondo
matrimonio, nella residenza paterna, in campagna lontano dalla corte, con un
borghese di piccola nobiltà del luogo. Vero anche il secondo divorzio, benché il marito non obiettasse,
vicino ai cinquant’anni, per la vita insieme col giovane stalliere.
L’opera famosa di uno scrittore
che si voleva poeta: “Se potessi trasportare nel mondo della poesia le leggi
eterne, gli enigmi e i prodigi della natura, allora sento che la mia opera diventerebbe
qualcosa di più del normale”. Jacobsen ha scritto poco in prosa. Un altro
romanzo, “Niels Lyhne” (1880, quattro anni dopo “Marie Grubbe”), su un personaggio
maschile non più dal vero ma inventato, un esteta che fantastica una vita che
non vive – anticipatore del Des Esseintes di Huysmans e del Dorian Gray di Oscar
Wilde. E alcuni racconti (“La peste a Bergamo” e altri). Ma senza entrare nel cerchio
chiuso del decadentismo.
“Marie Grubbe” ha un andamento variato, prolisso e rapido, diffuso e tagliente,
romantico e brutale. Il racconto, benché improbabile, o probabile solo nel Seicento, tempo barocco anche nella vita, in certi ambienti, è favolistico ma convincente. Marie
non è pazza né stupida, vive l’amore in una sua visione, in tante sue visioni. Non
convincente del tutto, ma poiché la storia è vera, il lettore ne trae il miglior
partito. Di una cocciutaggine spinta all’autolesionismo. Imprevedibile, ma indipendente:
Marie Grubbe è una donna indipendente nel Seicento, contro la corte, quando è
necessario, contro i sovrani paterni, contro il genitore, contro il principe
suo marito.
Essendo Jacobsen già noto come traduttore di Darwin, il romanzo fu
classificato come verista. La morale della storia, tratteggia da Marie nelle sue ultime parole con un giovane dottorando rifugiato nella locanda per fuggire la peste, né è un piccolo manifesto: niente resurrezione (in quale veste?), niente giudizio-giustizia, siamo quello che siamo. Ma il racconto non ha nulla della ricetta verista: niente questione sociale,
sfruttamento, miseria, eccetera, niente destino avverso, non c’è cattiveria
(gli uomini si ubriacano e sono maneschi, ma non fanno scandalo), Marie è donna
libera che vive da donna libera, imprevedibile cioè. Anche a costo di perdere ripetutamente
il tanto che ha – in dote, o come appannaggio, e in eredità. Jacobsen influenzerà
Strindberg, e sarà recepito con entusiasmo in Germania, dove si ebbe una Jacobsen Mode, tra i poeti,
George, Gottfried Benn, Rilke, e tra i narratori, Zweig e lo stesso Thomas Mann
– una delle residenze di Marie Grubbe è a Lubecca, e qui abbiamo la la casa “modello
Lubecca”, una geometria semplice, che non c’è nei “Buddenbrook”. Di scrittura variabile,
in più punti asintattica – almeno in quesdta traduzione - che oggi si direbbe
cinematografica.
Un’edizione un po’ affrettata. Una nuova traduzione dello specialista Dario
Berni, già traduttore di Andersen, ma senza le necessarie note di riferimento. Con
le citazioni di testi tedeschi e francesi non tradotti – una è anche italiana,
del Guarini.I
Jens Peter
Jacobsen, Marie Grubbe, Carbonio, pp. 229 € 16
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