sabato 11 settembre 2021
L’Occidente preda dell’islam
Cosa resta dell’11 Settembre? Una sconfitta. Brutta, e forse epocale: l’Occidente potrebbe essere passato sotto il giogo dell’islam, in casa e fuori, all’ombra dei suoi falsi amici, Pakistan e principati arabi. Una sconfitta culturale, innescata dall’attacco militare, ma ben politica: i mussulmani, benché piccola minoranza, sono all’offensiva in Europa e in America, imponendo i linguaggi, e prendendosi il potere, politico ed economico, dal calcio alla finanza. Il Libano, un paese biconfessionale, ne è la prova. Approfittando delle opportunità e le garanzie che la democrazia offre, senza un impegno di accettazione sincero, della duplicita facendo anzi norma.
Camilleri grasso
Un
racconto dell’altra vena di Camilleri, quella “grassa”: di stratagemmi e
furbizie a fini di letto, a opera di signore e signorine a cui piace. Su fondo
scurrile, di pie donne, preti e pratiche monacali. Specie in Sicilia, a torto seppellita
Brancati, gli “ingravidabalconi”.
Il
“boccone del povero” è, nel 1919, la mensa per i poveri e gli impoveriti che le
pie dame allestiscono. Nella storia è un giovane Adone, anzi Apollo, che le
dame si servono a sazietà, con vari accorgimenti – la tela del racconto.
Finisce con due donne che se lo contendono nude. Cioè, non finisce.
Andrea
Camilleri, Il boccone del povero, “la
Repubblica”, pp. 44, gratuito col quotidiano
venerdì 10 settembre 2021
La rivoluzione dell'euro - il lavoro è più povero
In una cultura che vive di
celebrazioni, nessun accenno ai vent’anni, tra poche settimane, dell’euro, dell’entrata
in funzione dell’euro come moneta di scambio quotidiano. Ci sarà un motivo. Stabilità monetaria massima - soldi a costo
zero, quasi conviene indebitarsi. Ma per fare che? L’Europa, non solo l’Italia,
è perplessa e depressa. Probabilmente perché l’euro ha comportato il più grosso
– inimmaginabile - trasferimento di reddito della storia sociale, della sua
parte documentabile, senza dirlo: dai
percettori di reddito fisso, la metà o qualcosa di più della popolazione,
ai produttori e fornitori di merci e servizi, dalla fabbrica automobilistica al
fruttivendolo – negozianti, commercianti, ristoratori, baristi, macellai,
droghieri, e intermediari di ogni genere, i vecchi, ora dominanti, ceti parassitari. E supermercati, centri commerciali. Si veda nel rapporto consumatori-commercianti: le sigarette da 5 mila lire a 5 euro, il caffè al
banco da mille lire a duemila (un euro), un kg. di frutta da 2-3-4- mila lire a
2-3-4 euro, un kg. di pane, un litro di latte, la carne, il pesce,
l’abbigliamento, la benzina, perfino le tariffe autostradali.
Con, in più (in peggio) dell’effetto reddito,
l’inevitabile incertezza e infine scoraggiamento di quella metà più uno della
popolazione. Col paradigma dell’insicurezza che paradossalmente si è innervato
sulla stabilizzazione – l’euro è un progetto di stabilizzazione monetaria.
Tutto è nato con la fissazione del
valore dell’euro a due marchi tedeschi invece che a un marco. Di cui non è
stata fornita la ragione – strano, ma è così: innumerevoli i saggi sull’euro al
varo, ma non sappiamo perché si è voluto raddoppiarne il valore (per
scoraggiare l’inflazione, si è detto, ma non c’entra nulla – semmai ha
prodotto un’inflazione mascherata, non censita, “furba”: dai prezzi al consumo raddoppiati alle superbollette, di beni e servizi, luce, gas, telefono, spazztura, acqua).
In un sistema fiscale come quello
italiano, basato sulla tassazione del reddito fisso, documentabile, ciò ha
comportato anche la dequalificazione-depressione del lavoro dipendente – in particolare della Funzione Pubblica,
che nel ventennio dell’euro si può dire inselvaggita, inerte. Del lavoro in
quanto forza impiegata, diciotto milioni di persone, che a volte mantengono un
coniuge e un figlio, quindi della metà della popolazione almeno. E in quanto
capacità di entrata e di spesa.
Dante scienziato della parola
Opera del 1933, dopo lo studio
matto e disperato dell’italiano, “la più dadaistica delle lingue romanze”, mentre
in Armenia il poeta tentava di rifarsi una vita. A Dante accomunato anche dalla comune
disgrazia politica, e dall’esilio, dove entrambi muoiono (Mandel’stam al
confino in Camciatka).
Il saggio sarà recuperato solo nel
1967. Pieno di spunti originali, dopo la folgorazione che sarà stata l’ultimo
atto dell’opera sperimentale, comunque originale, dello stesso Mandel’stam: “Io
sono convinto che tutti gli elementi dello sperimentalismo moderno siano
presenti nel trattamento dantesco della leggenda”.
Una “conversazione” in realtà sul
fare poesia. Insieme con Dante, Mandel’stam riscopriva Petrarca – di cui farà spettacolini di dizione, nelle sue stesse traduzioni, a beneficio dei compagni di
confino: dopo morto varie testimonianze di sopravvissuti ne ricordano le serate a
recitare brani della “Divina Commedia” e di Petrarca, accovacciato in cenci,
vicino a un immondezzaio, in bocca zollette di zucchero per tenersi su. Sul poeta
creatore di immagini, dal concerto di parole. Ma di immagini precise, a tutto
tondo. A Dante attribuendo la sua propria passione per le scienze esatte: “Una
collezione di minerali sarebbe un commento perfetto all’organismo della ‘Commedia’”.
Una filologia diversa, di
genialità – illuminazioni. “Parlare è sempre essere in cammino”, anche con le
parole più trite: diciamo “sole” e “compiamo un lunghissimo viaggio”, anche se “siamo
talmente abituati che ormai viaggiamo dormendo”. Dante è un pellegrino inetto,
o forse recalcitrante, che molto lascia
al lettore, l’“esecutore creativo” della poesia. Un po’ a modo suo, di Mandel’stam.
“Bisogna essere talpe cieche per non vedere che in tutta la ‘Divina Commedia’
Dante non sa come comportarsi, dove mettere i piedi, non sa cosa deve dire, né
come fare un inchino”.
Ritorna con la celebrazione dantesca
in duplice riedizione. A cura di Serena Vitale quella Adelphi, per la traduzione
di Vanessa Filippovna quella Luni, con prefazione di Alesandro Masi.
Osip Mandel’stam, Conversazione su Dante, Adelphi, pp.
116 € 13
Luni, pp. 80 € 13
giovedì 9 settembre 2021
La cultura rinacque a Squillace
Nello
stile agiografico che predilige, lo storico medievista prova a ricostruire vita
e opere di un personaggio tanto grande quanto pubblico, ma rimasto in sonno per
secoli. Per l’“età oscura”, come si suole dire, in cui visse? Con Roma regno
dei barbari? Per l’origine, e la fine, marginale, a Squillace in Calabria? Per
una disavvertenza della storiografia, a lungo laica? Per l’inesistenza, o
insufficienza, dilettantismo, di una storiografia locale? Stante anche lo stato
pietoso degli archivi, al di sotto di un certo parallelo. Fatto sta che Cassiodoro
è il fondatore, nientemeno, della cultura medievale. Ed è uno dei “padri
storici”, insieme con Benedetto da Norcia, del monachesimo occidentale – “Roma,
i barbari e il monachesimo” è il sottotitolo del volume di Cardini. Nonché scrittore,
in età, di “Varia”. Non libero (libertino) come sarà Eraamo, ma il genere, che
sarà degli “adagia”, lo ha avviato Cassiodoro. L’esperienza di governo e le
riflessioni letterarie raccogliendo, una volta abbandonati gli affari pubblici,
in una sorta di diario, che chiamò appunto “Variae”.
L’esperienza
monacale sperimentò e divulgò ritirandosi dagli affari pubblici nel 538, a conclusione
della guerra gotica portata contro Roma da Giustiniano, con la sconfitta del regno ostrogoto di cui era stato il
ministro, sotto Teodorico il Grande, Amalasunta, Atalarico e Teodato. Al paese
natale, Squillace, dove costituì un centro di creatività e diffusione di quella
che sarà la cultura medievale, chiamato Vivarium. Un centro non meno vivace del
coevo Montecassino, che ispirò e gesti per metà buona sua vita attiva, morendo
quasi centenario nel 580.
Franco
Cardini, Cassiodoro il Grande, Jaca
Book, remainders, pp. 171 € 7
Cronache dell’altro mondo - terroristiche (139)
Il ritiro disordinato da Kabul è caduto quaranta
giorni prima del ventennale dell’l1 settembre, data epocale per l’America: un
attacco mortale in casa, mai avvenuto nella storia. L’America non ne ha tratto
alcuna lezione, né in termini politici né in termini militari?
Accanto ai cinque terroristi in attesa di processo per
l’11 Settembre, in aggiunta ai due già condannati per direttissima, ci sono
funzionari sauditi, indiziati su querela di parte per avere protetto alcuni
degli attentatori. I terroristi piloti si erano addestrati, su indicazioni e con
borse di studio saudite, negli Stati Uniti.
Il processo contro gli attentatori dell’11 settembre
dura in America da poco meno di venti anni. Con rinvii di ogni tipo, nel 2009
voluto anche dalla Casa Bianca di Obama, e più di una sostituzione nella corte
giudicante – otto nuovi giudici, a scadenze diverse, hanno dovuto ognuno familiarizzarsi
con le 35 mila pagine degli atti.
Uno degli attentatori, Khaled Sheikh Mohammed, era
stato individuato da tempo quale responsabile delle bombe al World Trade
Center nel 1993, e di un piano per far esplodere aerei di linea sul
Pacifico nel 1995. Nello stesso anno 2001
poteva essere arrestato a Doha, ma il dipartimento di Stato bloccò
l’operazione, per non dispiacere alle autorità del Qatar.
Ecobusiness
La legge restrittiva del Texas sull’aborto,
ammesso fino a sei settimane, promossa in un quadro politico “pro familia”, ha
aperto il dibattito sulla politica demografica negli Stati Uniti, se non sia opportuno
passare da una politica demografica restrittiva a una natalista – di incrementare le nascite invece di controllarle. La Cina anche, è già passata dal malthusianesimo,
col controllo rigido delle nascite,
limitate comunque e una per coppia, al natalismo.
Lo scopo della nuova legislazione cinese
è di assicurare un futuro alla popolazione esistente.Così la politica natalista
della Ftrancia dai tempi di Pompidou, quindi da ormai mezzo secolo, dopo un
secolo di denatalismo.
La denatalità, con controllo delle
nascite, è pro o contro l’ecologia, la protezione dell’equilibrio ambientale?
Il calcolo di Malthus non si è avverato, e non si avvicina. L’ultimo mezzo
secolo ha visto la popolazione mondiale
crescere, e più che crescere la produzione agricola-alimentare, non più
limitata dalla scarsità della terra, e del lavoro. Con una distribuzione molto migliorata
della distribuzione mondiale degli alimenti. In un quadro generale di crescita
della ricchezza mondiale e media, in percentuali più elevate che la crescita
demografica.
Keynes poteva ancora, nelle “Conseguenze
economiche della pace”, prospettare un’Europa instabile per il teorema Malthus,
di una pressione demografica sulla catena alimentare. Un secolo dopo, con la
popolazione più che raddoppiata, in Europa e nel mondo, la fame è un ricordo. C’è - c’è stata e c’è - una “rivoluzione verde” anche in agricoltura: i critici
contemporanei di Malthus possono
far valere che la rivoluzione verde
produce di più di quanto la popolazione aumenti.
mercoledì 8 settembre 2021
Ecobusiness
Il piano europeo di decarbonizzazione al 2030 è gesto
forse nobile ma è come tagliarseli. Come il voto di castità non riduce la
lussuria, così l’Europa tutta green non riduce la CO2, si è solo procurata
gravi anni economici. Le emissioni europee di CO2 sono il 9 per cento del totale mondiale. E la Ue a già fatto moltissimo per la riduzione della
carbonizzazione. Negli ultimi trenta anni, mentre l’Europa riduceva le
emissioni di CO2 di circa un miliardo di tonnellate, in America e in Asia si
aumentava di 12 miliardi, di tonnellate.
Il nucleare non è una soluzione ponte, verso la
transizione energetica. Richiede dagli otto ai dodici anni, tra processi
autorizzativi, costruzione, avviamento. In Italia il nucleare è comunque
proibito per legge, sulla base del referendum del 1987. In Germania i dodici
impianti in attività vanno a dismissione, da completare entro il 2022. La
Francia, che ha molte centrali in attività, la deve ridurre per
regolamenti più restrittivi alle
emissioni e per la vetustà degli impianti, molti avendo più di quarant’anni.
Cronache dell’altro mondo – terroristiche (138)
“Il nuovo presidente dell’Emirato islamico
dell’Afghanistan dovrebbe essere Abdul Ghani Baradar, già vice del mullah Omar.
Baradar fu catturato in Pakistan dalla Cia nel 2010 ed è stato rilasciato dalle
autorità locali su richiesta americana nel 2018. Dal 2017 è inserito nella lista
dei terroristi dell’Unione Europea” – Mattia Sorbi, “la Repubblica”, 4
settembre.
No, due giorni dopo i Talebani formano un governo di
ricercati. Per terrorismo, il capo del nuovo governo e mezzo governo: tutti
nelle liste wanted, in sede Onu e Interpol. Ma è vero: non c’è
solo mezzo governo a Kabul di terroristi, condannati dall’Onu e sulle liste dei
ricercati, il governo è stato mediato (organizzato) da Baradar, che stava in
prigione per terrorismo, quando fu fatto liberare dagli americani, per mediare
un governo di transizione, e per averlo interlocutore a Doha (Qatar) nei
negoziati per il ritiro. La cultura americana del no ethnicism sembra
stupida: tutti uguali, tutti americani –
cioè, anche fuori degli Stati Uniti, senza nessun controllo sotto nessuna legge?
Vogliamo i Talebani al potere come già la
Fratellanza mussulmana, quella delle famose “primavere arabe”. L’islam
fondamentalista, antifemminile, barbuto, assassino, è il cocco dell’Occidente,
dell’America? In simbiosi con i potentati del Golfo, che così allontanano da sé
l’Arco delle Tempeste, dove sarebbe più opportuno e invece non c’è?
Sherlock Holmes va a ritmo di danza
La
chiave dell’arte di Conan Doyle, del successo di Sherlock Holmes.
Il
racconto, rilanciato in Francia nella collana “Les Oeuvres Libres”, mensile che
negli anni 1920 pubblicava inediti d’autore, è ripreso dalla raccolta del 1922 “Gli archivi di Sherlock Holmes”, quando Conan
Doyle più non curava il suo personaggio, dedito allo spiritismo. Non ricompreso
successivamente, nel 1927, nella raccolta “Il taccuino di Sherlok Holmes” (The Case Book of Sherlok Holmes).
Un
racconto semplice: una donna è stata assassinata, con un colpo di pistola, arma
che viene trovata abbandonata sul pavimento del guardaroba della giovane baby
sitter dei suoi tre figli. La donna, di origine brasiliana, in gioventù
bellissima, che aveva fatto innamorare a prima vista un giovane inglese futuro
ricchissimo uomo d’affari, era da tempo la moglie indesiderata, il ricchissimo marito
essendosi invaghito della baby-sitter.
Si
procede come d’obbligo: i sospetti vanno alla baby-sitter, e in subordine al
marito, benché ricchissimo e importante. Ma è lui stesso a volere, con
insistenza, Sherlock Holmes nella ricerca del colpevole. Per scagionare la
baby-sitter, ma anche per un dovere di verità con la defunta. E dunque? La chiave è la sorpresa, e questo si
sa. Che può essere banale, ma si sottrae all’intuito e alle elaborazioni del lettore,
fino a che non viene scoperta.
Qui
Conan Doyle fa di più: sottolinea l’indizio, che anticipa. Lo sottolinea perché
non sfugga, nel momento in cui Sherlock Holmes sa del caso dai giornali, prima ancora
di essere richiesto dal vedovo ricchissimo di occuparsi del caso. Quando Holmes
legge dell’assassinio, scandisce, a proposito della pistola ritrovata: “Sul –
pavimento – del - suo – guardaroba”. Quindi il colpevole non è la baby sitter –
e non è il ricchissimo ora vedovo.
La
chiave è la scrittura, che tiene lo stesso avvinti: un passo avanti e due laterali.
Della digressione, o del caso parallelo, q.b. per rilanciare l’attenzione sul caso
principale, ma senza farlo dimenticare. Un detective che va a ritmo di danza, dunque,
ma non è ridicolo.
Disponibile
purtroppo, in lettura online e in ebook, in francese
Arthur
Conan Doyle, La rivale, wikisource,
free online
martedì 7 settembre 2021
Problemi di base - 656
spock
Lavorare è meglio di non lavorare?
Essere primi: nel salto in lungo, al
fronte in guerra, volontari antincendi, cavie del vaccino?
I tipi che abbandonano la nave prima che
affondi, dove vanno?
L’amore di sé come auto-allattamento?
Per aspera
ad astra o viceversa, con Bezos e Musk?
Dove si arriva quando si va fino in fondo?
Se il bianco e nero e il nero è bianco,
saranno tutti della Juventus?
spock@antiit.eu
La Calabria in copia
Un
viaggio del 1840 circa, di un geografo, cartografo, teorico della fotografia, scrittore
di varia, presidente per un decennio dal 1852 al 1861 della parigina Société
des Gens de Lettres, un poligrafo insomma, affidato a un ricordo che la sua
bibliografia ha dimenticato (lo recupera qui con dottrina Giovanni Sole), che
non dice nulla di nuovo. Un abbozzo di libro di avventure – soprattutto di
briganti, dal vero e per ridere. Con tutti gli stereotipi, quanto al luogo, la
Calabria, che un lettore si attendeva. Lusinghieri: “Quante disgrazie hanno
patito le Calabrie da quando Annibale, devastandole per tre lustri, distrusse
per sempre lo splendore della più bella regione d’Italia!” - Wey ha dimenticato
i terremoti, ma ha fatto risorgere Annibale. E non: per la sporcizia, e per la
violenza, che si perpetua nella “vendetta” – “che non è solo corsa” – e nelle
faide.
Per il resto miserie e (poca) nobiltà. “Animali e padroni convivono nella stessa casa”, i maiali. Un tentativo di scippo, quasi cruento, si conclude nel migliore dei modi quando un capo dei capi, che si rivelerà essere il barone del luogo, “un gran bell’uomo, dallo sguardo imperioso, scuro come un africano”, con “una giacca stondata, sporca e unta come una padella da friggere, e un vecchio cappello calcato sulla fronte”, convoca un giudizio sotto un grande ulivo e prende a bastonare i malviventi – una scena ridicola, che forse Wey immagina teatrale (tentò anche il teatro).
Sul
ruolo, il personaggio, la casa, le donne di casa, del barone Cefalì, il
soccorritore, Wey è dettagliato e veritiero. Specie sul ruolo “feudale” – il
rispetto – che il barone mantiene dopo l’abolizione legale della feudalità, nel
1806. Ma molte cose racconta incongrue. Da Reggio risale in gita al Passo del
Mercante, che dalla città dista qualche giorno di cammino. Dal Passo domina la
Piana di Gioia Tauro, altra geografia non possibile. E incon tra il “massiccio
dell’Aspromonte” all’inverso – “ci nascondeva alla vista la terra d’Africa”,
mentre la montagna sta bene a Nord di Reggio, dela “vista” dell’Africa.
Incontra Locri – le “rovine” descrivendo, come fossero già scavate, mentre lo
saranno quasi un secolo dopo – a quattro passi da Reggio, da dove invece ci
vogliono un paio d’ore, con la velocità di ora. Descrive con singolare accuratezza
lo Stretto dk Messina: “Capo Peloro s’immergeva come una lama nel seno d’Italia,
sembrava di essere in fondo a un’ansa”, lo Stretto si vede e si attraversa
come un lago. Ma, guardando Stromboli da Scilla intravede “la luce dorata dell’Africa”,
che non si sa cosa sia, ma Stromboli è a Nord di Scilla, in linea d’aria con la
Sardegna.
Naturalmente
anche Wey è in Calabria all’inseguimento della Grecia. Che crede di avere
trovato in una ragazza con la quale balla in singolo la tarantella (ballo a
rotazione, n.d.r.). E la descrive in lungo, naturalmente come una statua
classica. Ma a Spezzano, che poi vorrà chiamarsi Spezzano Albanese.
Non una stonatura? La maggior parte degli Albanesi di Castriota, gli albanesi in Calabria, secondo
Wey, erano greci, dell’Epiro e della Macedonia. Questo è più che possibile, che
gli albanesi allora, metà Ottocento, si facessero passare per greci - allora,
prima cioè dei fondi europei per le minoranze etniche e linguistiche. Ma resta
comunque il sospetto di un plagio, di un’operina di viaggio copiata. È infatti
analoga al racconto di viaggio, questo documentato, che l’archeologo Arthur John
Strutt, inglese romanizzato, aveva compiuto a vent’anni a piedi in Calabria nel
1838, o forse nel 1841, e aveva documentato in un libro di successo, “A
pedestrian tour in Calabria&Sicily”. Teresa Reda, nella nota al testo,
rimarca “una serie singolare di coincidenze annotate negli scritti dei
due”: l’aggressione dei
banditi-briganti, ricomposta dal barone, e i compagni di viaggio - si chiamano
Evariste Fouret e Charles de Valfort, barone, in Strutt, Evariste F. e Walfort,
pittore, in Wey.
Francis
Way, Scilla e Cariddi, Rubbettino,
pp. 95 € 7.90
Per il resto miserie e (poca) nobiltà. “Animali e padroni convivono nella stessa casa”, i maiali. Un tentativo di scippo, quasi cruento, si conclude nel migliore dei modi quando un capo dei capi, che si rivelerà essere il barone del luogo, “un gran bell’uomo, dallo sguardo imperioso, scuro come un africano”, con “una giacca stondata, sporca e unta come una padella da friggere, e un vecchio cappello calcato sulla fronte”, convoca un giudizio sotto un grande ulivo e prende a bastonare i malviventi – una scena ridicola, che forse Wey immagina teatrale (tentò anche il teatro).
Sul ruolo, il personaggio, la casa, le donne di casa, del barone Cefalì, il soccorritore, Wey è dettagliato e veritiero. Specie sul ruolo “feudale” – il rispetto – che il barone mantiene dopo l’abolizione legale della feudalità, nel 1806. Ma molte cose racconta incongrue. Da Reggio risale in gita al Passo del Mercante, che dalla città dista qualche giorno di cammino. Dal Passo domina la Piana di Gioia Tauro, altra geografia non possibile. E incon tra il “massiccio dell’Aspromonte” all’inverso – “ci nascondeva alla vista la terra d’Africa”, mentre la montagna sta bene a Nord di Reggio, dela “vista” dell’Africa. Incontra Locri – le “rovine” descrivendo, come fossero già scavate, mentre lo saranno quasi un secolo dopo – a quattro passi da Reggio, da dove invece ci vogliono un paio d’ore, con la velocità di ora. Descrive con singolare accuratezza lo Stretto dk Messina: “Capo Peloro s’immergeva come una lama nel seno d’Italia, sembrava di essere in fondo a un’ansa”, lo Stretto si vede e si attraversa come un lago. Ma, guardando Stromboli da Scilla intravede “la luce dorata dell’Africa”, che non si sa cosa sia, ma Stromboli è a Nord di Scilla, in linea d’aria con la Sardegna.
Naturalmente anche Wey è in Calabria all’inseguimento della Grecia. Che crede di avere trovato in una ragazza con la quale balla in singolo la tarantella (ballo a rotazione, n.d.r.). E la descrive in lungo, naturalmente come una statua classica. Ma a Spezzano, che poi vorrà chiamarsi Spezzano Albanese.
Non una stonatura? La maggior parte degli Albanesi di Castriota, gli albanesi in Calabria, secondo Wey, erano greci, dell’Epiro e della Macedonia. Questo è più che possibile, che gli albanesi allora, metà Ottocento, si facessero passare per greci - allora, prima cioè dei fondi europei per le minoranze etniche e linguistiche. Ma resta comunque il sospetto di un plagio, di un’operina di viaggio copiata. È infatti analoga al racconto di viaggio, questo documentato, che l’archeologo Arthur John Strutt, inglese romanizzato, aveva compiuto a vent’anni a piedi in Calabria nel 1838, o forse nel 1841, e aveva documentato in un libro di successo, “A pedestrian tour in Calabria&Sicily”. Teresa Reda, nella nota al testo, rimarca “una serie singolare di coincidenze annotate negli scritti dei due”: l’aggressione dei banditi-briganti, ricomposta dal barone, e i compagni di viaggio - si chiamano Evariste Fouret e Charles de Valfort, barone, in Strutt, Evariste F. e Walfort, pittore, in Wey.
Francis Way, Scilla e Cariddi, Rubbettino, pp. 95 € 7.90
lunedì 6 settembre 2021
Perché tante bugie sul nostro Afghanistan
Perché l’ambasciata italiana a Teheran
ha chiuso a Ferragosto, tutti rientrati, anche se c’era molto lavoro da fare,
soprattutto per i rimpatri? Unica fra tutte le ambasciate europee. C’è stato un
ordine, evidentemente, poiché per tutti erano previsti mezzi e tempo per il
rientro.
Si continua a eroicizzare Tommaso
Claudi, il giovane che la foto immortala mentra solleva un bambino per
salvarlo, come il console a Teheran, mentre è un operatore dell’ambasciata che
è rimasto volontariamente a Teheran - un funzionario della sezione commerciale,
terzo funzionario della sezione commerciale di un’ambasciata di secondo rango e
sede disagiata.
C’era una volta un ministero degli
Esteri intelligente e attivo. È ora un poltronificio? Di incapaci? E il ministro,
che ci sta a fare?
All’arrivo – previsto e organizzato - a
Ciampino degli Afghani che sono riusciti a valersi del ponte aereo italiano non
c’era nessun interprete (“mediatore culturale”): si è andati avanti con un po’
di inglese maccheronico, a gesti, e nella confusione. Gli Esteri dicono che
toccava all’Interno…
Non solo l’ambasciata è stata chiusa
senza necessità, ma non sono state date disposizioni per l’imbarco verso l’Italia
delle persone cui a Herat, a Kabul e altrove era stato concesso il visto con la
promessa d’imbarco. Persone che hanno dovuto sorpassare ostacoli incredibili per
presentarsi all’aeroporto a Kabul, molte
le donne, con figli, hanno trovato i Carabinieri che non sapevano che farsene
dei loro lasciapassare.
Un minimo di autocritica? Ci sarà sempre
una Farnesina capace solo di scappare, e un Interno incapace, dopo quaranta o
cinquant’anni di immigrazione di massa, di gestire gli arrivi, con un po’ d’inglese
e qualche regola, comprensibile?
Sherlock Holmes, la logica dell’illogico
Lo
Sherlock Holmes di semrpe, in una delle tantissime raccolte, più o meno angolate
su un filone o anche alla rinfusa: tutto fumo se si vuole, e intelligenza. In
occorrenze, al solito, le più inveromili: la caccia a individui dallo stesso
nome, il barone casanova con un segreto, chi non ne ha?, l’inquilina che
nasconde un’altra faccia sotto la veletta, la gara al gioiello con un ladro
emerito, o il sospetto di vampirismo, con un po’ di razzismo, nella moglie che
viene dall’Est.
Sherlock Holmes non si preoccupa dell’inverosimiglianza. Ma il
lettore, stranamente, nemmeno – anche, evidentemente, dopo tanto tempo, alla
rilettura. Forse non è tanto il talento di scoprire l’arcano il segreto di
Sherlock Holmes, ma la sua abilità a crearlo, a trascinarci nell’inverosimile.
Nella logica dell’illogico.
Arthur
Conan Doyle, Il taccuino di Sherlock
Holmes, Newton Compton, pp. 256 € 5,90
domenica 5 settembre 2021
Ombre - 577
A Napoli la Lega presenta la propria lista fuori tempo massimo. Cioè non proprio
fuori tempo: varcando la soglia della prefettura un secondo prima, ma senza
ancora essere entrati nell’ufficio elettorale – l’avvocato incaricato di
presentare la lista, naturalmente, ha sempre qualcos’altro da fare… In maniera
che l’esclusione sia sancita d’ufficio.
In
effetti la destra, che probabilmente continua ad essere maggioritaria nel
Paese, come ormai da quasi quarant’anni, non governa perché è un’area politica
di capi e capetti. Non c’è destra senza ducismo.
È
innamorato di Salvini, “politico dal carisma straordinario”, l’avvocato italo-congolese
Vens Kahumba Mulosi, che ostenta la sua adesione alla Lega che ora lo candida –
“sono tesserato”.
L’avvocato
assicura anche che la Lega non è razzista – lo è solo con i meridionali?
Lukaku:
“L’Inter mi ha tolto dalla merda. Ma volevo il Chelsea”. Semplice: la
beneficenza non aiuta. Nemmeno nei riguardi di Conte, l’allenatore, che ha “rifatto”
Lukaku, cioè lo ha fatto.
Dopo
l’ “affare Neymar” nel 2017, da poco meno di mezzo miliardo, il suo passaggio
dal Barcellona al Psg, garantito dalla società del Qatar in ogni aspetto, anche
fiscale, come rivela il quotidiano “El Mundo” - superato dopo tre mesi da Messi
con lo stesso Barcellona, un contratto da 555 milioni - “fu la fine della concorrenza”,
spiega Capello sul “Corriere della sera”: “I prezzi si sono impennati”, i
bilanci sono diventati ingestibili”, grandi società “si sono impantanate”. E ora
il calcio è tre società: “Il Chelsea di un ricco russo, il Psg che ha lo Stato
del Qatar ale spalle, e il Manchester City di un Emirato”.
Peggio,
spiega ancora Capello, i ricchi trasferimenti impoveriscono il sistema: “Le
risorse derivanti dai trasferimenti non restano nel sistema ma finiscono nelle
tasche di giocatori e procuratori”. Negli ultimi dieci anni “sono stati pesi
3,5 miliardi in commissioni agli agenti”.
La
cifra è enorme. Senza “sfioramenti” per i direttori sportivi?
Ventidue
candidati sindaco a Roma, duemila candidati consiglieri, in trentanove liste.
L’abolizione dei partiti politici ha moltiplicato l’arroganza.
Molte
candidature e molte liste sono state create solo per disturbo: per togliere
voti, per prossimità, politica o comunque di seguito politico, al candidato che
si teme, a destra e a sinistra, e abbassare la soglia per il ballottaggio. Un
voto scarsamente popolare, dominano le tecniche, furbe.
“Poverino,
va alla scuola di Renzi che predica che i poveri devono soffrire senza reddito
di cittadinanza”, Barbara Collecchio (Bartezzaghi la chiama Collevecchio),
“analista junghiana”. “Barbara, questo tweet è aberrante. Te la prendi con un
ragazzo di 21 anni per un orologio.
Vergognati e chiedi scusa”, Carlo Calenda, “candidato sindaco” (di Roma). Sui
social e su “la Repubblica”, il loro giornale. Ribolle così a Roma a sinistra la
campagna per il sindaco.
Il
veltroniano Pd è stato una scuola rovinosa? E “Renzi che predica che i poveri
devono soffrire senza reddito di cittadinanza”: davvero Collecchio-Collevecchio
è analista, in esercizio?
“Gli
spaghetti al pomodoro non hanno prezzo”, decreta entusiasta il gastronomo del “Venerdì di Repubblica” Melilli: “Lo chef Fulvio Pierangelini li faceva
pagare 50 euro”. Davvero, venti anni fa? E c’era chi li mangiava? Poi dice che
il tycoon è americano, il riccastro, e un po’ trumpiano - come se Trump fosse scemo.
Anche
la gastronomia è sui giornali come la critica letteraria, serve a fare
pubblicità.
Il
segretario Pd si candida a Siena senza il simbolo del suo partito. Per non
dispiacere ai 5 Stelle, certo, che ne appoggiano la candidatura. Ma un
segretario? Un partito succube di Grillo? Potrebbe chiamarsi portavoce. Di un partito
del Dubbio.
Si
scopre ora che Donnarumma è stato assunto al Psg, ad altissimo prezzo, per fare
la riserva a Navas. E anche ora si minimizza. Il giornalismo al servizio del
procuratore del calciatore. Fantastico. Pazzesco.
Dei
tre filosofi che obiettano la libertà no vax, uno, Vattimo, è anche per i
vaccini (“ci si può vaccinare, certo, perché no?), effetto dell’età, uno,
Cacciari, insegue Sgarbi come personaggio tv, e uno, Agamben, presume solo di
sé - in un certo senso è auto vaccinato. Ma, e la filosofia?
Non
ci sono solo i filosofi, c’è anche Landini, il capo della Cgil. Uno che è l’ospite
“preciso” dei talk-show in tv: l’attesa, promettente, con gli sguardi, l’attacco
sornione a inizio intervento, come il ciclista scalatore nel lungo preambolo in
pianura, poi lo scatto-botto, alla Sgarbi – applausi. Si assiste così all’invereconda
scena della Confindustria che vuole tutti vaccinati. Responsabilmente: non si può fermare la produzione perché c’è
un contagio, la produzione richiede accordi e impegni specifici, scadenze,
penali, eccetera. È una cosa seria. E ha di fronte, a protezione dei lavoratori,
un saltimbanco. Moderno, certo.
Capita di incontrare un amico di vecchia data, medico, chirurgo, che oppone, con veemenza, il bugiardino del vaccino anti-covid. Come se il bugiardino della Aspirina fosse più tranquillizzante. Sono persone che hanno avuto paura, sin da bambini, della iniezione? E fanno i chirurghi? No, sono - medici, adulti, di esperienza - fautori del complotto. A partire da Israele, naturalmente.
Ecco, dove è finita la politica. In assenza di ideali, di un progetto, di un impegno in positivo, si vive di scemenze.
Perché l’Occidente sta con i sunniti
Si rinnova a ogni occasione, col Kossovo
contro la Serbia, con le “primavere arabe”, fino alla castrazione in Libia, col
riconoscimento di Israele nella penisola arabica e in Nord Africa, e ora col
ritiro dall’Afghanistan, una sorta di schieramento “occidentale”, degli Stati
Uniti, con l’Europa al carro, accanto all’islam sunnita e in suo favore. Uno
schieramento non dichiarato ma con costanza applicato, anche contro ogni
interesse: per esempio in Kossovo e in Libia, e ora in Afghanistan. Anche a
costo di coprirne le rigidezze (la legge islamica, che tanto nuoce agli affari,
la condizione della donna, la lealtà nei rapporti internazionali). Uno
schieramento arrivato fino alla castrazione in Libia (che non può essere un capolavoro
di incapacità: è stata ed è una vera e propria autocastrazione, e non si vede a
beneficio di chi, se non dei manovratori sunniti, Qatar, Turchia), in Irak, e
ora in Afghanistan, col lungo negoziato e le larghe concessioni, senza
contropartita, degli Usa ai Talebani. Auspice l’emiro del Qatar a Doha, il suo amico Erdogan
in Turchia, e non contrario il nemico dell’emiro, il re saudita.
Sosteniamo peraltro, appunto, l’emiro
del Qatar come il suo nemico, il re dell’Arabia Saudita. E allora, quale è il
minimo comune denominatore? La sunna, il sunnismo. Perché?
È Israele,
che ha Hezbollah, cioè l’Iran sciita, nemico del sunnismo, vicino di casa in
Libano? E la Bomba Iran sulla testa? Sono i potentati della penisola arabica,
che sono in teoria i primi destinatari del fondamentalismo arabo, per ricchezza
personale eccessiva (sono Stati patrimoniali, di famiglie cioè padrone degli
uomini e delle risorse) e di nessuna moralità, che trovano conveniente deviare
il terrorismo altrove, con tanti lutti, in Europa, in Russia, negli Stati Uniti
– quindici dei diciotto attentatori dell’11 Settembre sotto processo negli Usa
sono sauditi? Se c’è una strategia politica dietro non è dato vederlo. Ma nessuno,
anche, si ingegna a spiegarla. È un arcano?
Donne indifese in Calabria
Le
donne indifese sono le viaggiatrici: la scrittrice, molto giovane, e sua madre.
Indifese perché hanno deciso, la madre assecondata dalla figlia, di viaggiare
da sole. La compagnia degli uomini in viaggio reputando utile solo per il
bagaglio. Che allora riducono a una borsa da viaggio – una carpet-bag l’una, “sacca
da viaggio fatta con lo stesso tessuto utilizzato per i tappeti, molto in voga
nel XIX secolo sia in Gran Bretagna che negli Statti Uniti” (la traduttrice e
curatrice Maria Rosaria Costantino).
Lowe,
di cui non si sa la data di nascita, nel 1857 pubblica a Londra queste note, “Unprotected
Females in Sicily, Calabria and on top of Mount Aetna”. Dopo aver pubblicato,
due anni prima, un analogo “Unprotected Females in Norway”, con una certa
fortuna. Nel 1869 si sa che sposa un baronetto, discendente di Enrico VIII, sir
Spencer Clifford. Data alla quale aveva disegnato come architetto la casa di
famiglia a Londra, e si era impegnata, riuscendoci, a conseguire la patente di
comandante capitano navale, effettuando anche una traversata commerciale documentata
del Mediterraneo con un’imbarcazione da 350 tonnellate al suo comando. Nel
viaggio al Sud si può ipotizzare fosse sui vent’anni. Una ragazza, anche se
allora la ragazza non esisteva, troppo dotata per accontentarsi, se non
iperattiva, con un piglio di scrittura altrettanto energico. Queste note
rapide, di un viaggio breve, e poco organizzato, nella stagione più difficile,
tra Natale e la Befana, in ambienti
totalmente estranei, e si direbbe ostili, sono l’una più intelligente
(espressiva, azzeccata, persuasiva) dell’altra. La fine è, a Napoli, sbarcando
dal “Sorrento”, grande letteratura: “Sbarcammo, andammo in albergo, occupammo i
nostri posti fra la gente civile e sentimmo che c’era un modo di vivere diverso
da quello di essere adorate”.
È
sbarcata pimpante, per Capodanno, da uno “speronare”, grossa imbarcazione con
uno sperone, “dalle ampie vele”, in Calabria, “terra che pericoli romanzeschi
proteggono dall’invasione dei viaggiatori”. Due cose importanti, e
controcorrente, in mezza riga: i pericoli sono romanzeschi, la Calabria è
isolata. Trova che Reggio “barcolla sulle gambe come un bambino” - per il terremoto:
quale? uno qualsiasi, la terra ancora trema. Ma la sera c’è l’opera, ed è
eccellente. Come pure il teatro, si recita Goldoni, "Il ventaglio". “Il Trovatore” la giovane viaggiatrice trova cantato “con una
completezza e un sentimento tali da far pensare alla Calabria come alla terra
natia delle passioni cupe che quella musica rivela in modo pauroso”. Che non è
vero storicamente, ma già dice molto della Calabria. Al secondo giorno di
permanenza. Senza rinunciare al cliché:
sempre all’opera, nel pubblico, “benché non ci fossero bellezze smaglianti,
capaci di folgorare qualcuno, c’erano molte facce davvero interessanti e occhi
adatti a giustificare gran numero di omicidi” – lasciando aperto il senso:
facce di assassini o occhi assassini, di assassine.
Eccetera.
Della “casa calabrese”, incompiuta, sa da architetto in petto la ragione (una ragione, allora, metà Ottocento, poi ci
sarà il mutuo da ripagare alla banca): “I terremoti hanno introdotto uno
sciatto sistema di costruzione per cui le impalcature vengono collocate all’interno
degli edifici (sistema costruttivo che si può testimoniare operante ancora nel
secondo dopoguerra, e nella operosissima, ricchissima e modernissima Gioia Tauro
ancora tre o quattro anni fa, n.d.r.), e inserite dentro i muri, così che, quando
vengono rimosse, i muri rimangono pieni di buchi, e mentre le pareti interne
delle stanze vengono ricoperte da carta o pittura, nessuno si prende la briga
di fare lo stesso all’esterno, anche solo per salvare le apparenze”. Dei
briganti sa già il mito e la realtà. Rifiutando la scorta militare, che il governo
borbonico riteneva indispensabile per la salvezza dei viandanti in Calabria.
Dei bergamotti e dei limoni, le cui piantagioni evidentemente ha visitato,
accompagnata con largo seguito e profusione di gentilezzze dal cavaliere Monsolini cui è stata raccomandata, sa
tutto l’essenziale: profumi, disposizione, coltivazione, e il trattamento del
prodotto. Bergamotti e limoni vengono mandati in succo, in barile, in
Inghilterra “per la raffinazione” – uso che si può testimoniare attivo ancora
negli anni 1950, i barili venivano accumulati sulle banchine del porto di
Messina, abbastanza capace per le grandi navi da carico.
Gli
agrumeti ha trovato disseminati di ville signorili. Il pomeriggio e la sera
tenzoni poetiche si fanno tra giovani in onore delle due dame – di un componimento il
volume propone la trascrizione (in italiano nell'originale? è di ortografia da
manuale). Giovani poeti le omaggiano nella prima tratta del loro viaggio verso Nord, da Reggio
a Villa.
Nulla
di sbalorditivo ma un racconto breve, di un viaggio evidentemente durato
poco, sbalorditivamente onesto.
L’unica
cosa che si sa del viaggio è che durò tre mesi – mettendo assieme le tratte
Londra-Livorno, Livorno-Napoli, Napoli-Palermo, e poi Napoli-Livorno, e
Livorno-Londra. La parte in Calabria si può pensare al massino di un paio di
settimane, ma la Calabria c’è.
Costantino
dota il breve racconto di utili note, e lo fa precedere da un ritratto
dell’autrice – anche se, dice, le notizie che la concernono sono scarne.
Emily
Lowe, Donne indifese in Calabria,
Rubbettino, pp. 69, ril. € 7,90
Lowe, di cui non si sa la data di nascita, nel 1857 pubblica a Londra queste note, “Unprotected Females in Sicily, Calabria and on top of Mount Aetna”. Dopo aver pubblicato, due anni prima, un analogo “Unprotected Females in Norway”, con una certa fortuna. Nel 1869 si sa che sposa un baronetto, discendente di Enrico VIII, sir Spencer Clifford. Data alla quale aveva disegnato come architetto la casa di famiglia a Londra, e si era impegnata, riuscendoci, a conseguire la patente di comandante capitano navale, effettuando anche una traversata commerciale documentata del Mediterraneo con un’imbarcazione da 350 tonnellate al suo comando. Nel viaggio al Sud si può ipotizzare fosse sui vent’anni. Una ragazza, anche se allora la ragazza non esisteva, troppo dotata per accontentarsi, se non iperattiva, con un piglio di scrittura altrettanto energico. Queste note rapide, di un viaggio breve, e poco organizzato, nella stagione più difficile, tra Natale e la Befana, in ambienti totalmente estranei, e si direbbe ostili, sono l’una più intelligente (espressiva, azzeccata, persuasiva) dell’altra. La fine è, a Napoli, sbarcando dal “Sorrento”, grande letteratura: “Sbarcammo, andammo in albergo, occupammo i nostri posti fra la gente civile e sentimmo che c’era un modo di vivere diverso da quello di essere adorate”.
È sbarcata pimpante, per Capodanno, da uno “speronare”, grossa imbarcazione con uno sperone, “dalle ampie vele”, in Calabria, “terra che pericoli romanzeschi proteggono dall’invasione dei viaggiatori”. Due cose importanti, e controcorrente, in mezza riga: i pericoli sono romanzeschi, la Calabria è isolata. Trova che Reggio “barcolla sulle gambe come un bambino” - per il terremoto: quale? uno qualsiasi, la terra ancora trema. Ma la sera c’è l’opera, ed è eccellente. Come pure il teatro, si recita Goldoni, "Il ventaglio". “Il Trovatore” la giovane viaggiatrice trova cantato “con una completezza e un sentimento tali da far pensare alla Calabria come alla terra natia delle passioni cupe che quella musica rivela in modo pauroso”. Che non è vero storicamente, ma già dice molto della Calabria. Al secondo giorno di permanenza. Senza rinunciare al cliché: sempre all’opera, nel pubblico, “benché non ci fossero bellezze smaglianti, capaci di folgorare qualcuno, c’erano molte facce davvero interessanti e occhi adatti a giustificare gran numero di omicidi” – lasciando aperto il senso: facce di assassini o occhi assassini, di assassine.
Eccetera. Della “casa calabrese”, incompiuta, sa da architetto in petto la ragione (una ragione, allora, metà Ottocento, poi ci sarà il mutuo da ripagare alla banca): “I terremoti hanno introdotto uno sciatto sistema di costruzione per cui le impalcature vengono collocate all’interno degli edifici (sistema costruttivo che si può testimoniare operante ancora nel secondo dopoguerra, e nella operosissima, ricchissima e modernissima Gioia Tauro ancora tre o quattro anni fa, n.d.r.), e inserite dentro i muri, così che, quando vengono rimosse, i muri rimangono pieni di buchi, e mentre le pareti interne delle stanze vengono ricoperte da carta o pittura, nessuno si prende la briga di fare lo stesso all’esterno, anche solo per salvare le apparenze”. Dei briganti sa già il mito e la realtà. Rifiutando la scorta militare, che il governo borbonico riteneva indispensabile per la salvezza dei viandanti in Calabria. Dei bergamotti e dei limoni, le cui piantagioni evidentemente ha visitato, accompagnata con largo seguito e profusione di gentilezzze dal cavaliere Monsolini cui è stata raccomandata, sa tutto l’essenziale: profumi, disposizione, coltivazione, e il trattamento del prodotto. Bergamotti e limoni vengono mandati in succo, in barile, in Inghilterra “per la raffinazione” – uso che si può testimoniare attivo ancora negli anni 1950, i barili venivano accumulati sulle banchine del porto di Messina, abbastanza capace per le grandi navi da carico.
Gli agrumeti ha trovato disseminati di ville signorili. Il pomeriggio e la sera tenzoni poetiche si fanno tra giovani in onore delle due dame – di un componimento il volume propone la trascrizione (in italiano nell'originale? è di ortografia da manuale). Giovani poeti le omaggiano nella prima tratta del loro viaggio verso Nord, da Reggio a Villa.
Nulla di sbalorditivo ma un racconto breve, di un viaggio evidentemente durato poco, sbalorditivamente onesto.
L’unica cosa che si sa del viaggio è che durò tre mesi – mettendo assieme le tratte Londra-Livorno, Livorno-Napoli, Napoli-Palermo, e poi Napoli-Livorno, e Livorno-Londra. La parte in Calabria si può pensare al massino di un paio di settimane, ma la Calabria c’è.
Costantino dota il breve racconto di utili note, e lo fa precedere da un ritratto dell’autrice – anche se, dice, le notizie che la concernono sono scarne.
Emily Lowe, Donne indifese in Calabria, Rubbettino, pp. 69, ril. € 7,90