astolfo
Islamismo – È più radicale in Oriente - Medio, mondo
islamico compreso, e subcontinentale - che in Occidente. Nello stesso anno dell’attacco alle Torri
Gemelle a New York e al Pentagono a Washington, un gruppo islamico aveva
assaltato il Parlamento a Nuova Delhi, uccidendo ventidue persone. I
dirottamenti multipli di aerei, la tecnica usata per l’attacco a New York e a
Washington, era stata sperimentata in India dagli stessi gruppi islamisti. Non
si contano gli attentati islamici in Medio oriente (Iraq e Siria in
particolare), alle moschee, ai mercati, alle scuole, alle caserme, i luoghi più
frequentati nelle ore più frequentate, con migliaia di morti. Nella stessa
Arabia Saudita, alla Mecca
Particolarmente cruenta, in qualità di carnefici e di
vittime, è stata ed è la presenza islamica in India. Il presidente indiano Modi
ha varato una legge un anno fa a garanzia del diritto di asilo, con possibilità
di naturalizzazione, per i profughi dai paesi confinanti che perseguitano le
minoranze religiose. Escludendone i mussulmani. Modi è stato per questo accusato
di discriminazione. Ma la legge nasce dal fatto che i paesi confinanti sono
mussulmani, Pakistan, Afghanistan e Bangladesh, e perseguitano come un dato di
fatto le minoranze, induiste, cristiane, buddhiste, ebraiche, giainiste e
zoroastriane – nell’ordine di peso demografico
Il terrorismo islamico di questo primo quinto di secolo ha
colpito l’India allo stesso modo che gli Stati Uniti e l’Europa, con l’attacco,
dopo quello al Parlamento nel 2001, all’hotel Taj Mahal nel 2008, che fece 273
morti dopo una caccia mirata agli ospiti stranieri, e con altri numerosi attentati
cruenti. Un terrorismo favorito dai servizi segreti pakistani, con basi di
addestramento e programmazione.
L’India è un paese diviso, di necessità quasi
confessionale, per la forte presenza mussulmana. La partizione fu volta dagli islamici. Che, ciò
malgrado, continuano a essere una minoranza molt contestataria in India.
Gandhi e poi Nehru prospettavano all’indipendenza una
grande India negli stessi confini del Raj britannico, indipendentemente dalle confessioni
religiose professate. I gruppi dirigenti mussulmani hanno voluto invece la secessione,
prospettandosi il Pakistan come una teocrazia islamica – una sorta di revival
novecentesco dei grandi califfati medievali.
Śambhala – O Shambhala, è
il luogo mitico del mitico Tibet, che, rimasto fuori della colonizzazione, inglese,
francese, russa, un po’ perché remoto e elevato, di clima anche rigido, un po’
perché di poca o nessuna importanza commerciale, ha alimentato a lungo, fino a
metà Novecento, ogni sorta di fantasie. La più famosa di queste è stata
Shangri-La, creata dallo scrittore di best-seller James Hilton, nel 1933, in
“Orizzonte perduto”, e resa planetaria dal film dallo stesso titolo che Frank
Capra ne trasse nel 1937qualche anno dopo. Ma la mitizzazione più importante e
duratura, durata un secolo, all’origine
di molte ricerche e spedizioni, fu Śambhala .
Federico
Rampini, “Oriente Occidente”, ricorda una spedizione russa: “Dal 1870 al 1876
un esploratore dello zar, il romantico colonnello Nikolaj Michailovič
Prževal’skij, detto «il Lord Byron russo», lancia diverse spedizioni nella speranza
di scoprire l’antica Śambhala, che ha sentito descrivere da un lama come
un’isola dorata in mezzo a un mare a elevatissima altitudine”.
La
più avventata, e la più stolida, ricerca europea della purezza a croce uncinata
è di Himmler – che in “Gentile Germania” viene così ricostruita:
“In
Germania l’Ahnung era diffusa, la sensazione che qualcosa di terribile
succedesse, ma non si sapeva che. Si può dire, più che una conoscenza,
un’eredità atavica, poiché ahnen, sentire, è pure avi: da Taormina al
Tibet i dati che rastrellava sulla razza teutonica Himmler li confidava all’Ahnenerbe Studiengesellschaft, la società
delle SS per lo studio degli avi. La Colpa allora sarebbe del Tibet, che
dell’AS fu campo unico di studio, e
oltre alla runa fornì il film Tibet segreto, ventimila foto, quattromila
uccelli, e il fantomatico battaglione Waffen SS Tibet a difesa di Berlino.
Cioè, di nuovo, della chiesa di Roma, la quale, Himmler non lo sapeva ma lo
riproduce tutto, dal concistoro al papa: rifà il Tibet, comprese le barzellette
sui monaci…..
“L’Ahnenerbe
Gesellschaft, la società degli avi, arruolò duecento scienziati per cercare, in
missione spesata con amante, gli “ariani” nel mondo. Prima che nel Tibet
l’archeologo Altheim li aveva trovati in Val Camonica, in compagnia della
fotografa Erika Trautmann, una che dava belle soddisfazioni ai gerarchi
nazisti. Concludendone che l’antica Roma era “ariana”, anche se ciò sconfessava
Arminio. La coppia Altheim-Trautmann ripeté la vacanza in Siria, Iraq e Romania.
Qui, trovandosi sul Mar Nero, propose di ripopolare di “ariani” la Crimea,
ripulendola dagli ebrei. Hitler vi destinò i tirolesi di Bolzano che avevano
optato per la Germania nel ‘39, “i goti sopravvissuti alle glaciazioni”. Altri
scienziati invece, nell’ottica di elevarsi in altezza come in Tibet, scoprirono
gli “ariani” in Bolivia.”
I
nazisti organizzarono cinque spedizione nel Tibet, alpinistiche e etnologiche,
alla ricerca degli avi puri. Himmler, in qualità di referente dell’Ahnenerbe,
ne organizzò una nel 1938, e in parte la finanziò personalmente. Doveva trovare
nel Tibet l’origine dell’arianità, della razza pura – dal Tibet poi discesa a invadere e conquistare l’Asia,
Cina, India, Giappone. La spedizione durò quindici mesi, dal maggio 1938
all’agosto 1939, guidata da Ernst Schãfer, 28 anni, ornitologo, capitano delle
SS, che si era illustrato nel 1931-2 in una spedizione in Cina e nel Tibet,
organizzata dal naturalista americano Brook Dolan, finanziata da un’Accademia
di Storia Naturale di Filadelfia. Folta di
specialisti giovani, tra i venti e i trenta anni, la missione di Himmler
produsse quattro anni dopo, nel mezzo della guerra ormai sulla difensiva, il “Tibet segreto”, opera dello stesso Schãfer, e il documentario dallo stesso
titolo.
Erano
gli anni in cui il Tibet era indipendente, dalla fine dell’impero cinese nel
1911. Un sostenitore del Tibet protoariano, Walter Wurst, sanscritista all’università
di Monaco, si era illustrato per le analogie tra Buddha e Hitler.
Un
altro libro-racconto di una spedizione nazista in connessione con il Tibet, da
cui un altro film famoso fu tratto, entrami intitolati “Sette anni in Tibet”,
fu dovuto a Heinrich Harrer, uno sciatore e alpinista carinziano nazista, iscritto
alle SA a 21 anni nel 1933 (quando la formazione era proibita in Austria). Furono
l’esito di un’altra spedizione organizzata da Himmler, nel 1939, nel Kashmir.
Guidata da Peter Aufschnaiter, un agronomo e scalatore anch’esso austriaco,
naturalizzato tedesco, membro della prima ora del partito Nazista, dal 1936
animatore di una Fondazione dell’Himalaya Tedesca”. Alla spedizione del 1939,
mirata a conquistare il Namga Prabat, Himmler gli volle affiancato Harrer,
personaggio popolare in Germania per le sue avventure alpinistiche sull’Eiger
bernese.
Poco
dopo lo sbarco a Karachi, allo scoppio della guerra i componenti della
spedizione furono arrestati dai
britannici e detenuti in prigionia in India. Riuscirono a evadere, e alcuni del
gruppo si congiunsero con i giapponesi in Birmania. Harrer si diresse con
Aufschanaiter verso Lhasa, dove rimasero fino a dopo la guerra e oltre.
Aufschnaiter come consulente tecnico del governo, per la riforestazione e il riassetto
idrico. Harrer s impiegò come fotografo (il governo ne aveva bisogno per far
vedere il Tibet al Dalai Lama allora ragazzo, che non poteva uscire dal
palazzo) e traduttore.
Nel
1950, all’invasione cinese, i due si divisero. Aufschnaiter lavorò per molti
ani nel Nepal come agronomo – salvo un breve soggiorno a Nuova Delhi, dove si
era arruolato nell’esercito indiano Harrer rientrò in Austria, si risposò, e riprese
viaggi ed esplorazioni - segnalandosi come accompagnatore dell’ex re belga
Leopoldo III, il fratello maggiore della regina aria José, esiliato dal suo
Paese dopo l’occupazione nazista. Nel 1953 pubblicò “Sette anni nel Tibet”,
consacrandosi anche come scrittore. Molto amico del Dalai Lama, che nel 2002 gli
fece visita per i suoi 90 anni, e difensore dell’indipendenza del Tibet. Nonché
fustigatore del concetto di “primitivo”, tutte le culture avendo la stessa dignità.
Non trovò Śambhala, ma forse sì, nell’allegra disinvoltura.
La storia non finisce qui. aimbhala significherebbe in sanscrito
“Fonte della Felicità” – “un luogo protetto”, lo
dice wikipedia, “dove predominano pace, quiete e felicità incontaminata: un
paradiso sulla terra, una terra pura, un regno mistico e misterioso nascosto tra
le montagne più elevate dell'Himalaia, nella zona occidentale del Tibet”.
Tra i Lama tibetani sarebbe diffusa la convinzione della sua esistenza, in un
punto dell’Asia Centrale a nord del fiume Sita delle scritture buddiste, che alcuni
studiosi identificano con il fiume Tarim, nella regione autonoma cinese degli
Uiguri, il Sinkiang, autonoma perché mussulmana. Gli Uiguri che il regime della
Cina Popolare ora perseguita: si stima che il presidente Xi abbia ordinato la
detenzione di un milione di Uiguri in campi di rieducazione nel Sinkiang.
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