Letture - 477
letterautore
Colonna sonora - Viene per ultima
nei titoli di coda dei film, dopo chiunque in qualche modo abbia ricevuto una
paga, gli autisti, i trasportatori, i fornitori di ogni genere. E distrattamente.
La colonna sonora di Einaudi per “The Father. Niente è come prima”, per esempio,
che pure è parte rilevante della narrazione. O la romanza celebre “Je crois
entendre encore” di Bizet, dei “Pescatori di perle”, che nel film torna almeno tre
volte, cantata da una voce tenorile purissima, di cui non si fa neanche il nome
(è Cyrille Dubois), gusto il titolo, nemmeno della romanza, solo dell’opera.
Controinformazione – Era di sinistra,
estrema, ora è di destra. E più radicale, pretendendosi controcultura. Nacque
nel Sessantotto, a opera dei gruppi extraparlamentari di sinistra, con le
testate “Lotta Continua”, “Metropolis”, lo stesso “Manifesto”, con fogli
ciclostilati, con libri come “Strage di Stato”, 1974 (repertoriata da Pio
Baldelli in “Informazione e controinformazione” già nel 1972, dalla rivista “Tempi
moderni”, curata da Giovanni Bechelloni, e da molta sociologia sparsa della
comunicazione.
Era nata in America, nei tardi anni 1960. In
fogli ciclostilati, anarchici, situazionisti, eccetera, sul tipo dei samizdat,
i fogli sparsi della controinformazione politica in Europa orientale, contro i
regimi comunisti filo-sovietici. Era l’informazione
libera, cioè fuori dai condizionamenti economici, editoriali o politici – fuori
dal coro, o dal “potere”. L’espressione forse più influente di quello che sarà il
Sessantotto: la possibilità e la capacità di criticare. Con propri mezzi,
benché limitati, e presto con le radio libere, come antidoto a quello che allora
si denunciava come comunicazione di massa, via radio e tv, e oggi si dice
strapotere dei media, dei social.
Nel 1969-1970 coagulò attorno al “New York Times” e alla “Washington Post”, parte dichiarata
delle lotte di potere contro la presidenza Nixon, con i “Pentagon Papers” e con
lo scandalo Watergate.
Riemerge ora in America come “controcultura”,
di destra radicale - “The Daily Wire”, “Daily Beast”, la piattaforma Gettr.
Contro “lo strapotere dei social media”, che vengono ascritti all’establishment
di sinistra. Impegnati su una serie di temi vasta, anche di sinistra: cambiamento
climatico, sindacato, minimo salariale, per la libertà di parola, oltre che contro
l’aborto illimitato, le donne transgender nello sport, e la cancel culture.
Neutro – Si potrebbe resuscitarlo, anche
all’anagrafe, per le persone, per evitare di doverle dire maschio o femmina, nell’umanità
che si vuole asessuata. Sull’esempio del tedesco das Mädchen, che significa “la ragazza”. Bisogna certo
restaurare il neutro nelle lingue neolatine. Per l’inglese non sarebbe
difficile: basta sostituire “ragazzo”, “ragazza”, “donna”, “uomo”, “maschio” e “femmina”
come sostantivi, con “persona”, p.es., come è già l’uso nell’America up-to-date.
Refusi – Sono gli errori di stampa,
quando la stampa si faceva per fusione dei caratteri di piombo, che
infiorettano giornali e libri. Gli errori al suo tempo dei copisti, poi dei
proti, i capi tipografi che controllavano le bozze. Ma anche dei
redattori-editori, quando la lettura dei manoscritti era impervia, o dopo, con i
dattiloscritti, per inavvertenza. Notevoli in questo caso, specie nei libri di
fantasia, per gli effetti talora bizzarri. Cambiando a volte il senso di una frase,
una sorta di scrittura automatica, in uno che magari, benché non voluto, era
più pregante.
Dispute filologiche si sono anche accese
sugli errori di stampa. Il corpo che diventa porco, l’amore umore
e l’adorata odorata, e non sappiamo se il dantista è dentista, o viceversa, la
rivoluzione rivelazione, e l’immaginazione impaginazione. Se Yeats disse “soldier Aristotle” o “solider Aristotle”, e se l’ozio è indispensabile
al mondo o l’odio, il correttore di bozze è corruttore, e i torchi gemono,
oppure i turchi, o i tirchi. E i carabinieri s’imbattono in covi allarmanti, o
in cori, o in voci, com’è più probabile. I refusi angosciavano, e divertivano,
Sciascia e Savinio, Flaiano e Morselli, autori della leggerezza..
I correttori di bozze, che usavano un
tempo in tipografia ed erano addetti proprio ai refusi, si sono trasformati qualche
volta in correttori di bizze. Il “Corriere della serra”, di cui si è potuto
leggere nel confratello parigino “Le Figaro”. Alcuni contesi come diritti
d’autore: La moglie del sardo che in realtà è la moglie del sordo sarebbe
invenzione di Valéry Larbaud – che poi trascorse afasico gli ultimi vent’anni –
ma il “Corriere della sera” lo ha attribuito
a Grazia Deledda
Ora l’ultimo word sottolinea due volte le
concordanze che non lo soddisfano, e ci azzecca, anche in italiano - rederà
impossibili i refusi?
Stupidità - Va con l’umorismo,
nelle scritture di molti. Moltissimi nell’antichità sentenziosa. Bollarono risata e stupidità insieme Menandro,
Isocrate, Catullo, il Libro dei consigli della Bibbia greca (poi chiamato anche
“Ecclesiastico”), l’“Ecclesiaste” naturalmente, il “Canzoniere eddico”, i
proverbi popolari. E Oscar Wilde, il cui “Marito ideale” professa “una grande
ammirazione per la stupidità”, per ridere – Wilde diceva di suo: “Non c’è altro
peccato che la stupidità”. Come il giovane Baudelaire, o il borghese Flaubert.
Ma c’è anche l’ironia
inversa, altro esercizio letterario: l’eristica, l’argomentazione sottilmente
inutile. Savinio ne era affascinato e perseguitato, dagli elogi “per mania
eristica delle cose più inutili e anche delle dannose, il fumo, la polvere, la
peste”. Per la peste citeremo il Berni, che vi si esercitò più volte. Molto
usati, gli elogi ironici, nel Novecento. Dell’Ottocento si ricordano, di Cesare
Beccaria e di Paul Lafargue, il genero di Marx, l’elogio dell’ozio. Dione di
Prusa fece l’elogio del pappagallo e della zanzara. Sinesio scrisse un elogio
della calvizie. Luciano scrisse un “Elogio della mosca”. Giuliano un elogio della
barba a rovescio - essendo l’imperatore filosofo barbutissimo, scrisse un “Misopogone”,
contro la barba. In Francia la letteratura è immensa, dalla scuola di
Fontainebleau a Montaigne e al marchese de Sade, di elogi di organi e pratiche
porno.
Attrae soprattutto i letterati. Non c’è una
riflessione filosofica sulla stupidità. Si citano s. Agostino e Cicerone, per frasi isolate, moti di
stizza. Ripresi da Raymond Aron, lo studioso della politica, che la stupidità
dice “il fattore dominante della storia”.
Il grosso del lavoro è la riproposta degli
scrittori rinomati che si sono esercitati in argomento: il filone di Giufà, Jean
Paul, Flaubert, Musil, Eco, Sciascia. Di Sciascia,
che però non vi si intrattenne con qualche riflessione, si può dire un’ossessione
- il terrorismo liquidò in tv dopo il rapimento di Moro, sbuffando per
l’indignazione, con due sole parole: “Sono stupidi!”. Uno spasso per Eco, dal
“Pendolo di Foucault” al “Cimitero di Praga”.
Non manca – Gianfranco Marrone – chi propende per
la “Ricerca” di Proust come “un’interminabile galleria di stupidi”. La lettura
può esserne in effetti ironica, degli amori, i vezzi, le manie, le devozioni
filiali, le rivolte, i giochi delle ipocrisie – come tutto ciò che si definiva “borghese”.
Ma per l’autore, scrivere tremila e più pagine di sottile ironia? E contro chi?
letterautore@antiit.eu
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