“Mps va male nei test europei”, è la peggiore negli
stress test patrimoniali delle banche condotti dalla Bce, “ma la Borsa
festeggia”. È la prima mossa di Orcel, che per questo dunque ha sostituito
Mustier? C’era dietro un accordo col governo?
Quella con Mps è una partita che, una volta aperta,
Unicredit non può abbandonare, quindi la decisione è stata già presa. È Mps la
migliore opzione di crescita di Unicredit? Sicuramente no.
Si accelera d’improvviso il salvataggio del Monte
dei Paschi, da concludere entro agosto. In tempo per il voto a Siena il 26 settembre.
Per favorire Enrico Letta, il candidato del Pd?
Più
inefficienti del solito i siti delle maggiori utilities. Che importunano gli utenti in continuazione, per
strapparseli. Ma non hanno approfittato della pandemia per offrire una migliore
immagine, se non un servizio migliore.
Si
può vedere in grande, analizzando le macrocifre del gettito fiscale, ma si può
riscontrare in proprio, per esempio nel 730, che tutte le operazioni (appalti,
contratti, lavori in economia) dove l’Iva non si paga o si recupera sono denunciati.
L’“economia grigia”, così estesa in Italia, è causata dall’Iva, così alta in
Italia sulle prestazioni, al 22 per cento.
La
Figc non iscrive il Chievo in serie B per insufficienti fidejussioni bancarie,
ma ha consentito all’Inter di giocare e vincere il campionato con un
indebitamento insostenibile, e senza pagare gli ingaggi ai calciatori.
Il Garante della Privacy
ce l’ha col governo. Di cui ha tentato di boicottare il passaporto vaccinale. Per
un precedente? Il presidente Stanzione, vecchio Dc, e la vice Cerrina Feroni,
rampante leghista fiorentina, volevano dal governo l’assunzione di cento nuovi
funzionari, per un’Autorità che non ha nulla da fare; un aumento del 25 per
cento per tutti gli impiegati; l’aumento a 240 mila euro dell’indennità annuale
per tutti i membri del consiglio direttivo - quanto il presidente della Repubblica,
senza gli obblighi di rappresentanza. In più volevano arrogarsi un parere
preventivo su tutte le leggi che in qualche modo hanno a che fare con la privacy – cioè su
tutte le leggi.
Le Autorità di settore, creazione
vent’anni fa di Romano Prodi per garantire il mercato (la “società aperta”) dagli
abusi, sono fra gli oneri più costosi e meno utili: non per la concorrenza, non
per il carovita. Sono una dozzina.
Uno
dei favolelli di Camilleri, più lieve del solito – un bambino “sente” il metallo,
quindi le monete cadute, perdute, abbandonate: una miniera sensoriale. Nel
ricorrente background fascista di provincia, di paese: camicie nere, podestà, federale,
salute al duce, tacchi, viltà. E scurrilità, una novità che potrebbe fare
filologia: il parlare coatto di oggi, maschile e femminile, “che cazzo”, “mi
sono rotto il cazzo”, “fanculo”, eccetera, era fascista, da Mussolini in giù –
c’era qualcosa che disturbava in Grillo.
Andrea
Camilleri, L’oro a Vigata, “la Repubblica”,
pp. 47 gratuito col quotidiano.
zeulig
Amore e odio – Una falsa ambivalenza, o
correlazione. L’amore può finire in odio ma non sono due opposti, di segno e di
pregnanza. Alcuni effetti esteriori ripetono in contrario quelli dell’altro, ma
non c’è equivalenza. Felicità (amore) e sofferenza (odio) non sono opposti
logici – dell’amore è il disamore, l’indifferenza. Né c’è un passaggio diretto
all’uno all’altro, se non dopo e attraverso eventi o collegamenti secondari a largo
spettro (la gelosia, il tradimento, la malattia, l’errore anche, le difficoltà materiali, le ambizioni…)
Assoluto – Si dice dell’amore quando ha
un solo ed unico oggetto ed esclude qualsiasi sostituibilità o cambiamento-mutamento.
Che però è l’opposto dell’amore. Che è individuale, singolare, ma non nel senso
dell’assolutezza, bensì in quello della comprensività. È un’apertura, che però se
assoluto si traduce in chiusura.
Assoluto si può intendere
nel senso di totale, eterno - con i limiti di spazio e di tempo in cui i due “assoluti”
incorrono mondanamente. Ma ad excludendum
comporta una contraddizione.
Erotismo – È naturale, fisico, fisiologico.
Anche nella semplice dilettazione, stimolazione mentale.
Si può
disincarnare nell’esperienza mistica, dell’amore di Dio? È discutibile.
Eticismo – C’è stata la morale
dappertutto, nella religione, nello Stato, nell’amore, e c’è ancora, ma debole –
il suo indebolimento è l’origine del pensiero debole, non l’esistenzialismo. Un
indebolimento che è quasi una mancanza: non c’è una dottrina dei fini, non più.
Per l’indebolimento della ragione kantiana, per la quale “l’uomo è soggetto a
leggi morali”., e così pure l’universo. Che invece non lo è – non sappiamo, ma
tutto dice che non lo è (non c’è teleologia apparente, e neppure indiziaria,
una qualsiasi ragione d’essere).
Europa – “Europa vuol dire Terra del
tramonto”, Paolo Rumiz, “È Oriente”: “Lo dice persino l’etimologia, l’accadico Erebu, che vuol dire «calar del sole»”.
Un lapsus. No, Europa è Belvedere. Terra del tramonto è Occidente. Ma è Europa
Occidente? Indubbiamente sì, l’Europa è un codino attaccato alla massiccia
Asia. Ma non è tramonto. Dorme ma si sveglia. Si può dire con altra
similitudine stomaco forte, poiché ha digerito e trasformato invasioni
colossali, di tedeschi, slavi, unni, mongoli, arabi, turchi, americani, e ora
si confronta con i mobilissimi cinesi. Un bollitore a fuoco lento. Un macinino culturale,
di filosofia, letterature, diavoli (vino, moneta, scienza.. ..)
L’eurotramonto Rumiz se lo fa spiegare da Vaclav Havel, il drammaturgo, ex
presidente della Cecoslovacchia, che non poté evitarne la dissoluzione:
“Questo è il luogo dove le identità si addensano, e non hanno alternativa fra la guerra e la coabitazione, fra
l’autodistruggersi e l’essere spazio unitario di spirito e di civiltà. L’Europa è
un arcipelago, con le diversità interrelate al punto che
l’assenza di una sola di esse provocherebbe un crollo globale”. E ancora:
“Uno stomaco capace di digerire popoli e culture, senza farne mai
un meticciato informe. C’è una storia catastrofista, che sempre si ripropone –
in Europa come altrove, la storia tende a una
fine. Ma in Europa solo in ambito germanico, della
Germania che non è riuscita a fare tedesca l’Europa.
Panopticon – Non si evocano Fourier né
Bentham a proposito della società di oggi, della sorveglianza pervasiva, dell’accumulo
di dati personali anche minimi, del controllo attraverso la videosorveglianza,
i cellulari, la navigazione online, i social, del social siamo bene il panopticon,
universale e pervasivo, di un società bene esposta, autoesposta. Ma un panopticon
mostruoso, in cui si esibiscono le viscere, i gangli, i cervelli, ancorché non
puteolenti, Un dentro fuori. Del vuoto dentro. Per una società “liquida”,
informe.
In un senso è un
mercato. Un’estensione del mercato: vendersi reciprocamente le personalità di
ognuno. Ma molteplici sono i sistemi di controllo, e si presentano necessari e
democratici, protettori (estensori) dell’individualità. Con regole che si propongono
e sono accettate come tali. Perfino della parola, con le forme di censura
inappellabile che si copre sotto la denominazione “politicamente corretto”.
Politicamente corretto – Reintroduce la
censura. L’età del politicamente corretto sarà di una (finta) modestia, effetto
di una forte prevaricazione: Di una censura letale, essendo la difesa
impossibile – la condanna è a priori, basta pronunciare l’accusa.
È un grimaldello.
Anche contro la decenza, virtù che ripete – pretendendo di riscoprirla,
resuscitarle - e di cui si fa scudo. Si pubblicano in America, in Francia, a
distanza di trent’anni, memorie di accuse a carico di questo o quel
personaggio, che avrebbe abusato dell’autore, in genere un’autrice, quando lei
era vergine e bella, anche se non più minorenne – in questo caso subentrerebbe
il diritto penale, di cui il politicamente corretto invece accurato si priva.
Memorie anche per conto, di un fratello, o sorella: molti sono che si rifanno
sulle pene di congiunti.
Si fanno su queste
pubblicazioni processi sui media, senza difesa
possibile E condanne a morte – benché figurative: cancellazioni.
Perché trent’anni,
una sorta di prescrizione? O è l’età di chi specula sul pc. O è un’età in cui
il trasgressore sotto accusa è generalmente
morto – il trasgressore sessuale è normalmente uno – è sempre un uomo – in età.
È uno dei casi di dittatura
delle minoranze. Che hanno ragione per il principio democratico. Ma quando lo
fissano (regolano, limitano) cancellano il dissenso, il motorino di avviamento
della democrazia.
Paul Valéry non
amava molto la democrazia, cioè la temeva (nei decenni tra le due guerre, i
decenni delle dittature, le temeva, ne intravedeva l’animo totalitario), ma
diffidava della democrazia. Per esempio per questo motivo: “Sono vicino a
concludere che la libertà politica è il mezzo più sicuro per rendere schiavi
gli uomini, giacché, dato che si suppone che queste costrizioni emanino dalla
volontà di tutti, non è possibile dire di no”.
Questa è oggi la
posizione politica dei repubblicani americani. Che fiancheggia il sofisma, ma è
il fondo anarchico del liberalismo, della dottrina della-e libertà.
Storia – Si penserebbe eterna, come meccanismo, e invece tende a una
fine – è teleologica, tende a un fine, ma anche a una fine: è catastrofista.
zeulig@antiit.eu
L’amore
è una proiezione. Un’immagine – come di ogni altra persona, che si tema, o si
ammiri, o semplicemente si conosca. Che, beninteso, “deve esistere ed essere
conosciuta prima di venire amata”, ma nell’amore no: l’amore “crea il proprio
oggetto come un’immagine assolutamente originale”. Ridetto: “Allo stesso titolo
a cui l’altro è «la mia rappresentazione», allo stesso titolo egli è «il mio amore»”.
Avviene
in amore come nella religione: “Il Dio che viene amato, proprio in virtù di ciò è diverso da come sarebbe se
tutte le altre proprietà a lui attribuite e costituenti il suo essere in sé
rimanessero identiche, e tuttavia egli non fosse amato”. Avviene anche con se
stessi: “Io stesso, in quanto amo, sono diverso da quello che ero prima”. Senza
superfetazioni: “Il collegamento, spinto fino all’unione, fra amore e morale è
tanto secondario e fragile quanto quello di religione e morale”.
Si
direbbe un’anticipazione del papa Francesco, dell’esortazione apostolica “Amoris
laetitia”. Del resto, san Francesco è in Simmel “natura erotica” – “non un’astrazione,
bensì natura”. Per “natura erotica” intendendosi un impulso che “si è
emancipato nel modo più completo dal fine della generazione”, dal rapporto
sessuale – “nella natura erotica l’amore è fine a se stesso: per esso non è
decisivo che serva alla riproduzione. Né che serva al piacere”.
Si
parla naturalmente dell’innamoramento. Amore è molte cose, nota cauto lo stesso
Simmel: di Dio, di patria, del prossimo, dell’amico, umanitario – e “oltre a
ciò si parla a buon diritto di amore per cose inanimate, non soltanto per ideali
o stili di vita, ma anche per paesaggi, oggetti d’uso e opere d’arte”.
Nulla
di eccezionale. Gli interlocutori di Simmel, che lamenta “la disattenzione
della filosofia per il problema erotico”, sono Schleiermacher e Schopenhauer, che non se
ne intendevano – anche loro non erano interessati. Il ragionamento è perfino pleonastico:
ogni cognizione o passione introduce una perturbazione nell’ordine delle cose. E
contestabile a prima lettura. Nella “natura erotica”, di un amore che non “serva
al piacere”: dipende dalla “natura” del piacere - san Francesco certamente
godeva, come del resto Dio amato. O nella sensualità: “La sensualità è in sé il
generale, e in quanto tale l’autentico opposto dell’amore”. Il “generale”, cioè
l’indifferente. Aperto a ogni possibile incontro. Simmel lo esemplifica in don
Giovanni. Che però non è un sensuale ma un loico – perfino in Da Ponte.
Georg
Simmel, Frammento postumo sull’amore,
Mimesis, pp. 47 € 3,90
Per la produzione di bitcoin la Cina emette tanta
CO2 quanto tutto il Portogallo per l’insieme delle sue attività, 57 milioni di
tonnellate l’anno.
Cina, India, Russia, Brasile non si sono impegnati
al G20 di Napoli a limitare l’aumento della temperatura a 1,50°, e a una data
certa per l’abbandono del carbone. È un fallimento? Il ministro Cingolani dice
di no: i quattro paesi hanno confermato gli accordi di Parigi. Cioè le buone
intenzioni – siamo ancora alla politica buonista del presidente Obama, per cui
basta l’intenzione.
Oggi è l’Overshoot Day, il giorno dello “sforamento”,
in cui il mondo va in rosso nei suoi assetti naturali. Si mangia il patrimonio,
si direbbe in termini economici - la rendita non bastando più, si consuma il
capitale. Per cinque mesi e più consumeremo beni naturali senza ricostituzione
degli stessi.
Non è una novità. Era così già nel 2019: già allora
a fine luglio la Terra entrava in rosso. Poi, col coronavirus e le parziali
chiusure, nel 2020 ha guadagnato quasi un mese, cadendo il 22 agosto.
Rileva il consumo di risorse naturali un Global
Footprint Network, un’associazione privata non profit. La cosa va avanti da
anni. Esattamente dal 1970 – nel 1970 l’Overshoot cadde l’1 gennaio (1971),
cioè non ci fu. Da quando l’ecologia diventò un’industria. Promossa dai maggiori
inquinatori in America, le Sette Sorelle del petrolio, i Big Three
dell’automobile, e le loro banche, Chase e First National City Bank (Citibank).
La
Calabria quale era e quale è – come se si fosse fermata a settant’anni fa. Il
denso volume è il reprint, voluto da Manfredi e Sergi nel 1994, curato
dall’Editoriale Bios a Cosenza, e non più purtroppo in circolazione, del numero
storico che la rivista fiorentina di Piero Calamandrei dedicò nel 1950 alla Calabria.
Una riedizione quindi tal quale – compreso l’errore di stampa in copertina, che
reca Gherard Rohlfs invece di Gerhard. Con saggi, a leggerli uno per uno, tutti
pensati, una cinquantina di contributi di nomi di primo piano, scrittori e
studiosi. Calabresi: Alvaro, Répaci, Perri, La Cava, Zappone tra gli scrittori,
Raffaele Corso, Umberto Bosco, Pietro Mancini, Fausto Gullo, Gaetano Cingari,
Giuseppe De Stefano. E non: gli scrittori Luigi Luisi, Giuseppe Berto, Renata
Viganò, George Gissing (presentato da Pietro De Logu), i grandi meridionalisti Zanotti
Bianco, Isnardi, Rossi Doria, studiosi di varie discipline, Rohlfs, Luigi
Firpo, Muscetta, Pugliese Carratelli, Gabriele Pepe et al. .
Celebre
l’incipit del primo intervento, “L’animo del calabrese”, di Corrado Alvaro: “La
Calabria, come non rappresenta un’unità linguistica, non rappresenta neppure un’unità
etnica”. Una Calabria tante Calabrie, anche nella morfologia del territorio. E
questo è tanto più vero oggi, facendo per esempio il raffronto tra l’alto
Cosentino attorno a Sibari, una plaga semidesertica paludosa che oggi è un
giardino, di primizie e di specialità, e la piana di Gioia Tauro, che era un
giardino di agrumeti e oliveti e oggi vive di debiti e caporalato.
Un
numero doppio che diventò quadruplo. C’era molto da dire. Che impressiona per
la sua “attualità”. Girando e rigirando il quadro è sempre quello – la frittata
è sempre quella: i problemi sono gli stessi, i ritardi e le difficoltà pure, e
soprattutto il punto di vista. Una regione, un mondo, che si connota sempre
come speciale, mentre è in tutto eguale al resto del mondo, Italia compresa. Ed
è questo probabilmente il suo limite. Testimoniato da qualche decennio dalla
rinuncia alla politica – che anche l’Italia ha fatto e fa, ma con altra furbizia.
Dalla rinuncia in sostanza a essere, a prendersi per i quattro capi e darsi una
regolata, come dice il toscano, una strigliata. Ci sono, molti, calabresi a
Roma, Milano e nel resto del mondo che se la cavano come gli altri, solo in
Calabria è – sarebbero – un problema. Non è un problema di cromosomi.
Il
nome beneaugurante – Calabria è abbondanza - che diventa un fardello. Già a
nominarla, sul piano linguistico. C’è qualcosa che non funziona in questa scarsa
(svogliata, stizzita, ignorante?) percezione di sé, distruttiva. La rivista
fiorentina non se la sentiva di dirlo, ma lo diceva indirettamente, chiudendo
la presentazione dello speciale con Carducci – che pure a Firenze non era amato:
“Quanta gloria e quanta bassezza\ e
quanto debito per l’avvenire”.
Gianfranco
Manfredi-Pantaleone Sergi (a cura di), Il
Ponte. La Calabria quale fu e qual è
Si è conclusa a giugno dopo quasi vent’anni la missione
militare italiana in Afghanistan. Avviata il 30 ottobre 2001, chiusa il 29
giugno – ma già l’8 giugno a Herat, sede operativa della base italiana, si era
svolto l’ammainabandiera.
L’Italia ha partecipato all’operazione americana “Enduring
Freedom” (invasione dell’Afghanistan quale santuario dell’organizzazione
terroristica Al Qaeda) dal 18 novembre 2001 al 3 dicembre 2006, con compiti di
sorveglianza del territorio liberato di Herat. Partecipando quindi alla
missione Isaf, International Security Assistance Force, per la sicurezza nell’area
della capitale Kabul, fino al 31 dicembre 2014. E successivamente al programma
Resolute Support Mission per la formazione delle forze di sicurezza afghane.
Inizialmente motivata dal contrasto all’organizzazione
terroristica Al Qaeda, la missione non ha trovato poi ragione d’essere in Afghanistan.
Il presidente Biden l’ha dichiarata fallita, chiudendo le operazioni - dopo i
primi passi verso il disimpegno militare di Trump, dall’Afghanistan come dall’Iraq,
la Siria e il Medio Oriente nel complesso: il Paese torna ai talebani, che sono quello che erano - hanno torturato e ucciso a freddo il giornalista indiano Siddiqi per dimostrarlo.
La spedizione italiana in Afghanistan ha coinvolto
50 mila militari complessivamente, uomini e donne. Ha avuto 53 vittime e 723
feriti. Con un costo finanziario di sette miliardi – 7.163.850.237
Salvini
ne ha vinta una, le Europee del maggio 2019, e le perde tutte. Il governo prima,
col Papeete e l’assurdo passaggio delle consegne al Pd, e poi Bologna, Firenze
e mezza Italia – prossimamente Roma, Torino, Milano. Ha creato problemi per i
candidati ovunque – per esempio anche a Roma, dove il voto era vinto in
partenza e invece Michetti non andrà al ballottaggio. Si direbbe senza flair politico. Se non peggio, vista la
non qualità delle scelte, oltre che per Roma, anche per Milano e altrove.
Capitalizza
sulla fedeltà, il leghista si direbbe trinariciuto. Ma ha perso l’onda. Ora perfino
sotto la concorrenza - non attiva, non ostile, per delusione - di Giorgia
Meloni.
Era
il Centro, il primo partito storico e il primo per consistenza, con ben il 34
per cento dei suffragi, ha provato a fare
la destra. Ma non sa come. Per il vaccino, contro? Per l’assistenzialismo,
contro – nessun rapporto con gli imprenditori? E non sa con chi: Trump? Putin?
Le Pen? Orbàn? Con l’Europa, contro? Le prova tutte, nessuna gli riesce. E non
ha, caso unico, più nessun legame internazionale.
Vuole porsi al centro della destra,
ma fa come se volesse invece isolare la destra. Con Le Pen in Francia, che il patto
repubblicano terrà sempre fuori dalle istituzioni, francesi ed europee. O
Orbàn, che invece è un furbo, e sta con i Popolari a Bruxelles, con i
democristiani. Condizionato forse da Berlusconi, dalla protervia dell’ex re mida
della destra di non consentire nessuno dopo di lui. Ma non è una buona ragione:
Berlusconi va preso per il suo verso, oppure sfidato, ma non opponendogli una
Le Pen.O allora prendere Orbàn per quello che è, un piccolo Berlusconi, un
(piccolo) opportunista.
Vinse
tutto quando aveva a consulente, o consigliere, Steve Bannon , uomo certamente
di destra ma accorto gestore elettorale – ha perfino fatto eleggere Trump. Con
lui è rimasto a mezza strada, tra Washington e Mosca, senza mai incontrare
Trump o Putin (ma dalle loro superstrutture, si direbbe a naso, da allora
sorvegliato speciale).
Una
cerimonia degli addii attualizzata, completa di figlia lesbica ma non del
tutto, della propria eutanasia cui la madre convita la famiglia, figlie,
genero, nipote, che sarà praticata dal padre medico, senza mozione degli
affetti se non sporadica, con molte discussioni del pro e del contro, se
conviene vivere e come e fino a quando. Rifacimento di un film danese, da cui
forse eredita il taglio ibseniano.
In
questa edizione si avvale di Susan Sarandon, la madre, e di una speciale Kate
Winslet, che s’imbruttisce per fare la figlia maggiore, che tutto sa e (non)
decide. Non bastano a farne un film epocale, com’era nelle intenzioni, ma un
ottimo documento sì – quali erano i “pensieri” prima del coronavirus. Più che
un caso umano questa mamma che vuole morire è una che ha sempre fatto quello che
ha voluto.
Roger
Michell, Blackbird, l’ultimo abbraccio,
Sky Cinema
spock
I genitori fanno i figli, i figli non
possono fare i genitori, che giustizia è?
I genitori danno ai figli anche il nome,
come agli schiavi?
Non solo non si possono scegliere i
genitori, ma bisogna convivere con loro obbligatoriamente, è proprio una
schiavitù?
E senza affrancamento possibile?
Basta ora anche un solo genitore per fare
i figli, in proprio o in affitto?
Ma i figli non possono fare un genitore –
nemmeno in affitto?
Ci vorrà una guerra civile familiare, mondiale?
spock@antiit.eu
Simone Biles, la ginnasta che oggi ha dichiarato
forfait a Tokyo, è celebrata in America come la più grande atleta di tutti i
tempi. Si è distinta presentando numeri di tale difficoltà che anche finire fuori quadrato non
ne pregiudicava le vittorie.
La Corte Costituzionale è stata investita d’urgenza
da una New York State Rifle and Pistol Association contro le norme dello stato
di New York che richiedono il porto d’armi - una licenza per l’acquisto e il porto delle armi
automatiche, pistole comprese. La Rifle and Pistol Association è animata da avvocati progressisti. Il caso che l’associazione è riuscita a portare
alla Corte Costituzionale, in quanto violerebbe il secondo Emendamento, prospetta un’esigenza di difesa di cittadini neri in
una comunità urbana a prevalenza nera. Il porto d’armi, solitamente concesso
per la caccia e il tiro a segno, o in casi specifici a difesa da minacce
specifiche, è stato negato a due richiedenti per difesa personale, dopo una serie
di ruberie nel loro quartiere.
La Corte Costituzionale deve tornare a decidere
sulla “affirmative action”, la riserva di posti – nel caso specifico nelle
università – a richiedenti neri. È il primo caso che i querelanti riescono a
portare alla Corte Costituzionale che riguarda una università privata, Harvard.
In precedenza la Corte ha deciso in sei casi riguardanti università pubbliche,
sempre riconoscendo la costituzionalità della “affirmative action”, ma quasi
sempre con decisione di stretta misura, 5-4. Il caso di Harvard si presenta più
divisivo poiché è portato avanti non da studenti bianchi rifiutati ma da
asiatici.
“In
questa vita non serve molto\ al vagabondo, al pellegrino, a me,\ non abbiamo
nostalgia di una patria\ e di pentole sul fuoco”. Emigrazione vuol dire nostalgia.
Non per la giovane Nina Berberova, che è
sì russa, e in esilio, ma non sta a piangere sul latte versato: ha le idee
chiare da subito, come il quasi coetaneo
Nabokov, e sarà con lui – che a Berberova dovrà il primo riconoscimento - una
narratrice russa con un occhio sul mondo, non confinato alla Russia. L’esilio di Camus, sia pure volontario, è “la vita
secca, delle anime morte: per rivivere, ci vuole una grazia, l’oblio di sé o
una patria”.
Calusio
correda la traduzione con un’ottima inquadratura, biografica e critica, dell’esule
che non si voleva esule. Non legata a un passato comunque impossibile, e sempre
attiva e innovativa, nella narrativa e nella saggistica. Impegnata, questo sì,
per gli esuli russi (“a Billancourt diecimila russi costruiscono le automobili
Renault”), col marito, il poeta russo eminente (“il più grande poeta russo che
finora il Novecento abbia prodotto” per Nabokov, 1962) Chodasevič, al quale
dedicherà la raccolta del 1984. Malgrado ogni sorta di difficoltà. Per tre anni
vissero mantenuti da Gor’kij, a Saarow, le terme di Berlino, Marienbad, Sorrento, Capri. Per un breve
periodo, a fine 1923, si trasferirono a Praga, dove la Repubblica neonata
aveva promosso una “azione di soccorso ai russi”. La coppia si stabilì quindi a Parigi, per venticinque anni, fino al 1950 - Chodasevic vi morì, rimpianto, nel 1939. Collaborando a periodici e pubblicazioni russe. E poi in America, dove Nina si risposerà e vivrà insegnando, a Yale e Princeton, e scrivendo i racconti lunghi, povesti, che si continuano a rieditare. Tornerà in Russia, con qualche
trasporto, poco prima della caduta del sovietismo ma con le crepe molto in
vista – ma più da turista, con osservazioni intelligenti, non offuscate dalla
malinconia.
Una vita tutto sommato felice. Per la forza della poesia: “Non è forse così tranquillo\ il volo
giambico dell’anima\ perché intorno a lei il mondo\ è disarmonico, da secoli,
da anni?”. Lo ha detto subito, in una composizione del 1924: “Lo dico: non sono
in esilio,\ non cerco strade terrestri,\ non sono in esilio, sono in missione,\
mi è facile vivere tra la gente”.
Anche
se deve pagare pegno: “Per la vita perduta volevo amare,\ per la vita perduta
mi è impossibile amare”. Felice col marito. La curatrice riporta un ritratto cattivo che che un letterato russo a Berlino, che la coppia frequentava nel 1923, ne ha fatto nelle memorie, come se riportasse una lamentela del marito. Ma furono una bella coppia - wikipedia inglese la illustra con una foto a Capri nel 1925. Una poesia comunque della memoria. Già in questo primo
libro, dei primi anni. Nel rapporto col poeta illustre: “Sì, le nostre vite erano
dissimili.\ Il mio ardore per il tuo freddo,\ la tua ira in cambio di tenerezza
e tentazioni”.
In
originale, con la traduzione di Maurizia Calusio, una scelta di Mario Luzi, dal
primo libro, “Poesie 1923-1933”, della raccolta che Berberova si decise a fare
delle sue poesie tardi, nel 1984. L’unica pubblicata, con una selezione severa
di tutti i suoi componimenti, da quando era adolescente, solo un’ottantina di
composizioni.
Nina
Berberova, Antologia personale,
Passigli, remainders, pp. 113 € 4,95
letterautore
Amori – I poeti lo
fanno strano? Montale, il poeta di Dora Markus, Liuba che parte, “Clizia” (Irma Brandeis),
Esterina, Arletta, ci provava con tutte, assicura Rosellina Archinto a
Scorranese sul
“Corriere
della sera”: “Si innamorava un giorno sì e uno no”. Quando, aggiunge, “ho
cominciato a pubblicare
le sue lettere mi sono cadute le braccia: gli piacevano tutte”.
Savinio,
attesta ancora Archinto, che ne ha avuto in mano l’epistolario specifico, “l’epistolario
più bello”,
che però la figlia di Savinio, Angelica, assolutamente non volle si
pubblicasse, ebbe una relazione
segreta “con una signora di Trieste”: "Niente di sconcio, lui prendeva il treno da Roma, lei
dalla sua città e si incontravano alla Stazione di Milano. Si sedevano su una
panchina e parlavano.
Così per anni, una volta al mese”.
Dante – È Proust. Cioè, Proust è
Dante. Piperno rilancia su “La Lettura” del 4 luglio il parallelo che, “con
l’imbarazzo del filologo e l’audacia del letterato di grido”, Gianfranco Continì
aveva proposto fra la “Commedia” e la “Ricerca”. Per via del narratore che è
l’autore.
Piperno
aggiunge: è per la presenza nella “Commedia” e nella “Ricerca” del Sapiente,
“l’incrocio tta il filosofo e il moralista”, in quanto “fonti inesauribili di
saggezza introspettiva”. E allora Dante e Proust sono “in questo almeno assimilabili
a Shakespeare”. E la triade è conchiusa.
Proust
non ci avrebbe mai pensato. A Dante, Ma nemmeno a Shakespeare – lui andava in
superficie. Amava le chiese, ma da esteta.
Non
sarà a rischio proscrizione per delitto di genere? Neri Marcoré ha contato per
un suo spettacolo i personaggi della “Divina Commedia” per genere, e ha trovato
poche donne: “Le donne nella ‘Commedia’ sono 42, contro circa 500 uomini”.
La
“Commedia” in volgare, perché no? Cioè in un dialetto di oggi. L’operazione sarebbe
stata già del Seicento, con una riscrittura in siciliano, scrive Maurizio Porro su “La Lettura” dell’11
luglio: “Seguita da molte altre, una calabrese. l’intero ‘Paradiso’, due
veneziane e tre napoletane del Settecento in versi”., Nell’Ottocento “una meneghina,
oltre al Porta, e in friulano e in bolognese”. Di Carlo Porta ventisettenne si
recupera ora “L’Inferno di Dante riscritto
in milanese”.
È
l’intellettuale per eccellenza, il primo e il più “completo” – equilibrato, coerente.
Nella “Commedia” oltre che nei trattati. Onnivoro: curioso e versato su ogni
aspetto, linguistica, metrica, poetica, storia, filosofia, teologia, geografia,
storia della letteratura, e anche, pare, matematica e fisica. Capace anche, non
superficiale, anzi il più attento e approfondito: sa tutto quello che si può
sapere, e sa anche “criticarlo”, valutarlo. Con la stessa certezza dell’intellettuale.
Che si vuole guida del popolo – dei perplessi e degli incerti.
Capossela
porta in giro una “Bestiale Commedia” come “concerto dantesco”. Per una “compagnia”,
dice, che lo ha sempre accompagnato, dacché ha ricordi. Anche se, inzialmente,
“per miti interposti”. Il suo primo mito è stato “il dannato, il bohémien, il
distillatore di bellezza Amedeo Modigliani”, e “Modigliani sgranava come un
rosario ebbro i versi di Dante a memoria”. Lo stesso ha provato Capossela,
ricavandone “la più sublime forma di preghiera umanistica”: “Una esperienza di
spiritualità, che nella ripetizione conduce a una specie di trance”.
.
Europa – Rumiz, dopo
averla ridotta a terra del tramonto (v. “Letture”, n. 462), così se la fa spiegare,
nello stesso “È Oriente”, 65, da Václav Havel, il drammaturgo, ex presidente della
Repubblica
Ceca: “Questo è il luogo dove le identità si addensano, e non hanno alternativa
fra la
guerra e la coabitazione, fra l’autodistruggersi e l’essere spazio di unitario
di spirito e di civiltà.
L’Europa
è un arcipelago, con le diversità interrelate al punto che l’assenza di una sola di esse
provocherebbe un crollo globale”. Lui che da presidente ha subito la divisione
della Cecoslovacchia.
E ancora – più di tutto: “Uno stomaco capace di digerire popoli e culture,
senza farne
mai un meticciato informe”.
Hamsun – Un umorista, secondo Thomas Mann.
Conversando a Parigi (“Resoconto parigino”, 39) con la padrona di casa a un
pranzo in suo onore, una signora norvegese, Mann ricorda una massima di Goethe che si appuntò
da giovane tanto gli era sembrata peculiare, che a proposito di “un artista
italiano” ha scritto in “Poesia e verità”: “Un umorista, quindi non un uomo di
prim’ordine”. Per poi dire Hamsun un umorista : “Knut Hamsun, il maggiore
scrittore vivente, è stato un umorista lungo tutta la sua carriera, da ‘Fame’ sino
a ‘L’ultimo capitolo’”.
Montanelli - Giancarlo Mazzuca celebra, col fratello Alberto,
Montanelli, presentando il loro libro sui quotidiani del gruppo QN con
l’aneddotica su Churchill – “Churchill mi disse, Churchill mi ha confidato,
etc.”. Cioè il lato montanelliano di Montanelli, insopportabile - quello dei “ritratti”,
del verosimile non vero, e sempre Indrocentrico.
Pacifismo massonico – Thomas Mann ha a Parigi (“Resoconto parigino”,
118), all’improvviso, dopo una conversazione con Koudenhove, che ammira, “il
pacifismo massonico dei congressi”. Le assise pacifiste internazionali che precedettero
la Grande Guerra, ad Amsterdam e altrove. Senza dichiararsi: “Il pacifismo massonico dei Congressi (qui il
traduttore doveva lasciare la maiuscola, n.d.r.) non può più essere considerato
depositario della Verità”.
Pannonia – Paolo Rumiz va alla ricerca, nei testi
raccolti in “È Oriente”, della Pannonia. Testi di geografie politiche
inestricabili, commistioni di lingue e linguaggi, diversità anche radicali
entro gruppi piccoli e minimi, geografie sociopolitiche e anche culturali
fratte, intricate, spesso ostili. Reduce dallo choc Jugoslavia, degli odi di
ogni tipo, etnici per lo più, ma anche religiosi, politici, sociali, Rumiz ne trova
quello fondamentale tra montanari e gente di pianura. E sembra cercare come
Pannonia un’entità unificante, dopo tanto frazionismo, cruento, micidiale-cruento.
Riportando il nome alla radice indoeuropea “pen”, palude, acquitrino.
Applicabile allora alle vaste zone paludose attorno al Danubio e alla Sava.
È termine latino, che piace ricondurre allo slavo pan¸ uomo: un luogo delle genti. Di tribù indistinte: di poco conto
e mescolate inestricabilmente.
Russia – “Dì, ricordi
la Russia”, si dice Nina Berberova tornando in patria dopo sessant’anni, “sulle
rive dei suoi otto mari\ accerchiata da pesanti navi?”. Lo Stato continentale
più grande del mondo, di gran lunga, si sente accerchiato. È questa, si può
dire, la verità politica della Russia – di ogni Russia, zarista, sovietica,
putiniana.
Vagabondaggio - A lungo appaiato con l’ambientalismo, con la “natura”. Gli scrittori della natura, Jack London, Knut
Hamsum praticano e lodano il vagabondaggio. Ancora di rito dopo la guerra,
p.es. con Kerouac. Rifacendosi, direttamente e non, a Thoreau e Whitman. Che però
praticavano un vagabondaggio organizzato, programmato. .
Rumiz ne fa la condizione dello scrivere, della
scrittura. Partendo per una delle sue randonnées
nella (sua) mitica Pannonia, nei testi accolti in “È Oriente”, si pone il
quesito: “Mi chiedo se il narrare non nasca dall’andare”.
La cosa si potrebbe pensare anche in forma stanziale.
Sagari non è il solo, tra gli scrittori di avventure, a non essere mai uscito
dalla sua città. Però ci vuole un atlante, anche fantastico.
letterautore@antiit.eu
Un
ingegnere che è in realtà un Capitano marittimo reduce da un naufragio, una
diga (forse) da costruire, dono del governo francese al paese africano, siamo
in Africa, una festa di possessione, la festa in chiesa con gli ex voto, una
pietra enorme da trasportare sulle spalle, di cui l’Ingegnere si fa infine
carico, il tropico asfissiante. Un Camus esotico (in Francia ancora si può, qui
ci sono ancora i neri, e perfino i negretti), narratore puro.
Due
racconti estratti dalla raccolta “L’esilio e il regno”, “L’exil et le royaume”.
Il racconto del titolo è dell’artista al lavoro, in casa, e quindi dell’opera
d’arte rimandata: la moglie è affettuosa, i figli crescono, gli amici
s’installano, gli spazi si restringono, il tempo manca, qualche pennellata si può dare, ma vaga. Alla fine, sulla tela
bianca, una parola qualcuno legge, scarabocchiata, forse “solitaire”,
solitario, forse “solidaire”, solidale. Dell’artista che non vuole dispiacere a
nessuno, compresi i critici, anche se vieppiù perplessi.
Un
Camus umorista. Anche in Africa – seppure oggi scorretto, e anzi forse
impubblicabile. L’Africa è sempre “profonda”, come usava dire, grandi fiumi
grigi, umidità, personaggi, usi e natura inaccessibili – l’esotismo era
l’inaccessibilità, anche delle donne. Ma non per Camus, che conosce la cosa. Il
Tropico, “La pierre qui pousse”, è afrore, e stanchezza. Il fiume scorre
“monotono”. Il gergo locale fose non è evocativo, magmatico, esorcistico, forse
è solo limitato, ripetitivo per non sapere come altro dire..
Albert
Camus, Jonas ou l’artiste au travail,
Folio, pp. 120 € 2
Vinca inaugura oggi il
restauro della Via dei Tedeschi. Realizzato dal Cai, dal Comune di Fivizzano,
di cui Vinca è frazione, e dal Parco delle Apuane. È la strada costruita dagli
abitanti del piccolo borgo apuano durante l’occupazione, per consentire
l’approvvigionamento della Linea Gotica. Una costruzione, si dice, che permise
agli abitanti di sfamarsi, lavorando in cambio di un pezzo di pane.
Vinca fu vittima di una rappresaglia
di più giorni, da parte del “monco” Walter Reder, quello che poi si illustrerà
a Marzabotto, con 142 vittime. Tutti quelli che Reder riuscì a scovare in più
giorni di rastrellamenti, durante i quali fece bruciare a più riprese il paese.
“Manifestazioni da Aosta a
Palermo contro il green pass”. Ma quanti sono i no vax di cui ci ingombrano le
cronache? Qualche milione? Centinaia di migliaia? Decine di migliaia? No,
mille, duemila per piazza. E ora che
negli Stati Uniti le destre fomentano la vaccinazione, rischiano di restare
soli.
“Manifestazione contro il
green pass obbligatorio: a Roma un migliaio di persone in piazza del Popolo”,
che ne contiene 200 mila – “Il Tempo”, cioè Giorgia Meloni.
“Il Messaggero” invece, da
sinistra, dice tremila: gioca a farci paura?
Narra l’inenarrabile
Ferrarella, il rappresentante di commercio della Procura di Milano al “Corriere
della sera”, in difesa del suo beniamino procuratore Storari, di quando ebbe
notizia che una donna in un’auto bianca aveva consegnato al “Fatto quotidiano”
le carte della loggia segreta Ungheria: “Solo pochi
giorni dopo la venuta del giornalista” (del “Fatto”, n.d.r.) la GdF aveva ricevuto
proprio dal pm Storari l’incarico di acquisire” tabulati, telecamere e “l’elenco
di targhe di auto bianche a Roma”.
“Tre milioni di italiani
rinunciano alle vacanze per paura del covid”,
calcola Confcommercio. “Il green pass devasta l’economia”, dichiara lo
stesso giorno Giorgia Meloni.
Lo dichiara alla
Versiliana, luogo d’incontri estivi a Marina di Pietrasanta. Per un pubblico
talmente numeroso che si è dovuto cercare una sede più vasta.
Dobbiamo dunque a Renzi –
a Davide Serra, il suo amico finanziere? – nel libro ora annuale con il quale
“si toglie i sassolini”, la notizia che la Rcs, l’editrice di Urbano Cairo, è
sotto scacco del fondo Blackstone, dopo avere perduto la causa per la vendita
della sede storica del quotidiano. Blackstone pretende da Rcs 600 milioni di
danni. Causa di cui gli azionisti Rcs non sanno nulla dai prospetti, e contro
la quale non c’è in bilancio alcun accantonamento conservativo.
Non si smentisce il Csm
nel boicottaggio della riforma della Giustizia Draghi-Cartabia. Con un parere
negativo non richiesto, e non deliberato, ma comunicato ai media. Solo che,
questa volta, pare che la presidenza non sia onoraria: presidente del Csm è il
presidente della Repubblica, e Mattarella ha zittito le voci.
Nel Csm, non si dice per
patriottismo, ma si annida tutto il marcio della magistratura. Non da ora, molto prima di Palamara.
La legge Zan? “Un’arma di
distruzione di massa”: esagera Marco Rizzo, il capo del residuo partito Comunista,
con Carmine Saviano sul “Venerdì di Repubblica”? Sul fatto “bastava aggiungere
una riga alla legge Mancini”. Perché allora il ddl Zan? “Ti affidi ai diritti
civili solo perché non puoi dire nulla sui diritti sociali”.
Una decina di arbitri di
calcio di prima categoria truccava le note spese. E speriamo solo quelle.
Il ministro del Lavoro
Orlando fa il viso dell’armi agli industriali che volevano la ripresa dell’attività
in sicurezza, con i vaccini. Fare il viso dell’arme all’industriale è ancora il
marchio di fabbrica della sinistra?
Cioè, Orlando è di sinistra, uno che espone i lavoratori ai no vax, ai
neghittosi, e ai menefreghisti?
Un governo di larghe intese,
insomma di unità nazionale, non sa decidersi di imporre il vaccino a categorie
che lavorano a contatto con il pubblico: gli insegnanti, i sanitari, i commessi,
i camerieri, i cuochi, eccetera. Anche se la Costituzione lo impone – imporrebbe,
la Costituzione, come si sa, è opinabile.
Agli europei di pallamano
su spiaggia le nazionali norvegesi si rifiutano di indossare il bikini
regolamentare e indossano i pantaloncini. A maggio le giocatrici tedesche di
beach volley Karla Boger e Julia Sud hanno minacciato di non giocare in Qatar,
dove la federazione locale pretendeva i pantaloncini. È l’unione delle razze,
le norvegesi qatariote?
Maria Chiara Carrozza, già
ministra di Letta, da Letta messa a capo del Cnr, chiama subito alla direzione
generale un altro Dc di stretta osservanza, il direttore generale di Roma Tor
Vergata – la vecchia risposta di Andreotti alla Sapienza che votava rettori
Ruberti e Tecce, di sinistra. La ricerca è Dc pura e dura – l’energia invece
(Eni, Enel)) pure, ma alla Renzi, con aperture.
Social changes, organizzazione
americana riconducibile al partito Democratico, ha finanziato nel 2019 le
campagne elettorali anche in Italia, alle Europpe e alle Regioali. Ma due su
tre dei candidati che ha sponsorizzato non sono stati eletti: un patrocinio a
perdere?
Esce nel silenzio compatto
– con la sola eccezione del “Corriere della sera” - il libro denuncia del
professor Donati, specialista di doping atletico, 400 pagine, sulla trappola
tesa ad Alex Schwazer dalla Wada, oggi World Athletics, per escluderlo dall’Olimpiade
brasiliana. Un intrigo condannato già in Tribunale, che Donati fa risalire agli
interessi (cinesi?) dentro la Wolrd Athletics. La purezza nello sport ha un
costo.
Pogacar per contro vince
il Tour “volando”, con prestazioni che non hanno nulla di “umano”, di valori muscolari,
respiratori, di peso, di agilità, riscontrabili, misurabili. Come già l’americano
Armstonrg vent’anni prima, che vinse
nove Tour di fila sempre drogandosi.
Si sa ma non si interviene:
bisogna creare il campione, che ispiri le folle per qualche anno, poi, quando
se ne sarà trovato un altro, si può sempre procedere contro il precedente, come
con Armstrong.
Pogacar che non è una novità. Nel Tour precedente aveva girato nelle quattro
tappe di montagna più velocemente di ogni altro campione nella storia – tutt’e
quattro le tappe e le montagne a velocità record.
Il calciatore brasiliano
Léo Sena, in forza allo Spezia, no vax, insieme con un altro compagno di squadra,
brasiliano anche lui, positivo, ha infettato mezza squadra e tutto lo
spogliatoio tecnico della squadra ligure. Il danno è milionario – in termini di
ritardata preparazione, con conseguente difficoltà in campionato e probabile
retrocessione.
Ma il calcio non è gioco
di squadra? Sotto la forma della libertà di giudizio, il virus ha infettato la libertà di comprendonio.
Malan, senatore valdese,
lamenta che la protesta dei vescovi sulla legge Zan sulla base del concordato
Italia-Santa Sede sia rimasta inascoltata. Tacciono i cattolici, i tanti al
governo. Sono per l’aumme-aumme?
La
Uefa multa lo Spezia per quasi mezzo milione, e ne inibisce il mercato per due
anni. Per lo stesso problema, compravendite al di fuori del fair-play finanziario, ha multato il
miliardario Manchester City per tre-quattrocentomila euro. Il City è di
proprietà di uno degli sceicchi arabi con i quali il presidente della stessa
Uefa, Ceferin, è in affari, milionari.
A Vienna da qualche tempo come già a Cuba, si
avvertono nell’ambasciata americana “attacchi acustici”. All’udito. Il
bersaglio è il cervelletto. A Cuba da una dozzaina d’anni ormai. Il malessere
che colpisce i funzionari dell’ambasciata punterebbe a offuscarne il
cervelletto. Si presume, non si sa – la Cia e la dozzina di altre agenzie
americane di intelligence non ne sono
venute a capo.
Le truppe Usa non hanno ancora lasciato
l’Afghanistan, non del tutto, che il primo loro interprete è stato decapitato.
Più che forze di liberazione, quelle Usa sono, come già in Vietnam, forze d
condanna.
Il presidente Biden, che pure non ne ha sbagliata
una, nel primo semestre di governo, è in perdita di consensi, e ora raccoglie meno
approvazione dei suoi due predecessori: Obama a luglio 2013 era al 55 per cento
dei consensi, Trump a luglio del 2017 al 52. Biden è al 51 per una rilevazione
(Rasmussen), al 50 per un’altra (Gallup). Quel che è peggio, ha un alto indice
di non gradimento, il 45 per cento, gli indecisi o non informati sono pochi.
Biden non è giovanile, questo il suo principale problema. Insieme col Bif Bipartisan Infrastructure Network, da 1.200 miliardi, per energia pulita e infrastrutture: la politica bi-partisan è poco gradita, il paese è diviso.
Si può votare anche in chiesa (“Souls to the Polls”), anche prma del giorno delle
elezioni, solitamente la domenica prima del martedì elettorale, in Florida a
partire dagli anni 1990, e poi in Georgia, Texas e altrove. Non propriamente in
chiesa, ma le chiese delle congreazioni nere, metodiste, episcopaliane,
eccetera, organizzano carovane elettorali dopo il servizio religioso domenicale. Con effetto pare incisivo sulla
mobilitazione elettorale.
Obama
al secondo mandato, nel 2012, ottenne il 66,6 per cento degli aventi diritto al
voto afroamericani – si recarono a
votare cioè i due terzi degli afroamericani aventi diritto. Un punto
percentuale in più degli aventi diritto banchi.
Una
mostra rara per il pubblico americano, con Raffaello, Bronzino, Pontormo,
Cellini, Tiziano in prestito da Firenze (Uffizi, Pitti, Palazzo Vechio), Palazzo
Reale di Pisa, Praga, Fondazione Cini, e anche alcuni pezzi di collezionisti
americani. Il filo della mostra è semplice, la politica di Cosimo dei Medici. Come
i Medici, tornati al potere sulle imperizie e le disavventure repubblicane, hanno
consolidato il potere trasformandolo in principato, sostanzialmente con la sola
“invenzione” di Cosimo – Cosimo I: attraverso la
cultura. Riprendendo il disegno di Lorenzo il Magnifico nel Quattrocento. Ma con
alleanze, parentele, commissioni, esibizioni di ricchezza, se non di potenza. Con Cosimo primo granduca e Caterina regina di Francia.
Un
assunto noto, ma con un itinerario curioso: riletto e mostrato attraverso uan
serie di ritratti. La politica matrimoniale con la corte di Francia, per
esempio, nel ritratto commissionato a Raffaello, in abiti “franciosi”, che
Lorenzo de’ Medici manda a Franceso I. O il ritratto di Cosimo come Orfeo, opera
del Bronzino - il primo della serie di ritratti di Cosimo e famiglia dello
stesso pittore - del Philadelphia Museum
of Art: Cosimo nudo, in mano uno strumento, con Cerbero muto sullo sfondo, il
pacificatore. E così via.
Ilpodcast
della mostra è specialmente interessante perché si ascoltano nozioni disusate o
anche ignote su questo o quel ritratto, sulla committenza (l’abbigliamento, la
posa, i colori, etc.), l’uso, in ragione di intenti politici specifici. In
aggiunta al loro valore pittorico.
Keith
Christiansen-Carlo Falciani, The Medici:
Portraits&Politics. 1512-1570, New York, Metropolitan Mseum of Art,
online