sabato 10 aprile 2021
Appalti, fisco, abusi (200)
La pressione fiscale sarà quest’anno sul 52 per
cento – calcola il Cgie di Mestre. Ma è da almeno cinque anni che la pressione fiscale
“reale” è al 52 per cento, come i lettori di questa rubrica sanno.
Niente governo, siamo sottogovernisti
Natalia Aspesi, beccata da una lettrice renziana
di “la Repubblica” (ma quanto era “renziano” Scalfari a suo tempo…) per aver
scritto di tiro al piccione contro Renzi, spiega cosa ha voluto dire e conclude:
“Non sono ferrata in politica, la seguo per sensazioni e a me i suoi anni da
premier sono sembrati i migliori degli ultimi tempi”, i suoi di Renzi. Obiezioni?
Da ultimo, si può aggiungere, nella riforma del Parlamento, cui avrebbe dato
finalmente un ruolo e una voce, battuta per ben 6-4.
Si lincia Renzi come Fanfani, come Craxi, i
pochi che abbiano “fatto qualcosa” al governo – si risparmia De Gasperi perché
è morto presto, ma non prima di averlo seppellito sotto la “legge truffa”. Si
linciano non a opera dei social, come si dice. A opera dell’opinione pubblica “qualificata”,
cioè dei grandi giornali, degli strateghi politici, degli studiosi di politica,
dei capi d’industria e di banca, della cosiddetta classe dirigente.
L’Italia ha un governo che è uno straccio. Nemmeno
buono per la polvere. Il presidente del consiglio, benché da qualche tempo (non
in questa legislatura, che pure si vuole nuova e nuovissima), eletto direttamente,
in quanto capo della coalizione vincente, non ha nessun potere: può solo
dimettersi. Non è un premier – ne è l’antitesi:
il presidente del consiglio è l’antitesi del premier. Il governo non è il suo ma del presidente dela Repubblica -
di diritto e di fatto. Non può fare da solo una legge (Conte ha abusato:
governava con maggioranze disomogenee e non aveva altro rimedio che i suoi
propri decreti, a tutti gli effetti incostituzionali). Non può dimettere un ministro,
e nemmeno un sottosegretario, può solo dimettersi lui. Non nomina i suoi ministri, glieli nomina il presidente della
Repubblica – di norma e spesso anche di fatto. E ciononostante è boicottato in
tutti i modi da tutti, tutti quelli che possono.
Cronache dell’altro mondo (106)
Lo stabilimento Amazon di Bessmer in Alabama,
profondo S ud, ha votato alla quasi unanimità, tre lavoratori su quattro, contro
la formazione di un sindacato. Tutti famigli di Jeff Bezos, l’uomo (di gran
lunga) più ricco del mondo, fortuna creata esclusivamente sul lavoro – dei dipendenti.
È il vecchio assetto - sogno? – della schiavitù.
Una tassa minima del 21 per cento sugli utili
d’impresa in tutto il mondo, dove gli utili si producono, è la proposta di
Biden ai 135 paesi che a Parigi negoziano una equal partnership nel fisco.
Semplice: un abbattimento della varie furberie statali per attrarre
investimenti che passano sotto la dizione “paradisi fiscali” – in Europa l’Olanda
e l’Irlanda. Il mite Biden prosegue l’opera di revisione della globalizzazione
dell’irruento Trump.
Nell’attesa di questa rivoluzione copernicana
mondiale, Biden opera per imporre alle multinazionali digitali, Apple, Google,
Facebook, di pagare le tasse nei paesi in cui operano, invece di (non) pagarle
nel domicilio fiscale di comodo, nel “paradiso fiscale”.
Biden ha varato un programma di spesa pluriennale
da 2 mila miliardi di dolari – il pil dell’Italia (prima del Covid, il pil
2019) - per infrastrutture, incentivi industriali e energia pulita. Da finanziare
con 2,5 miliardi di nuove tasse, a carico prevalentemente delle famiglie. Nell’America
della “libertà totale”.
“Gli asiatici-americani (sono) un’altra minoranza bersaglio di razzismo”,
cioè di tiro al bersaglio facile, “in alcuni casi (per fortuna numericamente
molto ridotti). Ma gli atti di violenza contro asiatici-americani da molti
decenni vengono commessi soprattutto da afroamericani e ispanici” – “Federico
Rampini, “D”.
Verdi in castigo a Rai Cultura
Una “traviata” nel senso proprio,
non quella del dramma dell’amore di Dumas jr. e Verdi – dell’amore negato (“essere
amata amando”) e dell’amore e morte: Violetta si presenta facendo postribolo
del retropalco Reale, dove ognuno che esce lascia bigliettoni (mezzo milione di spettatori ha lasciato dopo questa scena), il letto sarà
con lei onnipresente in scena, alternato al tavola da buffet o da gioco,
Martone la vuole una puttana che sfida il perbenismo, e niente funziona. Nemmeno
le voci, che pure sono di primissimo ordine, e a tratti, soprattutto quelle maschili,
anche in questa “Traviata”.
Un altro progetto ottimo dell’Opera
di Roma, dopo il “Rigoletto” all’aperto, col pubblico, in estate, regia di
Michieletto, innovativa e personalizzata
ma pur sempre in tema, e il ridentissimo “Barbiere di Siviglia”, anch’esso al Costanzi,
tra palco e platea, dello stesso Martone, ma con più fantasia – e più adesione
a Rossini. Qui tutto è irrigidito, compresa l’esecuzione del maestro Gatti – a
tratti non sembra Verdi, non “canta”. Tre
ottimi cantanti, Lisette Oropesa, Saimir Pirgu, incredibile tenore naturale, e il
deuteragonista Germont, Roberto Frontali, sforzati a ripetere arie e recitativi
per la riprese filmiche, senza continuità scenica quindi, se non del montaggio,
e voci palesemente sforzate, specie la soprano, che regge tre quarti dell’opera,
in pezzi staccati e ripetuti, da ultimo ciak ritenuto finalmente buono.
L’opera al cinema è fatta così,
ma qui evidentemente in economia: due ore di canto ripetute per tre-quattro
giorni di riprese danno un risultato per lo più non appoggiato, privo di
morbidezza, e quindi si direbbe di sensibilità. Cosa che non è di Oropesa, soprano
drammatica di riconosciuta morbidezza e potenza. Non è una ribelle, non è una
vittima, nemmeno del male. Mentre è una una che, come tutti i cantanti lirici,
non canta per due-tre ore ogni giorno, non può, non dovrebbe.
La terza brillante idea dell’Opera
di Roma, il terzo memorabile regalo ai melomani, naufraga poi, oltre che nel
semplicismo di Martone, nella disattenzione,
quasi fastidio, di Rai 3 Cultura, che pure ha co-prodotto l’opera. La registrazione,
in potenza di grande e grandissima qualità, ha buttato in rete come un riempitivo,
una cosetta da venerdì sera, il giorno più vuoto della settimana, senza una
presentazione, un commento, un intervallo, senza nemmeno mai una promozione
nelle ore e giorni precedenti – la sola promozione è dell’Opera, attraverso le
cronache romane, centomila lettori in tutto.
Mario Martone, La Traviata, Opera di Roma – Rai 3, Raiplay
venerdì 9 aprile 2021
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (454)
Giuseppe Leuzzi
Paola Manni,
“L’invenzione della lingua. Perché Dante è il padre dell’italiano”, trova nel
fiorentino
di Dante
“elementi esterni, di provenienza extrafiorentina. Dei poeti pisani
“appartenenti alla scuola dei
siculotoscani”. O, di più, di “meridionalismi spiccati, retaggio della scuola
poetica siciliana”. Li trova “ai livelli
più profondi e strutturati, ai livelli della fonologia e della morfologia”. Più
diffusi nelle poesie
giovanili, ma presenti ancora nella “Commedia” – “come la forma aggio per ho e i
condizionali
uscenti in –ia, del tipo vria, poria, saria, in luogo dei normali
avrei, potrei, sarei”.
L’Italia era meno
divisa nel Trecento, quando non esisteva.
Dice
bene Carlo M. Cipolla, aprendo la sua “Storia facile dell’economia italiana dal
Medioevo a oggi”: “Un popolo che non conosce la sua storia è un popolo che non
conosce se stesso e che avrà difficoltà a risolvere i problemi che deve
affrontare”. È la situazione del Sud, da un alcuni secoli ormai.
Seguita
Cipolla – il libro a lui intestato è di trent’anni fa, ma cosa cambia?: “Il
contrasto economico che oppone il Nord al Sud, e che rappresenta, a mio avviso,
il più grave problema dell’Italia odierna e condizionerà il nostro futuro ancora
per decenni a venire”.
Dice
bene, che “oppone”, niente allisciamenti. E che non si risolve. Perché il Sud
non c’è, si è squagliato. Questo lo storico dell’economia non lo dice, ma lo ha
già detto, a proposito dei popoli che non hanno storia.
Sudismi\sadismi
Alla
rubrica delle lettere del giornale “la Repubblica” due donne scrivono da Milano
per lamentare il disservizio sui vaccini.
“Sapessi com’è strano andarsi a vaccinare
a… Milano”, scrive una: “Mi hanno convocata, dopo 40 giorni, in un altro
comune, a venti fermate di tram e un chilometro e mezzo a piedi”. E un’altra:
“Mia madre, disabile, residente in zona Stazione centrale, è stata convocata a
Pieve Emanuele, ridente borgo a Sud di Milano, quasi fuori provincia”.
Risponde
per il quotidiano Francesco Merlo, di Catania: “Care e «rimescolate» signore
milanesi, mi torna in mente un episodio che non è paragonabile perché riguarda
i morti. Un giorno i dipendenti del cimitero di Catania rimescolarono i nomi
gettando nel panico anche san Pietro che, smistando le anime sbagliate, si
ritrovò in paradiso la malavita organizzata sotto forma di malavita eterna”.
Catania
non è Milano. L’episodio non è paragonabile. Ma non c’è Milano, c’è solo la
malavita, catanese, anche nel Covid a Milano.
La mafia in rete
C’è
più mafia del mondo digitale? Si è aggrediti nel privato, in ogni sfera, dalla
semplice curiosità alle passioni e alla sofferenza, con ogni sorta di inganno e
violenza. Da anonimi iperprotetti. Che sanno tutto di voi, penetrando le vostre
identità più riposte, nomi utente, password. E hanno il solo scopo di
derubarvi, di deprivarvi del vostro – che è lo scopo primario della mafia, appropriarsi
dell’altrui. Si dice: ma non sparano. Come no, minacciano, infettano, indeboliscono,
traumatizzano. E derubano. Nell’impunità. Mafie di ogni razza, russi e greci, peruviani e
nigeriani.
Si
spia anche professionalmente (la polizie, i giudici) in rete, attraverso i
trojan, che registrano i contati più personali. Orientabili peraltro, come
dimostra il trojan con cui i Carabinieri hanno spiato alcuni giudici che si
spartivano le carriere, ma hanno interrotto il contatto quando tra quei giudici
figurava qualcuno che i Carabinieri dovevano
proteggere.
I
nomi sono conseguenti alle cose, e il digitale non sembra mafia, la
compitazione è diversa, ma la sostanza è conseguenza della giustizia.
Da
un ordine del giorno innocuo presentato alla Camera da un deputato, l’onorevole
Enrico Costa, si rileva un mondo da un semplice tabulato telefonico – quello
che i nostri pigri sceneggiaori tv usano per risolvere i loro gialli: “Questo
strumento svela la posizione nello spazio e nel tempo di una persona e la sua
cerchia di relazioni sociali. Rivela con chi parla, a che ora parla, quanto tempo parla, dove si trova quando parla, con quale frequenza lo fa, chi chiama
dopo aver sentito una persona”. Il tabulato si può chiedere e divulgare senza commettere
un reato. Lo può chiedere e divulgare un giudice, è vero.
Storia facile del ritardo del Sud
La
“Storia facile” di Cipolla lo è specialmente, in poche righe ma precisa, della
questione meridionale. Questa la storia in sintesi:
Nord
e Sud nascono nel Basso Medioevo. Con i Normanni, cioè col baronato, e con i
loro successori, Svevi e Angioini. “Ai nastri di partenza dello sviluppo
medievale” il Sud era meglio piazzato: “Rimasta fuori dall’impero carolingio”,
divisa fra “zone di dominio musulmano (come la Sicilia), principati longobardi
e ducati” bizantini, “l’Italia meridionale aveva mantenuto una produzione di
materie prime essenziali al consumo delle genti mediterranee (grano e fibre
tessili, come la seta, il cotone, la lana), e un artigianato di media qualità
destinato anch’esso al mercato internazionale. I mercanti delle coste campane e
pugliesi” commerciavano col Nord Africa e il Mediterraneo orientale, “e si era
conservata una circolazione monetaria aurea, grazie alla disponibilità di oro che affluiva
in pagamento delle esportazioni”. Questo sarà ancora per tutto il Duecento un
forte asset.
“Installato
al centro del Mediterraneo, ancora strettamente legato al più avanzato mondo
islamico e bizantino, ma anche grande fornitore del Nord in forte espansione,
il nuovo regno, fondato dai Normanni nel Sud, si affermò rapidamente come una
delle maggiori potenze nell’Europa che proprio allora usciva dal suo lungo
letargo”. Viaggiatori e cronisti magnificano la fertilità di Puglia e Sicilia,
“il leggendario tesoro e gli splendori della corte palermitana. Le zecche
meridionali coniavano monete d’argento che erano fra le migliori della cristianità
latina, e battevano una moneta d’oro (il tarì) così stabile e apprezzata che
circolava in ogni angolo del Mediterraneo, chiusa in un sacchetto di un’oncia
munita del sigillo reale”.
Ma
“la subordinazione dell’economia meridionale
a quella dell’Italia settentrionale” si preparava nello stesso regno
normanno. Col feudalesimo, il sistema di governo dei re normani, grandi
proprietari terrieri, con cavalieri, vescovi e abati, ai quali “i re non si
facevano scrupolo di concedere favori e privilegi”. Nacque quello che si può
ben dire asservimento volontario: i monarchi, i cavalieri, i vescovi e gli abati "avevano tutto l’interesse a dare libero corso alla pressante richiesta di grano
e di materie prime del Nord e dell’Occidente”. Si pagavano abbondantemente ciò
di cui avevano bisogno, con “maggiori entrate doganali e fiscali per il tesoro
reale”. Una combinazione così lucrosa, per loro, che “non si facevano scrupolo
di concedere favori e privilegi commerciali” ai “mercanti italiani centrosettentrionali”.
Da compensare, se utile, con limiti alle “autonomie istituzionali, e anche alle
libertà «fiscali» precedenti alla fondazione del Regno”.
Il
Sud perdette rapidamente ogni capacità produttiva, altra che il latifondo, e
ogni “funzione autonoma d’intermediazione fra Oriente e Occidente”, non avendo
più né mercanti né banchieri. Perfino il commercio delle “materia prime
alimentari provenienti dalle zone meridionali” si svolgeva “nel cuore
dell’Europa del Centro Nord, dalla Valle padana alle Fiandre, e a Pisa, Genova,
Venezia e Marsiglia": “Già dalla fine del secolo XII i mercanti settentrionali iniziarono
a portare nel Mezzogiorno panni e prodotti finiti come pagamento delle
esportazioni di grano e di fibre tessili grezze. Da allora, fra le «due Italia»
si instaurò una sorta di divisione del lavoro
e una relazione economica che non sarebbe più stata modificata”.
Per
capirsi: “L’economia di mercato delle regioni meridionali cominciò a dipendere
quasi completamente da manufatti d’importazione”, sia per i ricchi che per i
poveri, “e alla lunga si trovò anche in difetto di ceti artigiani e mercantili
indigeni. Le città meridionali non avrebbero più avuto modo di conoscere uno
sviluppo di tipo industriale e commerciale”. Era cambiata l’umanità: “Nel Due e
nel Trecento, nelle capitali e nei centri più grandi, a Palermo e a Messina, a
Napoli, a Barletta e a Trani, i banchieri e i grandi mercanti internazionali
erano in prevalenza toscani, genovesi,
veneziani. Nelle città costiere minori e nei borghi rurali della Sicilia, dove
una forte immigrazione di genti del Nord era stata necessaria per colmare i
vuoti lasciati dall’esodo e dallo sterminio delle popolazioni mussulmane (da
qui i tanti Lombardo, Novara e Piemonte dell’onomastica e toponomastica delle
aree ex saracene in Sicilia e Calabria: scalpellini, tessitori, architetti,
calafati, n.d.r. ), ma pure nelle zone cerealicole ricche pugliesi e nella più
povera Calabria, erano ugualmente soprattutto mercanti settentrionali e toscani
quelli che distribuivano le merci nelle fiere e nei mercati locali, prestavano
a usura ai proprietari rurali, incettavano la produzione agricola destinata
all’esportazione”. Carlo d’Angiò era
considerato il più ricco dei monarchi europei, ancora nel 1282, quando la Sicilia
gli si ribellò – per darsi agli Aragonesi… - “ma le zecche del Sud avrebbero di
lì a poco cessato di battere oro, limitandosi a coniare argento sotto la direzione
di monetieri toscani”.
La
“questione” era nata: “Il rapporto di forza economica fra Nord e Sud si era
completamente rovesciato nel giro di un paio di secoli, stabilendo le
condizioni di una diversità nelle strutture dell’economia e della società che
ancora oggi non è stata del tutto cancellata”.
Poi
verrà l’unità. Con il “corso forzoso”.
(continua)
Milano
Ebbe pratica ingegneresca già nel Quattrocento
– e poi pure con Leonardo. A metà secolo una fitta rete di opere idrauliche e assi
irrigatori percorreva la Lombardia, portando alla “Bassa” le acque dei
fontanili dell’Alta pianure, nonché dell’Adda e del Ticino. A metà Cinquecento
il “catasto di Carlo V” registra come “adacquatorio”, irriguo, un quarto del
pavese, un terzo della Bassa milanese, e tre quarti del lodigiano – riso, trifoglio
e foraggere, cioè bestiame e latte.
A
metà Cinquecento aveva un catasto, una rilevazione censuaria estesa a
tutto lo Stato di Mlano. Le maggiori famiglie milanesi e pavesi avevano investito
in grande nella rete dei canali. Tra esse anche i Simonetta, figli e nipoti di
“Cicco” Simonetta, di Caccuri in Calabria, il cancelliere abile di Francesco
Sforza – al quale aveva trovato anche moglie, Polisssena Ruffo, castellana pro
tempore del suo paesino.
Come poi per Stendhal, “nel 1494 i
francesi di Carlo VIII notavano con stupore che in Lombardia «la terra non
riposava mai», ed era «verdeggiante e ricca di frutti diversi in tutte le
stagioni dell’anno»” – Carlo M.Cipolla, “Storia facile dell’economia italiana
dal Medioevo a oggi”: “Il paradiso della cristianità”.
Salvini chiede e ottiene, quale condizione
per sostenere il governo Draghi, la sostituzione di Arcuri come commissario all’emergenza
Covid. Come a dire: la colpa è sua. Mentre è la Lombardia che appesta tutti,
con la sua disorganizzazione, fin dal “paziente zero”, e la corruzione. Mai rimediate
in un anno e più – giusto la sostituzione di un assessore, facile perché berlusconiano,
oltre che palesemente incapace. La Lega ha sempre ragione. I lombardi le danno
ragione.
Vaccini in mano a privati a Milano e in
Lombardia – è stato possibile comprarlo, anche se “in Svizzera”. Mentre i centri
di prenotazione pubblici non funzionano. Centri gestiti da una società
informatica regionale. Senza scandalo – solo a babbo morto, e ancora. La
corruzione è normale in Lombardia, l’autocelebrazione copre anche i ladri.
Arrivato a Milano, sbarella pure
Bertolaso, l’ex capo della Protezione Civile che seppe avviare la ricostruzione
all’Aquila dopo il terremoto: vuole risparmiare le dosi di vaccino sui settantenni
per privilegiare “le fasce più giovani e produttive”. L’aria di Milano fa così
male?
Ma poi, presto, Bertolaso, romano, ha
capito che era solo un cache-sex, uno
che non conta nulla – non lo fanno nemmeno parlare.
“Il”, “la”, l’articolo determinativo col
nome proprio, è uso tedesco – l’Adalgisa, il Carlo Emilio. È un prestito?
Quanto tedesco c’è nella parlata lombarda?
Alla fine il Tribunale di Milano ha
preso coraggio e ha dato dei ricattatori alla Procura. Dopo quarant’anni di
cieca e passiva obbedienza – la “terzietà” dei giudici milanesi. È stato in occasione
del giudizio sull’affare Eni-Nigeria, che la Procura, sentendosi sconfitta, ha
tentato di sabotare allegando “interferenze delle difese di Eni nei confronti
di magistrati milanesi con riferimento al processo”. Un ricatto. Come è nella prassi
di una Procura che ha sempre protetto gli affari sporchi. Purché opera di persone
e partiti importanti.
Volendo sociologizzare, si può dire la
Procura di Milano l’artefice della scomparsa dell’Italia, per salvare gli interessi
di amici, compagni e conoscenti. Con le sue inchieste balorde dai tempi di
Borrelli e Di Pietro, liberi poi di andare a rubare per sé: in quarant’anni ha
fatto di Milano una città molto più ricca, e dell’Italia, quarta o quinta
potenza economica modiale, un paese piccolo piccolo. “Noi non abbiamo credibilità
come capacità d’investire”, come dice Draghi, non abbiamo credibilità, “l’abbiamo
persa tantissimi anni fa”.
leuzzi@antiit.eu
T.S.Eliot non è Shakespeare – aveva talento
“La «Terra desolata»”, il poema di T.S
.Eliot, “fluttua e ondeggia con le memorie dei passati maestri tra i quali
quella di Shakespeare è la presenza dominante”.
Si sa, si dice. Questo saggio ne traccia gli echi. E ne trova molti, nei
433 versi del poema, in forma di “riferimenti, frasi o versi”: da “La
tempesta”, “Amleto”, “Re Lear”, “Antonio e Cleopatra”, “Il mercante di
Venezia”, “Cimbelino” e “Coriolano”. Ma come citazioni, non imitazioni. In
linea con la sua poetica, quella di Eliot, del saggio “Tradition and the
Individual Talent”, che la poesia radica nella tradizione, da tenere viva e
ravvivare. Per cui egli stesso procede a “prestiti su scala senza precedenti”:
“La sua poesia abbonda di allusioni, citazioni, reminiscenze letterarie che
sconcertano e confondono i lettori”. Molte “modificate o alterate”, il che ne
rende difficile il tracciamento. E non manca chi legge nel poema eliotiano echi
di Shakespeare ovunque, “a parte gli adattamenti diretti”. Echi “insieme
verbali e ideologici”.
Purwarno li ripercorre, confrontando
Shakespeare e Eliot. E non ci trova granché – a parte il gusto che si sarebbe
detto postmoderno, sessanta o settant’anni dopo, della citazione. Giusto pochi
elementi. Il “niente” e “gli occhi come perle” della “Tempesta”. La “morte in
acqua” di Ofelia. La “buonanotte” ripetuta di “Amleto”. E “il trono brunito” di
“Antonio e Cleopatra”.
C’è altro per la verità. Ma di analogo tenore,
ininfluente, nemmeno molto significativo – se non forse per il “silenzio” e “gli
occhi come perle”: “Non si può dire che Eliot è un imitatore degli scrittori
prima di lui, poiché i loro echi non hanno inciso negativamente sulla sua poesia
– Eliot non era privo di talento”. Un esempio della nuova filologia che cancella
la vecchia: la riscoperta del mondo, semplice.
Purwarno, indonesiano, la rete dice
professore all’università islamica di Nord Sumatra, a Medan.
Purwarn o Purwarno, Echoes of Shakespeare in T.S.Eliot The Waste Land, free online
giovedì 8 aprile 2021
Ombre - 557
“I
miliardari nel mondo aumentano di un terzo” nel 2020, il Covid è stato una
benedizione per i ricchi. Seicentosessanta nuovi ingressi in un colpo solo, per
un totale ora di 2.755 superricchi – aumentano di un quarto in realtà, ma il
balzo è sempre record. Di che alimentare tutte le teorie del virus-complotto.
Maggiori
i benefici del virus per i ricchi in termini di soldi accumulati: più 5 mila
miliardi di dollari, per u totale di 13.100 miliardi, quasi il 40 per cento di
più, in un solo anno.
Un
fratello del giudice Grasso è stato arrestato a marzo per violenza sessuale,
aggravata per averla consumata nel suo studio di medico psichiatra. Ma non ne
abbiamo saputo nulla. Rinsavimento dei media? No, solo un omaggio al nome
Grasso. E alla comune appartenenza, di inquirenti, giudici, giornali e fratelli
Grasso, all’(ex) Pd.
Un
Olivier Niggli, naturalmente svizzero, dominus della Wada, l’agenzia antidoping
dell’atletica, prima dice che Donati, il coach
antidoping, non è mai stato consulente della Wada, poi dice che no, cioè che
sì. Poi dice che Alex Schwazer mai e poi mai gareggerà. Poi dirà di sì? Ancora
un sforzo!
Il
Niggli anti-Schwazer ha commesso una mezza dozzina di falsi – di rilievo penale
oltre che antisportivo. Accertati in tribunale. Sul prelievo, le analisi, la
conservazione delle urine di Schwazer, compresa la tentata consegna
di un’urina patacca ai Carabinieri. Ciononostante sta al
suo posto, e fa la legge, in un comparto delicato, il doping. Perché - la
massoneria non basta? I soldi cinesi sono molti? Schwazer, trionfatore a Pechino
nel 2008, era il campione da battere per i marciatori cinesi, su cui il regime ha
molto investito.
Smanettando
col telecomando capita d’imbattersi in Bologna-Inter. Il monitor segnale 0-1,
vince l’Inter come da pronostico. E una sola squadra si vede in campo. Veloce, in
attacco e in difesa, a ritmi rapidi, di prima, al centro, da
destra, da sinistra, un gioco da giocolieri. Non segna ma, si pensa, non può non stravincere,
si capisce che abbia già vinto il campionato. E invece, aumentando il sonoro, questa quadra si scopre il Bologna – le maglie scure sono il Bologna, l’Inter
gioca in maglia bianca. Poi l’Inter vincerà.
P-S.
Lo stesso è avvenuto ieri cliccando su Inter-Sassuolo, ma qui i colori
non si confondevano: l’Inter proprio non giocava – ha giocato un terzo degli avversari,
dice il report.
L’Italia
sorpassata dalla Corea del Sud in tutto:
nel pil, nel cinema, nel pop, nella sanità, oltre a qualche precedente infausto
perfino nel calcio. Un paese di 50 milioni di abitanti contro i 60 dell’Italia,
ancora in guerra negli anni 1950, e poi divisa e piena di sfollati affamati e
senza riparo, non si merita una notizia. Giusto un commento malinconico di
Rampini su un settimanale femminile. L’Italia era la quinta, e forse la quarta,
economia mondiale ancora quarant’ani fa, prima dell’assalto dei giudici ingordi
alla politica. È ora un paese che va di notte, quanto i nuovi politici, e i
vecchi giudici loro padri, dormono.
Dopo
la multa dei Carabinieri ai calciatori della Juventus Dybala, Arthr e McKnnie per
cena illegale, “la Repubblica” spiega come non funzionano le cose del club che sta
andando al fallimento. La “linea morbida” è stata tenuta “soprattutto per risparmiare
castighi a Ronaldo, che se n’è spesso infischiato delle regole”, con “insulti
all’allenatore, gestacci volgari ai tifosi avversari e varie violazioni" alle
norme Covid: “feste di compleanno in lockdown (a Madeira)”, violazioni della
quarantena, “insieme a un bel po’ di compagni”, “cenoni di Capodanno per non
pochissimi amici”, e “un romantico weekend fuori regione”. Come (non) funziona
il calcio.
“Io
so solo che se i miei genitori fossero stati residenti nel Lazio sarebbero
stati vaccinati”, e probabilmente salvati: il torinese Giorgio Airaudo, sindacalista
Cgil-metalmeccanici, dopo la morte di entrambi
i genitori, ulraottantenni e gravati di varie patologie, per Covid-19.La
verità è questa, il fallimento del Nord leghista.
Nella
pandemia si scommette. Online, poiché di persona non si può. Enormemente. I
guadagni eccezionali nel 2020, oltre mezzo miliardo, della padrona di Bet 365,
Denise Coates, che da tempo ha riqualificato la sua azienda nelle scommesse
online, o certifica. Un sistema mangiasoldi,
ma è sempre un modo della speranza.
Si
lanciano due bambine dal Messico negli Usa oltre il muro del Texas. Ben
fasciate, che non si facciano male. Nel punto meglio illuminato per le telecamere
di servizio: che le riprendano e ne facciano immagine virale. È chiaro che i contrabbandieri
di migranti speculano contro i tentativi americani di ridurre l’immigrazione
selvaggia. E ci riescono: i commenti sono unanimi sulla disgrazia del muro e sui
controlli all’immigrazione. L’Occidente è proprio stupido?
Il
cardinale Becciu, dileggiato e infangato in ogni pizzo, compresi i suoi due
vecchi fratelli al paese, come corrotto e ladro, è invece uno che il papa che
lo ha deposto onora della sua amicizia. In occasione della messa del Giovedì Santo
che va a celebrare nella cappella privata del cardinale, con tutti commossi.
Una forma di giustizia, o di ipocrisia?
Si
trova infine a Roma qualcuno disposto a ripulire il campo storico dell’As Roma
al quartiere Testaccio e farlo utilizzare da squadre dilettanti. Insorge il
Municipio 1 della capitale, uno dei due superstiti ad amministrazione Pd, per rivendicare
un diritto pubblico di prelazione – contro il Comune che ha dato l’appalto. Dopo
non aver fatto nulla per venti anni – il campo è infestato dalle ortiche: un
obbrobrio, per residenti e passanti – l’area è limitrofa alla movida giovanile
notturna.
La
giunta Rutelli, quindi venti anni fa, aveva rigovernato l’area, poi l’abbandono.
Il Pd è il partito dei nuovi nostalgici. Con un problema: non ha perso la
guerra.
New York brilla del niente
Racconto di formazione a
Manhattan. L’aspirante scrittore lavora alla correzione di bozze dell’Importante
Rivista che sapete (“New Yorker”? “Esquire”?), al controllo dei “fatti”, è
stato lasciato dalla moglie pescata nel Kansas, o nel Nebraska, golosa di approdare
a New York, dopodiché se ne è andata, e frequenta amici che vivono di notte e
ragazze senza appeal: un mondo unito
e verniciato dalla cocaina. Ma gli affetti e i lavori veri stanno all’orizzonte.
Un racconto del niente, che
richiama Guido da Verona, Pitigrilli. Con molte parole, troppe, per una decina
di bevute e di “tiri”, con il lavoro redazionale nelle pause. Tra l’amore andato
a male e uno, chissà, ma sì, insorgente. Senza drammi, senza nemmeno effetti
speciali - una ragazza bella o intelligente, un cattivo brutto, una seduzione,
uno sballo. Ma racconto gradevole – in italiano perlomeno: la traduzione, di
Marisa Caramella, è allegra e leggera.
È il “romanzo” con cui “McIverney
quando aveva ventinove anni è diventato in breve uno dei più acclamati best-seller
d’America”, recita la quarta di copertina
Jay McIverney, Le mille luci di New York, Bompiani, pp.
157 € 10
mercoledì 7 aprile 2021
Problemi di base pestiferi - 629
spock
“Come può un ente senza fede come me dare
un senso a questo anno di pandemia?” – John Harris?
Edipo: “La peste sono io!” – Sofocle?
La natura è difettosa, la peste è un dei
suoi modi di essere, accidentali - Lucrezio?
La peste è “un destino”, d’incolpevole
colpevolezza - Heidegger?
Se la peste è un destino, che senso ha l’essere
- K. Jaspers?
La peste è la vendetta degli dei, è il
castigo, ed è anche l’espiazione della colpa – Omero, “Iliade”?
La peste è l’evento degli eventi, quello
che tutti riassume, dell’universo che “non ha ragione” di non “crollare sopraffatto”,
“con orrendo fragore” – Lucrezio?
“Da dove gli esseri hanno l’origine, ivi
hanno anche la distruzione, secondo necessità: poiché essi pagano l’uno all’altro
la pena e l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo”, Anassimandro?
spock@antiit.eu
Se il colpo di Stato è virale
Un articolo gonfiato a libro. Per
dire in trecento e passa pagine che i vaccini sono “acqua sporca”. E che il
Covid è la Covid, una cospirazione - il solito complotto ebraico, delle “lobby
economiche e farmaceutiche che sono tutte in mano loro” (“vogliamo dire chi
comanda nel mondo? Comandano gli ebrei!”). E giù “una strategia del terrore”.
Uno penserebbe “strage di Stato”
le inefficienze dell’Italia, del sistema sanitario lasciato a marcire per fare
spazio all’arricchitevi dei medici. Ma Bacco, esponente di primo piano di
CasaPound al suo paese, a Salerno, è medico, nutrizionista. Giorgianni, giudice di Corte d’Appello
a Messina, prossimo alla pensione, anima con la sua associazione Eretico da
alcuni mesi una serie di esposti e denunce in tutte le sedi, nazionali – è
stato anche in Parlamento – e europee, conto i Dcpm e contro i lockdown in generale. Nei quali vede un complotto. “Non
siamo negazionisti”, si difende, al contrario: “Questa pandemia serviva per
realizzare un colpo di Stato globale”, di cui fanno parte anche i morti. Per
deprivare e asservire i più. Contro i piccoli imprenditori, cioè, contro la stabilità della società. Colpo di Stato la
pandemia, colpo di Stato i Dcpm, colpo di Stato i vaccini. Personalmente, dice
il giudice, non sono no-vax, ma non mi vaccino.
Nessuna meraviglia, il giudice
Giorgianni e il dottor Bacco non sono soli. Non fosse per la prefazione
simpatetica di Nicola Gratteri, giudice di fede Pd - doveva essere ministro della
Giustizia nel governo Renzi, non lo volle Napolitano. Tra destra e sinistra non
c’è più religione?
Una prefazione breve – un atto di
amicizia con Giorgianni? – quella di Gratteri, due cartelle centrate su quello che da tempo si sa, sulle truffe nei dispositivi antivirus e sul riciclaggio mediante acquisti a mano bassa nei fallimenti a catena, ma quanto basta per essere richiamato in copertina quasi
co-autore, e compiacente. È di questo che si discute, della prefazione diffusa
dal “Foglio”. È su di essa che si basano le polemiche, il libro è praticamente
introvabile in libreria, ha distribuzione incerta.
Pasquale Bacco-Angelo Giorgianni, Strage di Stato. Le verità nascoste della Covid-19 , Lemma Press, pp. 368 € 20
martedì 6 aprile 2021
Per Juventus F.C. lo spettro dell'amministrazione controllata
Il
Napoli, la squadra di calcio, decide domani il destino della società per azioni
Juventus, se va in amministrazione controllata. La cosa non si dice, un po’ per
scaramanzia, un po’ perché meta buona dei giornali fa capo al padrone del club,
la finanziaria Exor della Famiglia Agnelli, ma è nei fatti.
Il
Napoli si è portato a pari punti con la Juventus nel campionato, e nello scontro
diretto domani potrebbe superarla. A quel punto i pretendenti al terzo e quarto
posto di Champions League (considerando l’Inter sicura e il Milan quasi sicuro)
diventano cinque, e fra le cinque la Juventus è in manifesta crisi tecnica. In caso di sconfitta improcrastinabile, ma con poco margine per un raddrizzamento della
situazione sportiva. L’esclusione dalla Champions League diventerebbe
possibile, e alle condizioni attuali scontata.
Il
primo scricchiolio della situazione patrimoniale è la richiesta di posponimento
delle mensilità restanti della stagione 2020-2021 alla gestione successiva, a partire
dall’1 luglio. Ma l’esclusione dalla Champions League ridurrebbe considerevolmente
il budget dell’anno prossimo, fra premi di partecipazione Champions, sponsorizzazioni e merchandising, e imporrebbe vendite a tutti i costi del parco
calciatori, il che potrebbe comportate minusvalenze - il torneo alternativo, Europa League, costa uguale, in energie e ingaggi, e rende un decimo, anche meno. Il monte ingaggi è
elevatissimo, sui 250 milioni. Il debito pure, sui 400 milioni. Mentre un
aumento di capitale, dopo quello monstre
di 190 milioni un anno fa, è evidentemente improponibile - per quanto la Famiglia Agnelli possa essere affezionata al club.
Il club è quotato in Borsa e i bilanci devono rispondere a rigidi criteri contabili.
Letture - 454
letterautore
Affinità
elettive – Hanno origine chimica. Quelle originarie, di
Goethe, che le avrebbe desunte da un testo di chimica, dello svedese Torbern
Olog Bergman, “Dissertazione sulle affinità elettive, 1775. Che Goethe fece in
tempo a leggere, almeno in copertina, poiché il suo romanzo è del 1809.
Gian Luigi Beccaria, “I «mestieri» di Primo Levi, la
registra come un’ipotesi, wikipedia la dà per scontata – “il titolo deriva
dalle affinità chimiche, proprietà degli elementi chimici”, di legarsi con
alcune sostanze e non con tutte.
Americanismo
– È europeo, secondo Heidegger (“Sentieri
interrotti”, 100, in nota a “L’epoca dell’immagine del mondo”): “L’americanismo
è qualcosa di europeo. È una varietà, tuttora incompresa, del gigantesco”.
Bugiardino
– Nome irresistibile, in quanto veritiero, anche se non
dovrebbe – un medicinale si intende sano e terapeutico, e non “provocare la
morte”, seppure in “casi rari”. Il Grande Dizionario della Lingua Italiana, GDLI, di Salvatore
Battaglia (e poi si Giorgio Barberi Squarotti), il dizionario storico, che di
ogni parola rintracci l’origine, il primo uso, non lo registra. La Treccani
neppure – compreso il Dizionario della lingua italiana in quattro volumi (è
stato introdotto nel dizionario Treccani online). Come se ne vergognassero.
La Crusca accusa e insieme giustifica la parola. Che
opina sia derivato dal termine ironico in uso nel senese per le locandine dei
giornali – quando i giornali si propagandavano davanti all’edicola con una locandina
a caratteri cubitali: “il bugiardo”.
Catcalling
– Si chiamava pappagallismo, il vezzo degli uomini per strada di fare troppi insistiti complimenti alle donne, e anche di
importunarle, affiancandosi, proponendosi di accompagnarle, eccetera. È stato
il trademark italiano, dell’Italia primo
paese di turismo di massa negli anni 1950-1960. Con la “bella vita”. E anche,
si diceva, si auspicava, un’attrazione per molte donne single, in altre culture
anonime e inosservate. Ora che la pratica torna negli Usa, come “catcalling”,
con ampie pagine in tutti i giornali italiani, il precedente non si ricorda,
nemmeno per curiosità. Per esempio, per dire come un comportamento che all’epoca
si imputava al “ritardo” culturale dell’Italia ora ritorni nel mondo che impone
le “culture”. Viviamo, l’Italia vive, senza memoria – si direbbe malata di
alzheimer.
Céline
– “Con il senno di poi si può dire che, sebbene
sulla carta le intenzioni di Céline fossero meno virtuose di quelle di Zola,
c’è più moralità nel più atroce sfogo di Ferdinand Bardamu che nell’intero J’accuse” – Alessandro Piperno, che sul
“Corriere della sera” recupera oggi Philip Roth dal perbenismo americano, con
le ragioni dell’arte (“la letteratura è morale proprio perché mette in scacco
perbenismi e retorica”).
Dante
– Il TLIO, Tesoro della Lingua Italiana delle
Origini, opera in progress del Cnr, dizionario online e “dinamico” (rivedibile
e aumentabile “in continuo”), che sta completando la registrazione di 960 testi,
di tute le componenti linguistiche italiane altre che il fiorentino e il toscano,
quindi siciliane, lombarde, veneziane e di parlate minori, fa per metà affidamento
sul vocabolario dantesco. Il TLIO registra “tutta la
documentazione disponibile a partire dal primo documento che si può dire
italiano (sia pure dubitativamente), cioè l’Indovinello
veronese dell’inizio del secolo IX, fino alla fine del Trecento (termine
simbolico, che però si oltrepassa liberamente, è il 1375, anno della morte di
Boccaccio)”.
Multimediale lo vuole papa Francesco nella lettera
del 25 marzo sulla “Divina Commedia”: “In lui possiamo quasi intravedere un precursore della nostra
cultura multimediale, in cui parole e immagini, simboli e suoni, poesia e danza
si fondono in un unico messaggio”.
Falso
vero – “Il diario di Julius Rodman”, il romanzo d’avventura
a puntate che Poe lasciò incompiuto, fu preso per buono dal Congresso Usa: un
estratto ne fu pubblicato sul “Congressional Record”, la gazzetta ufficiale del
Congresso, come di un evento accaduto. Come fosse il resoconto di una
spedizione reale sulle Montagne Rocciose precedente quella canonica di Lewis e
Clark – dai quali prende nome il continental
divide americano, il passo a circa
2000 metri di altezza nel Montana. Precedente cioè la spedizione del capitano
Merrywether Lewis e del sottotenente William Clark, a capo di una banda di
volontari militari e civili, denominati Corps of Discovery, che per tre anni,
da settembre 1803 a settembre 1806, esplorò e mappò per conto del presidente
Jefferson la metà dell’America acquisita dalla nuova Repubblica col Louisiana
Purchase, l’atto di acquisto della “Louisiana”, la metà degli Usa colonia della
Francia.
Gordon
Pym – Con “Storia di Arthur Gordon Pym” E.A.Poe avvia nel
1838 ben due generi: l’avventura (Stevenson, Verne, Salgari…) e la se storie di
mare (Melville, Conrad) – Melville riconobbe il debito.
Poe
– Fu filosofo, oltre che narratore emerito, dei 73 racconti.
Fu famoso come critico letterario. Scrisse versi. E scrisse molto di estetica:
“Filosofia dell’arredamento”, “La filosofia della composizione”, “Il principio
poetico”, “La razionalità del verso”. Si occupò anche, ne scrisse, di
malacologia – dei molluschi. E provò col teatro, con un soggetto italiano,
“Poliziano”, incompiuto,
Rima
– Per Dante, secondo libro del “De vulgari
Eloquentia”, ha valore anche teoretico-filosofico.
È naturale, spiega Primo Levi a Tullio Regge, viene
con le tavole stesse di Mendeleev: “L’espressione è paradossale, ma la rima c’è
proprio. Nella forma grafica più consueta della tavola del sistema periodico,
ogni riga termina con la stessa «sillaba», che è sempre composta da un alogeno più un gas raro: fluoro + neon,
cloro + argon, e così via”.
Scrivere – È l’arte dell’imprecisione – privilegio dello scrittore è di non essere
preciso, a differenza dei chimico, dell’ingegnere, del matematico. Lo scrittore
dei due mestieri, Primo Levi, lo spiega al suo Faussone, l’operario narratore della
“Chiave a stella”: “Uno dei grandi privilegi di chi scrive è proprio quello di
tenersi sull’impreciso e sul vago, di dire e non dire, di inventare a man
salva, fuori d ogni regola di prudenza”.
letterautore@antiit.eu
l'Italia unita nella morsa, tra Sud e debito
Si
parte dal Mille: l’Europa è depressa, in senso assoluto e in rapporto ai vicini
bizantini e arabi. E con l’Europa, sottinteso, è depressa l’Italia, la
penisola, sotto le Alpi. E qui forse meritava dire che la parte dell’Italia che
era araba e bizantina se la passava meglio, se non bene. Questa parte non era
poca, era la Sicilia e la Calabria. Anche i longobardi del Sud, il ducato di Benevento,
il principato di Salerno, erano vicini
ben governati, abbastanza. Ma la “Storia “ non ne fa cenno. Dopo un promettente
avvio: Nord e Sud
nascono nel Basso Medioevo. Con i Normanni, cioè col baronato, e con i loro
successori, Svevi e Angioini. Poi più nulla, il Sud scompare, è una storia del Centro-Nord Italia – il Centro peraltro limitato a
Firenze.
L’arricchimento
del Nord avvenne grazie alle città e nelle città. Che da borghi per secoli abbandonati, quasi sempre
tenuti in vita da una curia vescovile (o da un convento: il ruolo della chiesa
nell’economia e nella democrazia, già accertato per summa da Alessandro Passerin d’Entrèves e Hannah Arendt tra i
tanti, in Italia resta da riscoprire) diventarono centri urbani da 50 e 100
mila anime. Dove la rendita urbana, gli scambi, l’artigianato, cioè la
produttività, fecero da rapido moltiplicatore. Dal Trecento e fino a tutto il
Cinquecento il Nord Italia fu l’area più ricca, o tra le più ricche, dell’Europa,
cioè del “mondo”. Il fiorino (Firenze) e il ducato (Venezia) erano i dollari di
quei secoli, universalmente accettati.
Non una ricerca, una esposizione dei fatti
noti – un rimemorazione dei fatti. Una storia semplice, e istruttiva, molto.
Per esempio nella spiegazione della “questione meridionale”, nata e
accumulatasi per quasi un millennio: un millennio di un Nord industrioso e
banchiere e di un Sud che sopravvive con la rendita agricola, dei padroni.
Alcune verità ripescando cadute nell’incultura generale – nella perdita della
storia, e anche della storia economica: “La rendita fondiaria e i profitti
dell’attività manifatturiera e mercantile furono le fonti principali
dell’accumulazione del capitale”. Furono e sono - la rendita fondiaria, cioè l’urbanizzazione,
il grande motore del capitale.
Un’opera costruita nell’ottica del divario
Nord-Sud – perché la questione meridionale è, era vent’anni fa, il problema
centrale dell’economia. Che il Sud però dimentica subito dopo, alla seconda
pagina. Uno dei due nodi creati dalla unità - il primo essendo il debito, che ogni paio di anni stringe il cappio.
Un’opera a più mani? L’edizione in libro
non lo spiega, limitandosi a elencare una ventina di “contributi” di economisti
e storici, Diaz, de Rosa, De Cecco, Vera Zamagni et al.. È la serie di
lezioni sulla storia economica volute da Gianni Locatelli al “Sole-24 Ore”,
nell’inserto domenicale, per sei anni, dal gennaio 1989 al settembre 1994. Che
a un certo punto dice: “Poi, come ricorda Carlo M. Cipolla…”.
Una storia scorrevole. Nella prima parte.
Con verità anche facili, ma inedite in Italia. L’attività dell’uomo dipende
dalle fonti di energia – le braccia, il bue, il cavallo, la ruota, il mulino…
L’Europa fu depressa a lungo dopo le invasioni e ancora attorno al Mille, in
senso assoluto e in rapporto “alle più evolute società confinanti, la bizantina
e l’araba”. Il boom dopo la peste 1348-1351, che decimò la popolazione, 25
milioni di morti su 80 in Europa: dall’eccesso di manodopera ai salari alti e
con redistribuzione del reddito e rilancio della domanda. Il fiorino e il
ducato ovunque accettati e anzi privilegiati, e il fallimento, tra il 1341 e
il 1347, di tutte le banche fiorentine, che facevano il mercato, anche in Nord
Europa.
La
seconda parte, postunitaria, è irta. Centrata sull’altro problema, in
aggiunta al Sud, anch’esso grave e insoluto dell’Italia: la questione
monetaria. La quale si riproduce inalterata ogni pochi anni dal 1866, qando si
manifestò la prima volta, col finanziamento della guerra all’Austria e il corso
forzoso – qui sembra di reperire il furore e il disincanto di De Cecco, profeta
tanto realistico quanto inascoltato: una stretta alla cinghia, un’altra, nel
nome della compatibilità, del patto di stabilità, delle “riforme”, e più tasse,
indirette se dirette sembrano ingiuste, ancora mezzo punto, ancora un punto,
fino alla prossima crisi. I capitali esteri affluiscono volentieri in Italia,
che li paga con generosità e in tutta sicurezza, salvo ritrarsi ai primi venti
di crisi, dall’Italia come dalle altre “economie periferiche”, obbligando a
nuove tasse e nuovi tagli, bilanci di sacrificio (“attivi di bilancio”), senza
più investimenti, nemmeno i più necessari. Moltiplicando il costo del debito….
- il differenziale (il “ritiro” fa parte del “gioco”: accrescere i rendimenti -
ma questo è un altro tema, dei mercati finanziari da due secoli in qua, dell’Europa
post-1789, e quindi dell’Occidente e del “mondo”).
La storia è centrata su questi due grandi
blocchi: l’Italia post-Mille, il grande prolungato boom fino alla crisi a
Seicento inoltrato, e l’economia postunitaria nel mezzo secolo fino alla Grande
Guerra. Il fascismo e la Repubblica prendono du brevi capitoli finali – si
arriva alla caduta del muro di Berlino ma giusto per dirlo.
Carlo M. Cipolla, Storia facile dell’economia italiana dal Medioevo a oggi, Oscar,
pp. 201 € 13
L’arricchimento del Nord avvenne grazie alle città e nelle città. Che da borghi per secoli abbandonati, quasi sempre tenuti in vita da una curia vescovile (o da un convento: il ruolo della chiesa nell’economia e nella democrazia, già accertato per summa da Alessandro Passerin d’Entrèves e Hannah Arendt tra i tanti, in Italia resta da riscoprire) diventarono centri urbani da 50 e 100 mila anime. Dove la rendita urbana, gli scambi, l’artigianato, cioè la produttività, fecero da rapido moltiplicatore. Dal Trecento e fino a tutto il Cinquecento il Nord Italia fu l’area più ricca, o tra le più ricche, dell’Europa, cioè del “mondo”. Il fiorino (Firenze) e il ducato (Venezia) erano i dollari di quei secoli, universalmente accettati.
Non una ricerca, una esposizione dei fatti noti – un rimemorazione dei fatti. Una storia semplice, e istruttiva, molto. Per esempio nella spiegazione della “questione meridionale”, nata e accumulatasi per quasi un millennio: un millennio di un Nord industrioso e banchiere e di un Sud che sopravvive con la rendita agricola, dei padroni. Alcune verità ripescando cadute nell’incultura generale – nella perdita della storia, e anche della storia economica: “La rendita fondiaria e i profitti dell’attività manifatturiera e mercantile furono le fonti principali dell’accumulazione del capitale”. Furono e sono - la rendita fondiaria, cioè l’urbanizzazione, il grande motore del capitale.
Un’opera costruita nell’ottica del divario Nord-Sud – perché la questione meridionale è, era vent’anni fa, il problema centrale dell’economia. Che il Sud però dimentica subito dopo, alla seconda pagina. Uno dei due nodi creati dalla unità - il primo essendo il debito, che ogni paio di anni stringe il cappio.
Un’opera a più mani? L’edizione in libro non lo spiega, limitandosi a elencare una ventina di “contributi” di economisti e storici, Diaz, de Rosa, De Cecco, Vera Zamagni et al.. È la serie di lezioni sulla storia economica volute da Gianni Locatelli al “Sole-24 Ore”, nell’inserto domenicale, per sei anni, dal gennaio 1989 al settembre 1994. Che a un certo punto dice: “Poi, come ricorda Carlo M. Cipolla…”.
Una storia scorrevole. Nella prima parte. Con verità anche facili, ma inedite in Italia. L’attività dell’uomo dipende dalle fonti di energia – le braccia, il bue, il cavallo, la ruota, il mulino… L’Europa fu depressa a lungo dopo le invasioni e ancora attorno al Mille, in senso assoluto e in rapporto “alle più evolute società confinanti, la bizantina e l’araba”. Il boom dopo la peste 1348-1351, che decimò la popolazione, 25 milioni di morti su 80 in Europa: dall’eccesso di manodopera ai salari alti e con redistribuzione del reddito e rilancio della domanda. Il fiorino e il ducato ovunque accettati e anzi privilegiati, e il fallimento, tra il 1341 e il 1347, di tutte le banche fiorentine, che facevano il mercato, anche in Nord Europa.
La seconda parte, postunitaria, è irta. Centrata sull’altro problema, in aggiunta al Sud, anch’esso grave e insoluto dell’Italia: la questione monetaria. La quale si riproduce inalterata ogni pochi anni dal 1866, qando si manifestò la prima volta, col finanziamento della guerra all’Austria e il corso forzoso – qui sembra di reperire il furore e il disincanto di De Cecco, profeta tanto realistico quanto inascoltato: una stretta alla cinghia, un’altra, nel nome della compatibilità, del patto di stabilità, delle “riforme”, e più tasse, indirette se dirette sembrano ingiuste, ancora mezzo punto, ancora un punto, fino alla prossima crisi. I capitali esteri affluiscono volentieri in Italia, che li paga con generosità e in tutta sicurezza, salvo ritrarsi ai primi venti di crisi, dall’Italia come dalle altre “economie periferiche”, obbligando a nuove tasse e nuovi tagli, bilanci di sacrificio (“attivi di bilancio”), senza più investimenti, nemmeno i più necessari. Moltiplicando il costo del debito…. - il differenziale (il “ritiro” fa parte del “gioco”: accrescere i rendimenti - ma questo è un altro tema, dei mercati finanziari da due secoli in qua, dell’Europa post-1789, e quindi dell’Occidente e del “mondo”).
La storia è centrata su questi due grandi blocchi: l’Italia post-Mille, il grande prolungato boom fino alla crisi a Seicento inoltrato, e l’economia postunitaria nel mezzo secolo fino alla Grande Guerra. Il fascismo e la Repubblica prendono du brevi capitoli finali – si arriva alla caduta del muro di Berlino ma giusto per dirlo.
Carlo M. Cipolla, Storia facile dell’economia italiana dal Medioevo a oggi, Oscar, pp. 201 € 13
lunedì 5 aprile 2021
Secondi pensieri - 446
zeulig
Democrazia - Nella forma parlamentare
nasce ecclesiastica. Come dagli studi di Alessandro Passerin d’Entrèves – assunti
poi da Hannah Arendt. Dapprima come forma di sopravvivenza nella barbarie,
secondo documenta Carlo M. Cipolla nella “Storia facile dell’economia italiana
dal Medioevo a oggi”. Le città nell’alto Medioevo, cioè i conglomerati
“civili”, dotati di leggi, convenzioni, senso comunitario, spazi anche fisici
di dibattito, erano spopolate e in rovina, “quando non erano scomparse del
tutto”: sopravvivevano “principalmente come centri delle amministrazioni
vescovili”. Su questa base rifioriranno attorno al Mille, ricominciando a “pulsare
di nuova, frenetica, energia vitale”, che porterà alla manifattura, all’esportazione,
e alla rendita urbana, i grandi motori dell’accumulazione del capitale, della ricchezza.
Gigantesco – È il segno
del contemporaneo secondo Heidegger, in nota a “L’epoca dell’immagine
dell’uomo” (in “Sentieri interrotti”, 100): “Dunque, nelle forme e nei travestimenti
più diversi, si fa strada il gigantesco. Ciò avviene anche nella direzione del
sempre più piccolo. Basta pensare ai numeri della fisica atomica”.
Nel mondo dell’infinitamente piccolo e della velocità ultrasonica,
che sembra cioè volere “annullare” quantità, tempo e spazio, tutto questo può
avvenire solo per un gigantismo “illimitato”. Cioè per l’avvento della
quantità. “Il gigantesco avanza in una forma che sembra voler dissolverlo”,
continua Heidegger: “con l’annullamento delle grandi distanze per mezzo dell’aeroplano,
con la rappresentazione… di modi lontani nella loro quotidianità” - attraverso
la radio, spiegava, quindi a maggior ragione con la tv e la rete: Non è un
“vuoto indefinitamente esteso del quantitativo puro”, non è “ingrandimento” o
“sorpasso” – non roba da barone di
Münchhausen, si direbbe: “Il gigantesco è ciò attraverso cui il quantitativo si costituisce in una sua propria qualità” –
“un modo eminente del grande”. Pianificazione, calcolo, organizzazione,
assicurazione portano “il quantitativo a capovolgersi in una sua propria
qualità”, e “il gigantesco, e ciò che all’apparenza è sempre interamente calcolabile,
si trasformano, proprio perché tali, nell’incalcolabile”.
Materia – È multiforme e
mobile, nell’apparente immobilità-eternità. Lo scrittore Primo Levi può dirla
di “passività sorniona, vecchia come il Tutto e portentosamente ricca d’inganni,
solenne e sottile come la Sfinge”. O anche: “La materia è viva: madre e nemica,
neghittosa e alleata, stupida, inerte, pericolosa a volte, ma viva”. Un incubus
a volte, aggresivo, comunque pauroso. O idillico. Inerte per lo più, ripiegata
in se stessa. Anch’essa alla ricerca dell’origine
della vita, benché a sua insaputa, benché in tanta alluvionale inerzia.
Ma quanto è regolare, regolabile, o caotica, essendo irregolare, cioè
casuale? Solo in parte prevedibile e calcolabile, ma al fondo no - comunque sempre
con al riserva dell’imprevedibile? Il principio darwnistico dà alla materia una
ratio, ma dentro un paradigma, se la
vita cioè va dal meno al più, dal più semplice al più complesso, dall’abbozzo
al finito, dal grezzo al semplice o gentile, dall’inerte alla vita. Ma è dubbio
che l’universo, la materia, preferisca l’ordine al disordine, la purezza al
groviglio-miscuglio. È stupida o intelligente? Lo stesso scrittore, Primo Levi,
rileva: Sono molti i minerali i cui nomi contengono ardici che significano
«inganno, frode, abbagliamento»”.
Metafisica – È
irragionevole? Oltre la natura, contro la natura è insensato e senza fondamento:
la ricerca dell’altro dalla natura non può non essere “natura le”. Cioè
imprevedibile, insensata.
È un tentativo di sfuggire all’irragionevolezza. Per mano dell’uomo,
e cioè di un essere naturale. Oppure l’uomo non è naturale, non del tutto, e
questo è il busillis Darwin.
Natura – Si oppone alla
razionalità nel senso corrente. Della razionalità come dell’opposto al naturale
– passionale, inconsiderato. Ma la razionalità è ben animale – e pare anche
vegetale – e quindi naturale.
È stata fondamento e causa della religione, come e più della
metafisica. Di una fede in qualcosa che la sovrasta, le dà un senso.
Teleologico (unde Malum?), se non
razionale – razionale è l’orrore lucreziano
della natura.
Al colpo d’occhio storico, se ne può argomentare il relativo, oggi, da
qualche decennio ammaestramento – come usava un tempo dei domatori con gli
animali selvaggi in gabbia. Anzi l’assunzione della natura a metro principe di
ogni bene o assetto. Ma in evidente solco affaristico, industriale,
commerciale, politico, dell’ecobusiness.
Nichilismo – Non è la
miscredenza, spiega Heidegger (“La sentenza di Nietzsche: «Dio è morto»”), ma
la dissoluzione del sovrasensibile platonico – di origine platonica - che ha pervaso la filosofia “occidentale”. Una
costante dell’Occidente, non in termini di “tramonto” ma di logica interna. Ma
è un pessimismo della forza, critico, attivo, non il “pessimismo della
debolezza” – è l’“ideale di vita potenziato al massimo” di Nietzsche (“Volontà
di potenza”, Af.14, anno 1887).
Religione – Ma è il fondamento
– è della stessa natura – della metafisica: legare insieme ciò che nella natura
non è.
E come è possibile, l’uomo è pur sempre naturale, seppure dop, doc, docg,
igp, anzi perché dop, doc eccetera? Se la natura è male, anche la riflessione
sulla Natura è Male. O la riflessione non è naturale? Ne va di Darwin.
Ma, poi, tutto nella natura è animato
. Documentato in tutte le forme di vita
animale. Ora anche in quelle vegetali, ogni spora o filamento fa scelte. E probabilmente
anche nei minerali.
È il passaggio dalla fatalità oscura alla coscienza. Che è anche l’introiezione
del Male, con la Colpa – “la peste sono io!”, dirà Edipo.
Ma l’uomo non vuole\può recidere il legame con la natura, l’oscura
fatalità: prova a esorcizzarla. L’uomo vuole
andare oltre, questa è la differenza, rendersi autonomo dalla natura, più
razionale che naturale: trasumanare piuttosto che adattarsi. Nel senso che al
termine dantesco dà l’esegesi del papa santo Giovanni Paolo II: “Trasumanare. Fu questo lo sforzo supremo di Dante: fare in
modo che il peso dell’umano non distruggesse il divino che è in noi, né la
grandezza del divino annullasse il valore dell’umano. Per questo il Poeta lesse
giustamente la propria vicenda personale e quella dell’intera umanità in chiave
teologica”
Salvezza è la parola chiave: si concepisce
il fatto religioso andando alla ricerca della salvezza. Di una salvezza. Da
chi? Da quale minaccia, dalla condizione
umana?
Valore – Non una qualità
ma un punto di vista. Un eRSATZ, un sostituto della verità.
Heidegger lo rileva ricorrente dell’Ottocento, e ne trova il
coronamento in Nietzsche, con la trasmutazione e tutto, una metafisica in
realtà dei valori (“La sentenza di Nietzsche: «Dio è morto»”).
zeulig@antiit.eu
Se la sanità è una mafia
Due
milioni e mezzo di vaccini sono stati dirottati dalle regioni a parenti, amici
e sostenitori, calcola “la Repubblica” il giorno di Pasqua. Settecentomila a
“personale sanitario” non più in attività, e 1,7 milioni di dosi sotto la voce
“Altro”, che comprende parenti, sostenitori e distinti. Cinque milioni
di voti, contandone due per ogni beneficiato – anche dieci, contando tre
familiari per ogni vaccinato di favore.
Questo
in aggiunta ai disservizi notori, in Lombardia e in Toscana. Di destra quindi
e di sinistra. I residenti di Monza mandati al Corvetto, e viceversa, quelli di
Pisa a Grosseto, e di Firenze a Carrara. Perché, anche qui, le app di prenotazione
sono state affidate a parenti e conoscenti. Per non dire dei tanti appalti
fumosi già sotto inchiesta in questa sorta di bengodi del malaffare che è diventata la pandemia.
La
sanità è un pozzo di san patrizio, del sottogoverno. In soldi (appalti, forniture),
opere e omissioni. È stato un errore smembrare il servizio sanitario nazionale
per favorire la sanità privata, e per affidarlo alle regioni: gli appetiti sono
diventati incontrollabili. E il voto di scambio, naturalmente non mafioso, in Lombardia
e in Toscana non ci sono mafie, è il delitto minore.
…
o l’atletica lo è
Un
Olivier Niggli, dominus della Wada, l’agenzia antidoping dell’atletica, prima
dice che Donati, il coach antidoping,
non è mai stato consulente della Wada, poi dice che no, cioè che sì. Poi dice
che Alex Schwazer mai e poi mai gareggerà. Poi dirà di sì? Ancora un sforzo.
Questo
Niggli anti-Schwazer ha commesso una mezza dozzina di falsi – di reati penali,
oltre che antisportivi. Accertati in tribunale. Sul prelievo, le analisi e la
conservazione delle urine del marciatore italiano, compresa la tentata consegna
di un’urina patacca ai Carabinieri andati a prelevarla – roba da vaudeville, non fosse avvenuta nella sede della Wada, che dovrebbe
essere l’eccellenza della correttezza, in Svizzera, il luogo della legalità. Ciononostante resta al suo posto, e fa la legge, sempre nel in comparto delicato del doping.
Siccome
è svizzero, Niggli è intoccabile. Ma perché può dire tanti falsi? La massoneria
non basta. I soldi cinesi sono molti – Schwazer, trionfatore a Pechino nel 2008,
era il campione da escludere per dare
una chance ai marciatori cinesi, su cui il regime puntava molto (aveva molto
speso)?
La filosofia social - professore barbuto nella rete
Si può sempre diventare
influencer anti-influencer, da professore barbuto a scuola della figlia quindicenne,
le vie della provvidenza sono infinite anche nei social vituperati. Con tanto
di followers – e di haters.
Una produzione light di Sky e Mediaset, del genere teen ager, ma piena di gusto. Una
commediola della vita “cellulare” degli adolescenti, comprnesiva di tutto quello
che si sa, l’aaddiction e la
riprovazione, nelle trame della rete, dei furbi social, ma non scontata, e non
bislacca. Di logiche in effetti sorprendenti, per quante riserve si posano nutrire,
non infondate, da professori di filosofia vedovi e con figlia, di pochi mezzi e
scontenti, del mondo, della scuola, dei ragazzi.
Fabio Volo, che regge tutto il
film, lascia il ruolo di brillante senza arte per una nuova ripartenza. Un
altro della fila orma lunga di nuovi Grandi Attori del cinema, maschi, con ,
con Favino, Germano, Marinelli, Rossi Stuart eccetera.
Michele Andreozzi, Genitori vs. influencer, Sky Cinema
domenica 4 aprile 2021
La Commedia dell’Incarnazione del desiderio e della libertà
“Il mistero dell’Incarnazione, che oggi celebriamo, è il vero
centro ispiratore e il nucleo essenziale di tutto il poema. In esso si realizza
quello che i Padri della Chiesa chiamavano «divinizzazione», l’admirabile
commercium, il prodigioso scambio per cui, mentre Dio entra nella nostra
storia facendosi carne, l’essere umano, con la sua carne, può entrare nella
realtà divina, simboleggiata dalla rosa dei beati”.
Il 25 marzo, data del commento di
papa Francesco alla “Divina Commedia”, è il giorno in cui per tradizione si
inizia il viaggio di Dante, ed era il Capodanno del calendario fiorentino, che
allora si contava ab Incarnatione –
dal mistero dell’Incarnazione di Cristo: “Il 25 marzo, infatti, a Firenze iniziava l’anno secondo il computo ab
Incarnatione. Tale data, vicina all’equinozio di primavera e nella
prospettiva pasquale, era associata sia alla creazione del mondo sia alla
redenzione operata da Cristo sulla croce, inizio della nuova creazione…Il mistero dell’Incarnazione, che oggi
celebriamo, è il vero centro ispiratore e il nucleo essenziale di tutto il
poema”.
L’Incarnazione “invita a contemplare il
disegno d’amore che è il cuore stesso e la fonte ispiratrice dell’opera più
celebre del Poeta, la Divina Commedia, nella cui ultima cantica
l’evento dell’Incarnazione viene ricordato da San Bernardo con questi celebri
versi: «Nel ventre tuo si raccese l’amore, / per lo cui caldo ne l’etterna pace
/ così è germinato questo fiore» (Par. XXXIII, 7-9)”.
Quello di Dante è un viaggio, argomenta il papa con cura filologica,
del desiderio nella libertà. Al termine del quale “l’umanità, nella sua concretezza, con i gesti e
le parole quotidiane, con la sua intelligenza e i suoi affetti, con il corpo e
le emozioni, è assunta in Dio”. Citando papa Paolo VI Montini: “«Poema della pace è la Divina Commedia:
lugubre canto della pace per sempre perduta è l’Inferno, dolce canto
della pace sperata è il Purgatorio, trionfale epinicio di pace
eternamente e pienamente posseduta è il Paradiso». In tale prospettiva,
proseguiva il Pontefice, la Commedia «è il poema del
miglioramento sociale nella conquista di una libertà, che è franchigia
dall’asservimento del male»”.
Il
papa argentino fa una lettura morale e teologica della “Divina Commedia”,
corredata del “Convivio”. Per una forte avocazione di Dante uomo, politico
integro, anche nela disgrazia, e poeta di forte fede. Sempre nell’alveo della
chiesa, e tanto più quando ne censura i peccati. Nel “Convivio” Dante ha
analizzato “il dinamismo del desiderio”. L’itinerario del poema è “il cammino
del desiderio”. Una ricerca universale: “Dante sa leggere in profondità il cuore umano e in tutti, anche
nelle figure più abiette e inquietanti, sa scorgere una scintilla di desiderio
per raggiungere una qualche felicità, una pienezza di vita”. Pur nelle
estreme difficoltà del lungo esilio, sa raccontarsi “il punto di partenza di ogni itinerario
esistenziale, il desiderio, insito nell’animo umano, e il punto di arrivo, la
felicità, data dalla visione dell’Amore che è Dio”. Un “ardito programma di
vita”, di cui Dante si fa “messaggero, profeta e testimone”. In “un cammino
che non è illusorio o utopico ma realistico e possibile”. Aricchito da una “presenza
femminile” costante – il poema è anche “un bel trattato di mariologia”.
Una lettura quale è d’uso da
qualche tempo, col rinnovamento della chiesa. Papa Francesco può premettere
alla sua valuatzione quella dei suoi immediati predecessori, papa Ratzinger
soprattutto, papa Woitiła e papa Montini, nonché Benedetto XV nel 1921, per il
sesto centenario – “raccogliendo gli spunti emersi nei precedenti pontificati,
particolarmente di Leone XII e san Pio X”. Di suo invitando infine “le comunità cristiane, soprattutto quelle
presenti nelle città che conservano le memorie dantesche, le istituzioni
accademiche, le associazioni e i movimenti culturali, a promuovere iniziative
volte alla conoscenza e alla diffusione del messaggio dantesco nella sua
pienezza”.
Le edizioni San Paolo corredano la
lettera del papa con un’introduzione del cardinale Ravasi, un commento
“poetico” di Daniele Mencarelli, uno letterario di Natascia Tonelli e uno
teologico di Giuliano Vigini.
Papa Francesco, Candor Lucis Aeternae, free online
Gruppo Editoriale San Paolo, pp.
112 € 2,90
Il papa argentino fa una lettura morale e teologica della “Divina Commedia”, corredata del “Convivio”. Per una forte avocazione di Dante uomo, politico integro, anche nela disgrazia, e poeta di forte fede. Sempre nell’alveo della chiesa, e tanto più quando ne censura i peccati. Nel “Convivio” Dante ha analizzato “il dinamismo del desiderio”. L’itinerario del poema è “il cammino del desiderio”. Una ricerca universale: “Dante sa leggere in profondità il cuore umano e in tutti, anche nelle figure più abiette e inquietanti, sa scorgere una scintilla di desiderio per raggiungere una qualche felicità, una pienezza di vita”. Pur nelle estreme difficoltà del lungo esilio, sa raccontarsi “il punto di partenza di ogni itinerario esistenziale, il desiderio, insito nell’animo umano, e il punto di arrivo, la felicità, data dalla visione dell’Amore che è Dio”. Un “ardito programma di vita”, di cui Dante si fa “messaggero, profeta e testimone”. In “un cammino che non è illusorio o utopico ma realistico e possibile”. Aricchito da una “presenza femminile” costante – il poema è anche “un bel trattato di mariologia”.
Papa Francesco, Candor Lucis Aeternae, free online
Gruppo Editoriale San Paolo, pp. 112 € 2,90