Il viaggio di Dante lo facevano in tanti
“Il
viaggio nell’oltretomba non aveva nulla di originale in sé e peer sé. A parte l’«Eneide»
di Virgilio, il turismo ultraterreno era in gran voga fra gli scrittori del
Duecento, e non soltanto fra quelli cristiani. Secondo alcuni esegeti, Dante
avrebbe derivato la sua idea dalla letteratura araba, che di storie simili ne
aveva a bizzeffe. C’era il racconto del viaggio di Maometto in cielo, c’era la
leggenda persiana dell’ascensione di Arda Viaraf, c’era soprattutto il «Futuhat»
di Ibn Arabi, con una meticolosa descrizione dell’inferno e del paradiso che
somigliano molto, quanto ad architettura, a quelli della «Commedia»”. Così, con
semplicità anche se non con precisione veniva sciolta in anticipo, nel 1964, la
questione che tanta filologia illustre ha tenuto impegnata, Maria Corti, “Dante
e l’islam”, eccetera – e ci avrebbe risparmiato, se ancora si leggesse, i “Dante
ha copiato” della cyberscuola.
Nulla
di nuovo, o di speciale. Ma Montanelli è un narratore, come si sa dallo
speciale giornalismo, narrativo, con cui ha tenuto banco per decenni, di personaggi
e caratteri - gli “incontri”. Applicato a una più vasta scena - Dante, le sue
opere, Firenze e mezza Italia negli anni di Dante - sa andare su molte questioni
al nocciolo, senza inutili distinguo. Delle cose che non sa – nel capoverso
citato la letteratura persiana, che non è araba, Ibn Arabi e il “Futuhat” - fiutando
la pista giusta. La Firenze di Dante, e le tante corti su cui l’iperpolitico
Dante ostracizzato puntò, non saranno esumate a perfezione, ma se ne ha bene un’idea.
Un
racconto che anticipa le tante storie cui si dedicherà, con Roberto Gervaso - già
qui si poneva obiettivi ambiziosi, stando al sottotitolo: “Vita e politica nell’Italia
del Medioevo”. E un po’ lo redime dall’immagine di opportunista, in politica e
non solo.
Indro
Montanelli, Dante e il suo secolo, Bur, pp. 404 € 15
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