sabato 20 novembre 2021
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (474)
Il miracolo in
bottiglia
I Macron, come già Mitterrand,
gradiscono Napoli come sede dei “bilaterali”, i colloqui periodici tra i
governi italiano e francese. “Città a me molto cara”, ha detto Macron, che “ho
visitato più volte”. Prima di diventare ministro, e poi presidente della Repubblica,
Macron era un irregolare, sposo adolescente della sua professoressa – un
matrimonio tra i più riusciti.
La ricerca del genio, o il genio della ricerca
Semplicità
e garbo, nell’eloquio come il pubblico ha imparato a conoscere il neo Nobel per
la Fisica, anche in questo racconto scritto di alcune esperienze di ricerca.
Per prima quella della copertina, forse perché spettacolare, essendo stata poco
concludente, come succede spesso nella ricerca. E perché indicativa dei
“sistemi complessi”, su cui Parisi si è impegnato dalle prime esperienze di
ricercatore, alla scuola di Nicola Cabibbo – “Le meraviglie dei sistemi
complessi” è il sottotitolo.
Il
racconto di alcune ricerche che Parisi ha sviluppato, scelte e riordinate con
la collaborazione di Anna Parisi (nessun legame di parentela, Giorgio Parisi è
molte cose ma non un “barone”, la scelta della rinomata divulgatrice è
editoriale). Con un linguaggio il più possibile non specialistico, molta
aneddotica, e la caratteristica semplicità e bonomia che lo distingue. Una
sorta di rappresentazione “fisica” del genio – dell’intuizione. Che più si rileva
nel racconto finale “Je ne regrette rien”, o “come non vinsi il Nobel a 25 anni”,
per una “piccola trascuratezza” di cui tarderà decenni a rendersi conto.
Indirettamente,
Parisi se lo dice da sé: “La scienza si fonda sulle prove sperimentali, sulle
dimostrazioni analitiche, sui teoremi. Alla base della costruzione scientifica,
però, c’è una grande costellazione di ragionamento intuitivi”. Tra i “ragionamenti
intuitivi” ci sono, ad esempio, “le metafore, che hanno un ruolo decisivo nel
trasferimento di immagini e di idee tra discipline diverse nello stesso periodo
storico”. L’intuizione, cioè il genio.
Il
fisico teorico deve pensarle tutte. Il che è impossibile, e allora deve
beneficiare del lampo di genio. Ogni risultato in fisica e in matematica si
contraddistingue per “semplicità e naturalezza”, ma arrivarci si combina col
caso caso: non c’è un metodo, o allora intuitivo, non codificato. Parisi, che è
stato per alcuni decenni la colonna della ricerca teorica alla Sapienza a Roma,
sa unire la semplicità, anche nell’esposizione, lineare, aneddotica, lieve, al
lampo e alla consequenzialità del ricercatore.
La ricerca al tempo delle scannatrici
Un
libro anche denso – preludio, nell’immediatezza del Nobel, ad altri più distesi
interventi? Sia nello specifico, delle proprie ricerche di Parisi e della ricerca
scientifica, sia nel recupero dei suoi vasti interessi personali, dai linguaggi
verbali e geometrici alla musica.
Comprese le forme della conoscenza:– il tema epistemologico lo appassiona
quanto quello della complessità, dalla metafora, il tropo per eccellenza,
regina dei traslati, al modello darwiniano delle derivazioni – passando per le
nozioni più scontate, il teorema, il modello, l’analogia.
Con
una rappresentazione vivissima della vecchia università, pre-1968. Lenta. Nelle
comunicazioni – una telefonata in America costava uno stipendio. Nel calcolo – un
reparto nel’ammezzato, detto delle “scannatrici”, perché ci lavoravano tutte
donne, era addetto al lento recupero dei dati delle schede perforate. I professori
inece erano giovani, al contrario di adesso.
Giorgio
Parisi, In un volo di storni,
Rizzoli-Corriere della sera, pp.125 € 12
venerdì 19 novembre 2021
Problemi di base di letto - 671
spock
“La vita erotica è labirintica e non ha proprio nulla a che
fare con l’istinto”, Massimo Recalcati?
“Nel rapporto di coppia non si può essere se stessi, si ha
bisogno di un estraneo a letto”, Graham Greene?
“La segretezza è parte dell’attrazione in una relazione sessuale.
Una tresca nota ha un tocco di assurdo”, G. Greene?
“La pretesa di conoscere l’altro, o la volontà di
integrarlo nel proprio mondo, non permettono l’avvicinarsi di lui, o di lei”,
Luce Irigaray?
“Non bisogna confondere la «carne» con il semplice corpo”,
Remo Bodei – è di più?
“Il mio peso è il mio amore. Esso mi porta dovunque mi
porto”, sant’Agostino?
L’amore è “normalissima improbabilità” – Niklas Luhmann?
spock@antiit.eu
Graham Greene si confessa – o dell’Europa masochista in Africa
Il
racconto di due viaggi in Africa, nel Congo ex Belga a gennaio del 1959, e in
Africa Occidentale nel 1\941, il secondo nella regione, il primo era stato nel
1934. Del Congo Greene ha tenuto il diario (“di solito non tengo diari, questa
è un’eccezione”) , dell’Africa Occidentale, da Lagos a Monrovia no, per ragioni
di sicurezza.
La
breve introduzione, anche questa un’eccezione, dà buone indicazioni su Greene
stesso, sulle sue opere. Dal primo viaggio nasce “Il cuore della questione”, e
nello scriverlo molto ha risentito la mancanza di un diario: “Sono stato a Freetown
troppo a lungo, finendo per dare troppe cose per scontate”, mente tenere un
diario avrebbe aiutato la composizione del romanzo, “perché ho poca
immaginazione visiva e solo una corta memoria”. Non solo, “con l’età la memoria
peggiora” – “ho dovuto fare quattro visite di tre mesi ciascuna in Indocina
per «Il tranquillo americano”.
In
Sierra Leone la lettura di una detective
story del genere fantastico di Michael Innes “mi ha messo in moto nella
direzione del “Ministero della paura”, “un divertimento che ho scritto nel
tempo libero dal lavoro che potevo permettermi a Freetown”.
Nel
diario del Congo il 22 febbraio spiega il problema di limitare i personaggi
alla scelta dell’iniziale invece del nome - bisogna cercare il carattere, il
senso, di quella scelta. “Ci sono poche lettere che si possono usare invece di
un nome: K appartiene a Kafka, D l’ho già usato, X è di disagio. Rimane la
C…”.Qua e là molte perle. “L’economia del romanziere è un po’ come quella di
una attenta padrona di casa, che non vuole buttare nulla”. I bambini piangono a
messa, in chiesa un ordine fra i più ascoltati è: “Metti il. bambino al
seno”. Col “tragico spreco delle piccole vite eroiche”. Contro Julien Green,
autore peraltro presto dimenticato, allora in auge, e le sue giaculatorie
contro Dio: “Dio non preferirebbe una bestemmia - ma da Villon?” L’Africa, la
rivoluzione, incomprensibili – a proposito di lebbrosi (all’epoca c’era la
lebbra): “Un uomo che L. ha curato ha scritto una lettera alla sorela ancora
nel lebbrosario augurandosi la morte di L.e vantandosi di quello che aveva
fatto a Leopoldville nei tumulti” contro gli europei. I viaggi: “Quando si viaggia lontano
si viaggia anche in tempo”. La suora bellissima ma freddissima, senza
sentimento. I missionari: né ingenuità, né durezza né tensione: “Persone che
hanno troppo da fare per occuparsi dei motivi”.
E
una veduta sicuramente anticonformista del colonialismo, dell’imperialismo: “Il
masochismo dell’Europa”, che si attribuisce tutte le colpe - siamo nel diario
del Congo, quindi nel 1955: “La discriminazione è girata dall’altra parte. Il
bianco paga più del nero per la licenza radio; nei tribunali, se non ci sono testimoni,
la parola di un nero, che dica per esempio che un bianco lo ha colpito, è
sempre presa per buona, il che porta a una sorta di ricatto. Il masochismo
dell’Europa (nel Congo già preda delle guerre civili, n.d.r.): “Lo abbiamo
provocato noi.
Nessuna comprensione del lavoro disinteressatamente fatto per gli africani”.
Con la constatazione delle “stragi indiscriminate, che succedono ai tropici”. E
quando qualcuno, il vice-governatore con vent’anni di Africa, agli inizi del
diario del Congo dice che bisogna rompere il quadro tribale e dare a questo
scopo anche incentivi materiali, Greene obietta: “Ma questo non porta dritti al
mondo a premi degli Stati Uniti? Parla della necessità di una mistica, ma c’è
una qualche mistica in America oggi, anche dentro la chiesa cattolica?”.
Graham
Greene, In search of a character
giovedì 18 novembre 2021
Ombre - 588
Marco
Pannella boicottava (chiedeva di boicottare) la Rai perché non dava spazio alle
sue ragioni. Conte chiama i 5 Stelle alla rivolta perché non ha ottenuto posti,
o non ne ha ottenuti abbastanza, ai vertici Rai: “5 Stelle esclusi, disertiamo
le reti pubbliche”. Questo significa che non avremo più nei Tg Rai le dichiarazioni
d’obbligo di un o due 5 Stelle a edizione? È un male?
Si divide la
destra, in Italia e in Europa, sul vertice organizzato dal governo polacco a
Varsavia ai primi di dicembre.
Ci vado o non ci vado, si chiedono in Italia (Meloni) e altrove i vari leader
dei vari partiti – in
chiave Nanni Moretti di “Ecce bombo”, “mi si nota di più se vengo….”. Le destre europee si
caratterizzano sempre, dopo i fascismi degli anni 1920-1930 (29 regimi fascisti
nel
continente), per
essere movimenti di ducetti.
Si
va verso la quarta ondata, con grave sacrificio di tutti, perché i no vax vogliono
propagare il virus, con le manifestazioni di piazza, per lo più “selvagge”. Se
è una battaglia di libertà, perché non vaccinarsi e stare tranquilli? È libertà
fare da untori? No, è un “battaglia” politica. Con danni per tutti, no vax
compresi, enormi (sanità, lavoro, reddito).
L’opinione
pubblica è debole e manipolabile. Anche da pochi, incapaci. Ci vogliono leggi.
Costituzionali ma obbligatorie.
“La
quarta ondata in Europa e in Usa: nessun altro continente così colpito”. Nelle
patrie della libertà? Insensato, ma non inspiegabile: la libertà è concetto
scivoloso, anche se l’Occidente (Europa e Usa sono l’Occidente) ne vanta il
brevetto. Libertà non è individualismo.
Il
presidente Mattarella, accompagnato dalla figlia, va in visita a Madrid. La
foto lo mostra insieme con il re e la regina di Spagna. I reali seduti compostamente,
come di rito. Mattarella e la figlia con le gambe accavallate. O della politica
inutile – la politica è istituzione e rispetto delle forme.
Buccini
celebra “Il tempo di Mani Pulite”, raccolta di articoli, memorie, personaggi.
il libro. Con Di Feo maneggiò il “falso” avviso di garanzia a Berlusconi presidente
del consiglio messo su dalla Procura di Milano d’intesa col Quirinale ala
vigilia di un Forum mondiale a Napoli sulla giustizia. Falso perché rivelatosi
inconsistente. E perché fatto uscite proditoriamente, forse dal Quirinale, forse
dal capo della Procura Borrelli, il giorno
prima del Forum.
È
stata, è, terribile la simbiosi giudici-cronisti giudiziari, cui i direttori di
giornale hanno dovuto con Mani Pulite vendere l’anima. E tuttora continuano, i
giornali riempiendo di veline, confidenze, carte più o meno segrete, anche se
le copie vendute, dopo Mani Pulite, si sono più che dimezzate, da sei milioni
giornalieri a poco più di 2,5 milioni. E non per effetto dei social – non c’è
crollo analogo altrove: è in Italia che il giornale non è credibile.
Paolo
Mieli, che di Buccini e Di Feo fu il coordinatore, ha voglia e fama di storico.
Ma di questo “episodio” della guerra di Borrelli e Di Pietro contro Berlusconi
(con che titolo? non lo hanno fatto condannare mai) non ha mai voluto dire
nulla. È un attore e non un testimone?
“Ora
solo gli uomini bianchi possono essere cattivi, senza che nessuno si debba offendere”,
Igino Straffi, il Walt Disney italiano. Dove soprattutto conta il “si debba”:
si va per categorie, il politicamente corretto va per astrazioni.
Il
ricordo che di Roma ha l’attore Bill Murray, che pure nella capitale è stato
premiato alla carriera, è del 2004,
quando ci ha girato il film “Le avventure acquatiche di Steve Zissou”: “Eravamo
a Cinecittà, ma ogni week-end la troupe scioperava: un incubo, a volte
dubitavo che avremmo mai finito le riprese”. La troupe scioperava per farsi il
week-end. Come si perde un capitale. Col patrocinio del sindacato.
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Il dolore del lutto
Un
ragazzino, l’unico figlio, morto per scarsa sorveglianza cadendo dalle scale,
una coppia amorevole e avventurosa che si divide, una piccola speculazione che
si monta sul loro dolore. Fino a far credere il bambino in qualche modo ancora
presente nella loro vecchia casa.
Rivisto,
il film di Mordini che evoca le atmosfere morbide di David Lynch in Twin
Peaks”, non è quello delle critiche
negative che si è attirato all’uscita. Ha visi ed espressioni (Maya Sansa, Serena
Rossi, Valeria Golino, Stefano Accorsi) tutti congrui e in palla, nella
felicità e nel dolore. Una sceneggiatura solida. E un tema angoscioso:
l’elaborazione del lutto. Un fatto con cui ognuno a una certa età deve confrontarsi.
Elaborazione
del lutto è termine anodino. Ma Roland Barthes, “Dove lei non è”, in morte della
madre, pure anziana, ne ha mostrato la difficoltà: amore e dolore tendono a
eternizzarsi.
Stefano
Mordini, Lasciami andare Sky Cinema
mercoledì 17 novembre 2021
L’impotenza e il sovranismo
Cina e Stati Uniti
si confrontano (trattato Aukus, Formosa) e dialogano (rinvio per il clima,
scambi) senza più l’Europa di mezzo. Washington usava informare le capitali
europee delle sue iniziative, soprattutto se di peso, da qualche anno non più,
a partire dalla seconda presidenza Obama.
L’Europa non ne
prende atto, fingendo che la Nato e le relazioni euroamericane siano quelle di
sempre, del lungo dopoguerra con la cortina di ferro. Inattiva e incapace per
le piccole e grandi crisi transnazionali al suo interno, con la
Bielorussia (migranti) come con la Russia (Crimea, Ucraina, gas). E per
quanto concerne la nuova Cina formato gigante si limita alle politiche mercantilistiche, di Merkel o Macron a Pechino
per vendere qual che euro in più – e di alcuni 5 Stelle.
Una Europa unita,
con una sola voce cioè, sia pure solo commerciale, avrebbe a Pechino come a Mosca,
e a Washington, altro peso contrattuale e altri benefici, sia pure solo
commerciali, ma non lo è. È questa inconsistenza alla radice degli istinti sovranisti? Il sovranismo nasce con la incapacità della Unione Europea di confrontarsi con la crisi del 2007 - unica grande area economica al mondo: una Europa del poco e tardi, di ogni Paese membro attento al suo piccolo beneficio, che di quella crisi, che ha buttato fuori mercato un paio di generazioni, porta ancora le cicatrici.
Chi lavora non vota – o gli operai non votano Lega
Un riesame del voto
delle amministrative conferma che il centro-sinistra, aggiudicandosi dieci
capoluoghi di provincia su quindici, ha raddoppiato il risultato del voto
precedente, da cinque a dieci città, con Roma e Torino nel numero. Ma il.
centro-destra è cresciuto ancora al Nord, nei centri urbani di media grandezza,
sopra i 15 mila abitanti. Città a sinistra, provincia a destra, dunque? Si e
no.
Il centro-sinistra
ha vinto dove l’astensione è stata maggiore. Superiore al 50 per cento nelle cinque
maggiori città: Milano (53,3 per cento), Roma (53,0), Napoli (55,4), Torino
(53,7) e Bologna (50,1), a fronte di un’astensione nazionale del 45,3 per cento.
E nelle grandi città l’astensione è stata soprattutto “operaia”, nei quartieri
popolari. A Milano: Quarto Oggiaro 62,8 per cento (più 10,3 per cento sul
2016), Comasina 59,4 (+ 9,7), Bovisasca 58,7 (+ 10,5), Baggio 57,2 (+ 10,0). A
Torino: Vallette 64,8 (+9,8), Falchera 62,0 (+ 12,3), Mirafiori Sud 61,4
(12,3), Barriera di Milano 60,2 (10,8).
Consegue chiaro da
questi numeri anche che gli “operai” non votano Lega. La Lega alle amministrative
ha preso nelle grandi città – pur non tenendo conto di Napoli, dove non aveva presentato
liste – solo un quarto del voto ultimo alle Europee del 2019. Gli “operai” non
vanno a votare.
Dio avido, del Male
La
cena delle bombe c’è, ma non finisce lì. Il ricchissimo dottor Fischer riunisce
periodicamente una banda di persone alle quali infligge una cena disgustosa,
godendosene l’avidità: tutti fanno finta di nulla perché sanno che saranno premiati
con un regalo di gran valore. Un’idea di commedia realizzata poi in racconto.
Un
racconto iterativo, ma non senza sorprese. Il dottor Fischer è un ricco
misantropo, spregiatore del genere umano. Nel quale ha però incluso la moglie,
per una piccola passione che lei aveva, da lui non condivisa, per Mozart, per
la musica: un astio che l’ha uccisa. È dunque persona astiosa, ma ha generato, con la moglie, una figlia. Che
è in tutto uguale alla moglie, e in più decide ora di sposare un inglese
spiantato, con un piccolo lavoro di traduttore a Ginevra, ha più del doppio della
sua, ed è monco di una mano. E non c’è salvezza – questo si può dire, anche se
della bomba all’ultima cena non è opportuno. Se una felicità si schiude, una
morte sopraggiunge quasi annunciata – una offesa al lettore, un suo lutto personale.
Una
storia di fatto di sadismo e masochismo, volendo chiamare le cose col loro
nome. Anche nei personaggi buoni e bene intenzionati. Ma una proposta al solito
penetrante del fatto religioso, del Dio soprannumerario. Fino al Dio malato di
avidità: “Mi piace pensare che la mia avidità è un po’ come quella di Dio”, può
argomentare il dr. Fischer: “I credenti e i sentimentalisti dicono che è avido
del nostro amore. Preferisco penasare che, a giudicare dal mondo che è supposto
avere creato, può essere avido solo della nostra umiliazione, e quella avidità come si può mai esaudire?
È senza fondo”.
Uno
dei racconti di Greene inflessibile: il Male c’è. Ma una storia di fede,
malgrado tutto, la preghiera è ancora
salvifica, benché disperata.
Graham
Greene, Il dottor Fischer a Ginevra,
ovvero la cena delle bombe
martedì 16 novembre 2021
Secondi pensieri - 462
zeulig
Critical Race Theory –
La teoria critica della razza che divide l’America, impostasi nell’insegnamento
e ora contestata (politici ed elettori, non solo bianchi, affermano che è
un’indottrinazione anti-bianchi, i sostenitori affermano che questa è una caricatura
delle Teoria Critica) si fa risalire a un saggio del professore Derrick
Bell,1980, afroamericano, insegnante alla facoltà di Legge a Harvard, sulla
decisione della Suprema Corte nel 1954 che metteva fine ala segregazione
scolastica, “Brown vs. Board of Education”. Abolire la segregazione non aveva
creato pari opportunità, spiegava Bell: mettere la discriminazione fuorilegge
non è la stessa cosa che assicurare una vera uguaglianza. A prescindere dal
fatto, argomentava polemico, che “i progressi razziali” si producono negli
Stati Uniti quando i bianchi ne hanno bisogno – negli anni 1950 per
confrontarsi con forti forze armate contro l’Urss.
L’analisi di Brown prese il nome di CRT,
e lo statuto di insegnamento formale, nel 1989. Ma si è affermata lentamente,
nelle ultime decadi del Novecento e nella prima del Duemila. La teoria si è
fatto strada con alti e bassi. Clinton, per esempio, nel 1993 nominò alla
divisione Diritti Civili del ministero della Giustizia la professoressa Lani
Guinier, della facoltà di Legge dell’università di Pennsylvania, salvo
rimangiarsi la nomina prima che andasse a effetto: Guinier fu criticata anche
nel partito Democratico, per aver sostenuto l’esigenza di ridefinire i
regolamenti elettorali in maniera da garantire l’accesso al voto anche alle
minoranze.
L’esempio di disparità che si suole
portare riguarda i redditi medi, le classi medie: la famiglia media americana
bianca dispone di un reddito che è sette volte quello della famiglia media
americana nera. Ciò soprattutto per l’effetto a rovescio della “rendita
urbana”, il fattore a più vasto impatto dell’accumulazione: la politica
governativa di segnalare i quartieri neri come aree a credito di rischio, con
l’effetto, durato oltre quattro decadi, di rincarare o negare il mutuo ai residenti.
Le teoria critica della razza è tornata sotto osservazione paradossalmente
dopo l’assassinio da parte della polizia del giovane afroamericano George Floyd
a maggio di un anno fa. Una campagna nei media si è elevata contro l’insegnamento
della storia americana alla luce della Crt. Portando il presidente Trump due mesi
dopo a un ordine esecutivo per porre fine alle pratiche di sensibilizzazione al
razzismo dei dipendenti federali che facessero riferimento alla Crt, o al
“privilegio bianco”, comunque a “una
propaganda divisiva, anti-americana”.
Il presidente Biden ha revocato l’ordine
di Trump. Ma le ultime elezioni locali, in Virginia, New Jersey e altrove, si
sono giocate con successo sul rifiuto della Crt. Almeno 28 Stati hanno introdotto o lavorano a
introdurre norme che impediscano lezioni di discriminazione razziale o sessuale
a scuola. In difesa della Crt nuove norme sono state introdotte o si studiano
in tredici Stati.
Esilio – È in connessione
con il concetto di patria, che è labile. Ed è di per sé poco definibile se è
una scelta. Sono esiliati gli scrittori anglo-indiana o indo-americani? O i
tanti franco-rumeni – non escluso qualche italo-rumeno. Parimenti è difficile definire la patria di uno
scrittore afghano o iracheno che si vuole esiliato, o libico, o saudita – ora
usa anche l’emiratino. Cioè di paesi che esistono per convenzione, anche recente,
più spesso coloniale, con scarsi connotati patriottici. La delimitazione tra
Siria e Iraq, tra Siria e Libano, tra Iraq e altri confinanti, Kuwait, Arabia
Saudita è stata coloniale e geometrica, per sfere d’influenza, senza radici
storiche o tradizionali. Essendo peraltro questa aree all’origine e tuttora
tribali, dove cioè la tribù viene prima dello Stato. Lo stesso la divisone
indo-pachistana, per quanto qui le radici culturali siano spesse: la divisione
è stata artificiosa.
L’esilio volontario è parte del più vasto concetto dell’emigrazione.
Che si dice (si vuole) dettata dal bisogno o costrizione (persecuzione), ma è
una scelta di avventura, si sfida – anche sotto la costrizione: ci sono più vie
di sottrazione, e una di queste è l’emigrazione – l’esilio. Che resta una
decisione.
Meritocrazia – È selettiva
e antidemocratica – è autoreferente? Lo è per definizione, e finora con merito –
le democrazie prosperano col merito (intelligenza, applicazione). Ora non più,
per uno stato d’animo condiviso e per una serie crescente di critiche: è un
processo elitario asfittico. Ha promosso una selettività eccessiva, anarcoide, e
ha creato disparità insormontabili tra ceti – per censo, istruzione e, seppure
in forme contorte, razza – o le ha fossilizzate.
Si moltiplicano nelle università americane le contestazioni al
merito. Dapprima Daniel Markovits, giurista della Yale Law School, col voluminoso
“The Meritocracy Trap”, sottotitolo “How America’s Foundational Myth feeds
Inequality, dismantles the Middle Class, and devours the Elite”. Ora il filosofo
di Harvard Michael Sandel, “comunitarista”. “The tyranny of Merit?”, sottotitolo
“What’s become of the Common God”. L’ipotesi è che la meritocrazia sia una delle
forme della crisi politica americana, all’origine di un processo elitario o di
ascesa sociale chiuso invece che aperto, e plutocratico, il merito venendo a costituire
titolo quasi feudale nelle attività pubbliche come in quelle private, di mercato.
Meritocrazia, che si fa risalire alla democrazia di Atene, a torto, è
termine e concetto del 1958, di un romanzo satirico, “The Rise of Meritocracy”
(“L’avvento della meritocrazia”), benché opera di un sociologo, il britannico
Michael Young, laburista di primo piano, fondatore della Open University, e
dell’Istituto di Studi Comunitari. Il premio all’intelligenza e all’impegno
come base per il successo si stratifica in piani infine inaccessibili, soprattutto
perché non tollerano critica – si autocelebrano. Lo stesso Young
successivamente, nel 2001, spiegherà, non più in forma narrativa né satirica, che
“è giusto affidare incarichi agli individui sula base dei loro meriti, ma è l’opposto
quando coloro che si ritengono avere meriti si rinchiudono in una nuova classe
sociale senza spazio per altri”, per nuovi entranti.
Post-umanismo – In tema Alessia
Rastelli su “La Lettura” interroga Timothy Morton, docente a Houston, autore di
un “Dark ecology”, che sarà alla fiera dei libri di Milano, Bookcity, e così si
spiega: “Dark, oscuro, è da
intendersi in un modo che cambia via via che si acquisisce coscienza ecologica.
La prima reazione è di tristezza, depressione per un mondo che sta morendo, poi
si avverte stranezza, ambiguità, rispetto al nostro mondo reale posto sul
pianeta e al rapporto con le altre specie e oggetti; infine dolcezza, alla
maniera potremmo dire del cioccolato fondente; perché attraversando l’oscurità
si può arrivare in un posto migliore”. Anche attraverso il cioccolato al latte,
perché no. E il nocciolato? Dark cioè
confuso? Non è l’uomo che sta fabbricando il post-umanismo?
Si spende molto il post-umanismo per cause non chiare. Per esempio, per
far ricomprare a tutti un’automobile elettrica – invece di ridurre, o abolire, la
circolazione. O come se si potessero regolare (modificare, irreggimentare) le
realtà astrali, la “natura”. Forse sì - ma fino a un certo punto, come sempre.
Il post-umanismo come nuova frontiera di conquista? Che di più umano
dell’intelligenza artificiale.
Religione – È della carne
e non dello spirito. Nasce dal corpo. Nel cristianesimo, con la Crocefissione
e poi
il culto delle reliquie, ossa, dita, la scheggia della Croce. In altre
religioni comunque con la “storia”, di persone e eventi. La fede è corporea.
Anche del qui e ora. È sensibile, sensitiva – per questo le dimostrazioni non
la intaccano. La fede è corporea, sentimentale – dei sensi.
zeulig@antiit.eu
Cronache dell’altro mondo (149)
Al processo Kily RitteNhouse, un adolescente che ha
ucciso due persone e ferito una terza un anno FA durante le manifestazioni Black Lives
Matter a Kenosha nell’Illinois, ma forse ha agito per legittima difesa (il verdetto
è atteso oggi), il giudice Bruce Schroeder ha provato a stemperare la tensione
con una battuta a una pausa pranzo: “Spero che il cibo asiatico non debba
venire da quelle barche di Long Beach Harbour”. Un accenno alla congestione dei
porti californiani, primo approdo dei grandi commerci con la Cina. La Cnn e i legacy
media hanno bollato la battuta come razzista, anti-asiatica. Schroeder è il
giudice di più lunga e apprezzata carriera e Chicago e in tutto l’Illinois.
I legacy media
sono i media di più lunga tradizione, a stampa o anche via etere, una sorta di mass media istituzionali. In opposizione
in genere ai new media, a partire
dall’informatizzazione. È una suddivisione temporale (storica) e quasi tecnica,
ma i legacy media sono ritenuti aprioristicamente
ostili dalle destre americane, attorno al partito Repubblicano.
Edward “Edi” Durr, di professione camionista, che
aveva accettato di fare lo sparring
partner repubblicano alle elezioni contro il presidente del Senato del New
Jersey, in carica da tre legislature, massima autorità politica dello Stato, in
un voto cioè a esito scontato, è invece stato scelto dagli elettori. Durr non
ha fatto nemmeno campagna elettorale – avrebbe speso, secondo le fonti, 1.813 dollari
oppure 2.300. L’unica cosa che si sa di lui, da quanto (poco) scrive su social,
è che è di estrema destra.
Gli Stati Uniti, che con il Fatca,
Foreign Account Tax Compliance Act”, hanno promosso dal 2014 una politica del “fisco
aperto”, dello scambio continuo di informazioni con gli Stati esteri in materia
di depositi e investimenti dei propri concittadini, ospitano sette paradisi
fiscali al proprio interno, in altrettanti Stati (Delaware, Wyoming, Montana,
South Dakota, Nevada, Montana, Mexico e Alaska), che garantiscono l’anonimità, anche
ai cittadini e ai soggetti giuridici americani.
Calvino innamorato
Pubblicata
nel 1990 sul settimanale “Epoca” da Pasquale Chessa – che la ripropone su
“Panorama” con i necessari riferimenti – a settembre del 1990, questa scelta di
lettere d’amore dello schivo scrittore all’attrice e scrittrice Elsa de’
Giorgi, fra le più esaltate e eccitate che si possano leggere, suscitarono
soprattutto polemiche. Come se la pubblicazione fosse rubata, ma più per il
ritratto che danno di un Calvino all’epoca, 1955-1956, non propriamente impegnato
o impelagato, non in modo esclusivo e non in primo grado - e non sposato naturalmente, alla vedova che nel 1990 se ne ebbe a male. Uno scampolo di
lettere che soprattutto tessono le lodi di Elsa, di cui Italo apprezza tutto, anche
il “ghiribizzo di civettare”: “Tu sei un’eroina di Ibsen”, “No, non hai nulla
dell’eroina dannunziana”, una che dice sempre “cose così acute e sorprendenti
quando parli di me con me che ti sto a sentire a bocca aperta”, per una
“intelligenza delle personalità umane fatta di discrezione e capacità di
intendere i tipi più diversi”. Ma erotico, inseguendo “la concretezza del tuo
corpo nudo”. Per la capacità, dice citando Elsa, di “suscitare l’amore senza
mai stimolare il vizio”. Elsa è come la guerra, partigiana: “È terribile come la
guerra, la felicità che mi dai. E la cosa più esaltante di quello che provo fra
le tue braccia è quando penso che chi ti abbraccia non è che sia un altro, sono
io”.…
La
raccolta delle fiabe italiane a cui Calvino stava attendendo al tempo della relazione
esce con la dedica a Raggio di Sole, anagramma quasi perfetto di Elsa de’
Giorgi, “manca solo la «e»”. E quando “L’Espresso” vuole pubblicare la “scoperta” della dedica,
Calvino si adopera per evitare la cosa - uno scandalo, Elsa essendo sposata, con
Vittorio Contini Bonacossi. Elsa Italo eleva alla pari con Pavese, in quelle
che chiama le sue “due conquiste fondamentali”: “Il mio rapporto con Pavese, o la
coscienza della poesia, il mio rapporto con te, o la coscienza dell’amore”.
Lo
scandalo stava nella scoperta che nel 1955 Calvino, personalità di punta nella
strategia culturale del Pci di Togliatti, dell’apertura ai ceti e alle forme
borghesi, mostra invece poca affezione per la politica, e opera la scelta per il
Calvino che conosciamo, scrittore, e letterato acuto. Trascura la politica.
Sceglie la letteratura, la poesia della vita.
Ma
lo scandalo politico nasceva da uno scandalo giornalistico, che Chessa racconta
qui. Elsa de’ Giorgi era stata insultata da Citati, nel necrologio di Calvino scritto
per “la Repubblica” (non elogiativo, per la verità: Calvino ne esce come uno
scrittore minore, un funambolo – Citati, recente vicino di casa dei Calvino a
Roccammare, scriveva quello che della de’ Giorgi pensava la vedova dello
scrittore, “Chichita”, ma non era mai stato un ammiratore di Calvino): “Spesso
si innamorava… Si trattava di False Contesse” eccetera, che “lo obbligavano a
frequentare ristoranti costosissimi o a bere Veuve Cliquot”, e quando capì “di
avere buttato via il suo cuore e il suo tempo”, una della False Contesse “lo inseguiva attraverso l’Italia con la pistola nella borsetta, leggendo ad alta voce
agli amici, con roucoulement di una colomba pugnalata, le tremila lettere
d’amore che lui le aveva scritto”.
Elsa
de’ Giorgi provò a rispondere, e fu ospitata da “Epoca”: “In quell’occasione”,
spiega qui Chessa”, “vidi per la prima volta il carteggio. Le lettere non erano
tremila e nemmeno trecento, ma esattamente 407 divise per argomenti in 11
cartelline azzurre”. È l’unica nota bibliografica accurata che si ha di questo
carteggio.
L’epistolario
di Calvino finora pubblicato, in un Meridiano, di circa mille lettere, non contiene
quello con la de’ Giorgi, secretato dalla vedova di Calvino e sua erede, Esther
Judith Singer. Uno scambio di 400 lettere, tra il 1955 e il 1960, più qualche
cenno sparso successivo. Lui aveva 32 anni nel 1955, lei 40, sposata da sette
con Alessandro “Sandrino” Contini Bonacossi, a Firenze, ma la coppia risiedeva
a Roma, dove Elsa era attrice di cinema e di teatro, amica di Visconti e di
Pasolini. Per incontrare Calvino, che lavorava a Torino, Elsa aveva preso casa
fuori Sanremo sul mare.
È
autrice apprezzata di due memorie, “I Coetanei”, sulla guerra a Roma, e “Ho
visto partire il tuo treno”, sulla relazione con Calvino e sul mondo romano.
Era attrice di nome, col primo
ruolo a diciotto anni in “Ti amerò sempre” di Camerini, poi specialista dei “telefoni
bianchi”, ma anche attrice di teatro, con Visconti e Strehler. E al cinema con Pasolini da ultimo, nel suo ultimo film. Il rapporto con
Calvino ruppe l’intesa con “Sandrino”, che ne derivò un forte trauma, tra
sparizioni e riapparizioni, fino al suicidio nel 1975 in albergo a Washington.
Pasquale
Chessa (a cura di), Amore e politica: le
lettere che dividono l’Italia, “Panorama”, 12 agosto 2004, free online
lunedì 15 novembre 2021
Appalti, fisco, abusi (210)
Morgan Stanley modifica a settembre le
condizioni contrattuali di alcuni fondi. Che l'investitore può accettare
tacitamente. Oppure può chiedere il rimborso dell’investimento, ma deve farlo
entro il 29 ottobre. La comunicazione di MS, data 30 settembre, viene però
consegnata il 15 novembre. Ammesso che le modifiche siano sostanziali, si
tratterebbe di una truffa.
Ma si tratta di modifiche assurde, per lo
più illeggibili – avvocatesche (è consigliata la lettura del documento da parte
di “consulente specializzato”). Un mezzo libro, che avrà richiesto l’opera di
molte persone per mascherarne il senso, oltre al consumo di chili di carta per
ogni sottoscrittore. Un “documento” della inverosimile inefficienza delle
banche, ora sotto l’apparenza del dovere di informazione.
“Se il 21 per cento paga il 71 per cento
dell’Irpef”: ritorna su “Affari&Finanza”, sotto forma di “analisi delle
dichiarazioni dei redditi presentate nell’anno del Covid”, l’eterna questione
delle molte tasse pagate dai pochi. Sottinteso: gli italiani evadono le tasse.
Invece di dire quello che uno studente (non studioso) di Scienza delle Finanze
sa; che lo squilibrio fiscale è dovuto all’eccessiva progressività, e alle troppe
“erosioni” consentite.
Poste vanta un
utile in crescita quest’anno del 50 per cento, ricavi in crescita del 20 per
cento, margini in crescita, eccetera. Aumenta perfino i ricavi da
corrispondenza. Che però non consegna – se non qualche volta, un giorno la
settimana, o il mese. Non sembrerebbe
possibile, Poste è beneficiaria, in esclusiva, del Servizio Postale Universale –
da ultimo per 15 anni a partire dal 2011. Per il quale riceve congrui conguagli
dallo Stato.
Ritrovarsi ai settanta in leggerezza
Una commedia della terza età. Con tutti i luoghi comuni, la prostata, l’erezione, i
Beatles e “all you need is love”, eccetera, che però non pesano. Un film leggero, che approssima il cult - manca la convinzione? Quattro
attori stagionati, Marco Paolini, Neri Marcoré,
Tirabassi e Giovanni Storti (Giovanni di Ado, Giovanni e Giacomo),
cinque con Isabel Russinova, sono tenuti stretti da Ferrario fuori da ogni
velleità mattatoriale, eccezionalmente.
Sono stati da ragazzi, prima di diventare chi notaio, chi ristoratore,
eccetera, un gruppo musicale, e Paolo Giangrasso nelle vesti del giornalista
sfigato appassionato degli anni Settanta li pilota in un tentativo di
resurrezione. Ma quello che conta è ritrovarsi.
Un
film pop, anomalo per l’Italia. Con facce, ambienti, paesaggi, per grandi macchie
geometriche di colore. Con un insolito effetto di legerezza, pur nella sceneggiatura
carognosa, scontata.
Davide
Ferrario, Boys – all you need is rock, Sky Cinema
domenica 14 novembre 2021
Appalti, fisco, abusi (209)
“Il Sole 24 Ore” assegna
la palma di campione dell’anno a piazza Affari a Unicredit, “cresciuta del 50
per cento” al listino. Cioè rispetto ai 7,4 euro del 26 gennaio, minimo
dell’anno. Perché no? Il titolo si può dire cresciuto anche di più, rispetto al
minimo storico di 6 euro a metà maggio 2020. Ma basta un Orcel per cambiare le
carte in tavola?
Non si saprebbe
realizzare un’idiozia peggiore, se già non ci fosse, sacramentata dalla
legge,di assegnare alle prefetture i ricorsi in materia di multe stradali. Che
ora, fra una cosa e l’altra, non sono mai meno di 100 euro, e al passaggio in
Prefettura diventano di 200. Perché la Prefettura, inderogabilmente, rifiuta il
ricorso: non lo legge nemmeno, lo manda ai vigili che hanno stilato il verbale,
i quali ribadiscono il verbale stesso, e la prefettura per questo semplice
scambio raddoppia la sanzione. A un costo, certo: di un prefetto, in genere una
prefettessa, appositamente delegata, con innumerevoli sottopancia, per compilare
gli “atteso” di prammatica, “esaminato”, “considerato”, “ritenuto”, “visto”, e “vista”
(vale la pena farsi fare una multa per leggere le delibere prefettizie), e raddoppia così la sanzione.
Si capirebbe il raddoppio
della sanzione per le multe stradali se l’incasso andasse allo Stato per pagare
il prefetto addetto, o la prefettessa, e i loro sottopancia. Ma va al Comune -
per un servizio non reso, un Comune normalmente opera per il benessere di chi amministra.
Un tempo i Comuni avevano appositi uffici dei vigili urbani per accogliere e
discutere i verbali: gente che sapeva di che si parlava e dedicava a ogni
problema cinque minuti. Poi è tornata subdola l’Italia dei Prefetti (dei commissari,
delle ingiunzioni esecutive). Come un secolo fa, fino a Mussolini.
Si faccia la
Salerno-Reggio Calabria, che stenta a farsi chiamare autostrada del Mediterraneo,
442 km, cinque ore in media di automobile, e non c’è un solo ristorante. Anche
in senso inverso, Reggio Calabria-Salerno, eccetto un autogrill con cucina a
Rogliano, a due ore da Reggio Calabria. È questione di licenze? Anas non deve
provvedere ai servizi delle sue strade?
L’Anas gestisce la
Salerno-Reggio Calabria con curiosa noncuranza. Ora il percorso è tutto un
seguito di aree cantierate (traffico ristretto a una sola corsia). Dove però
non si vede un addetto, né una macchina all’opera. Ha segnali assurdi di limitazioni
di velocità, p.es. 80 km|h, non ripetuti, in tratti rettifili, ben pavimentati, che sfuggono all’occhio :
per fare multe con autovelox incogniti? perché si è dimenticato il segnale da
qualche cantiere storico?
L’autostrada Salerno-Reggio
C. l’Anas ha costeggiato di segnaletiche grandi, gialle su fondo ocra, di “Vie
della fede”, “Vie di Bacco e Cerere”, “Vie del vino”, “Vie dei Castelli”, fasulli
peraltro, perché uscendo non si troverebbero castelli né vigne, forse solo qualche
chiesa. Un appalto, a qualche amico cartellonista? Mentre non c’è un solo segnale
utile – per esempio di un ristorante. Un segnale a pagamento, a favore
dell’Anas, e utile. L’Anas è solo una centrale di spesa. Incontrollata? Una signoria.
L’Europa comincia a pagare la transizione energetica
Il
caro energia è qui per restare, luce, benzina e gas, e anzi si accentuerà, via
via col passaggio accelerato alle fonti non fossili. Con effetti gravosi sul
caro-bolletta, e di più sulla competitività economica.
Le
aree come l’Italia e l’Europa, impegnate per un passaggio accelerato alle fonti
di energia rinnovabili, perderanno ulteriore terreno, nell’ambito della
globalizzazione, a favore delle produzioni asiatiche, che si sono riservate una
transizione molto più a lungo respiro – a un orizzonte di quaranta e anche
cinquant’anni, e non di dieci, come l’Europa.
Il
conto è semplice. La produzione di idrocarburi, petrolio e gas (la fonte
prevalente dei combustibili fossili, insieme col carbone) era stata incentivata
fino alla metà degli anni 2010 da
investimenti robusti, nell’ordine di 800-900 miliardi di dollari l’anno.
Effetto della domanda in crescita abnorme, specie in Asia, e di prezzi elevati. Quando
il mercato ha trovato un nuovo equilibrio tra domanda e offerta, gli
investimenti si sono più che dimezzati, a 300-400 miliardi di dollari l’anno.
La saturazione della domanda, con la compressione dei prezzi, e le politiche di
decarbonizzazione, con gli accordi di Parigi sul clima, hanno indirizzato gli
investimenti verso le fonti alternative. Che però sono di sviluppo lento.
Il
blocco dell’attività produttiva per quasi un anno e mezzo a causa del covid ha
ulteriormente compresso gli investimenti. La ripresa della domanda, sia
domestica che industriale, resta quindi parzialmenrte scoperta. E più lo sarà
nel futuro prossimo – gli anni della transizione accelerata alla neutralità
delle emissioni zero di anidride carbonica.
Si
può dire solo iniziato, con le nuove bollette, il salasso che il ministro della
Transizione Ecologica Cingolani ha spiegato, in conseguenza del piano europeo
di arrivare alle emissioni zero nel 2030.
Ne
resteranno esclusi i grandi paesi industriali asiatici, Cina e India sopra
tutti, che si sono riservati di ampliare il ricorso al carbone di cui
abbondano. E in questo modo anche – non dichiaratamente – l’Australia e il Nord
America, il Canada e gli stessi Stati Uniti. E la Germania, in parte. I paesi
del carbone, l’inquinatore per eccellenza.
Mistero e felicità a teatro
Mistero
e commedia dell’arte, come recita il sottotitolo. Mistero laico, dell’attore,
uno, nessuno e centomila. E dell’arte teatrale, che s’inscena alla morte, o meglio
prolungata agonia, del capocomico. L’Attore nn muore, non può morire, e De
Simone lo fa rivivere in molti ruoli, anche sdoppiandosi – riesce a essere insieme
Otello e Desdemona.
Una
scorribanda, promette De Simone in avvertenza, “tra il tirso del riso atellano e il coturno letterario di Pirandello, il conflitto
tra Prospero e la magia di Medea, tra il Commendatore e Don Giovanni”, con “gli
insopprimibili servi padroni”. Ma il testo fila liscio, dopo questi fieri
propositi. Evocando personaggi e memorie di testi, ma soprattuto inventando,
grazie alla lingua. Che suona tutte le corde, alte, basse, madrigalesche, in
castigliano anche, o con l’inglese di Keats, scurrilità, ferocia (verbale):
un’inventiva lessicale trascinante. In napoletano naturalmente, ma anche in inglese
(finto) d’accatto, in bolognese (il Dottore), in fiorentino (il Pittore). E in napoletano
con dialoghi, invettive e elenchi, specie tra le donne “corifee” che faranno
testo, oltre a concludere la commedia.
Il
miracolo della “Gatta Cenerentola” di Spoleto 1977 si ripete: inventiva,
forza, musicalità. Ma non con la stessa forza, restando confinato al testo. De
Simone si è voluto fare un regalo per i suoi 86 anni due anni fa, e si può
dire, come il testo vuole, che è morto il capocomico. Non si fa più teatro, se
non al modo dei podcast, monologhi e primi piani, e comunque nessuno ci ha finora
provato al posto di De Simone. Che pure provvede questa sua summa di felicità
delle musiche.
Roberto
De Simone, L’oca d’oro, Einaudi, pp.
137 € 12,50
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