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Ombre cinesi
Fra i 200
e 300 milioni di cinesi, lavoratori immigrati dalla campagna, non hanno la
certificazione “hukou”, la residenza. Senza la quale non hanno diritto a scuola,
medico, ospedale, non possono comprare casa, non possono registrare l’automobile.
Poco meno della metà, sui 100 milioni, sono giovani, figli o nipoti di
contadini migranti, che continuano a non avere la residenza. Ogni anno tra i 6
e gli 8 milioni di cinesi affluiscono in città come sottoproletariato urbano.
L’hukou
è un lascito di Mao, che lo istituì nel 1958 per legare i contadini alla
terra, la campagna intendendo solo come salvadanaio per il “Grane Balzo”
industriale nelle città. Con la liberalizzazione dell’economie e la produzione
crescente di massa per il mondo intero, a partire dagli anni 1980, della Cina fabbrica
del mondo, il sistema vincolistico non ha più avuto effetto dissuasivo, i contadini
sono emigrati lo stesso.
Il rigido
sistema maoista, ora sotto revisione, è stato eroso progressivamente, dapprima
a livello locale. Nel 1986 la provincia orientale di Anhui, a ovest di Shangai,
mise in vendita delle “carte verdi” per i migranti interni. Nel 1993 Shangai
regolarizzò i migranti in grado di comprare casa, con il cosiddetto “timbro blu”.
Su scala nazionale se ne cominciò a discutere a fine Novecento. Ma solo da
pochi anni si è cominciato a regolarizzare i migranti. Dapprima, 2014, nelle
città piccole. Dal 2018 nelle città medie. Dal 2019 nelle città fra uno e tre
milioni di abitanti – le città maggiori allentavano le restrizioni.
Si
calcola che tra il 2014 e il 2020 i migranti senza residenza sono diminuiti da
242 a 210 milioni. L’afflusso resta costante, malgrado la pandemia, di nuovi
migranti in città, tra i sei e gli otto milioni l’anno.
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