sabato 22 gennaio 2022

Ombre cinesi

Fra i 200 e 300 milioni di cinesi, lavoratori immigrati dalla campagna, non hanno la certificazione “hukou”, la residenza. Senza la quale non hanno diritto a scuola, medico, ospedale, non possono comprare casa, non possono registrare l’automobile. Poco meno della metà, sui 100 milioni, sono giovani, figli o nipoti di contadini migranti, che continuano a non avere la residenza. Ogni anno tra i 6 e gli 8 milioni di cinesi affluiscono in città come sottoproletariato urbano.
L’hukou è un lascito di Mao, che lo istituì nel 1958 per legare i contadini alla terra, la campagna intendendo solo come salvadanaio per il “Grane Balzo” industriale nelle città. Con la liberalizzazione dell’economie e la produzione crescente di massa per il mondo intero, a partire dagli anni 1980, della Cina fabbrica del mondo, il sistema vincolistico non ha più avuto effetto dissuasivo, i contadini sono emigrati lo stesso.
Il rigido sistema maoista, ora sotto revisione, è stato eroso progressivamente, dapprima a livello locale. Nel 1986 la provincia orientale di Anhui, a ovest di Shangai, mise in vendita delle “carte verdi” per i migranti interni. Nel 1993 Shangai regolarizzò i migranti in grado di comprare casa, con il cosiddetto “timbro blu”. Su scala nazionale se ne cominciò a discutere a fine Novecento. Ma solo da pochi anni si è cominciato a regolarizzare i migranti. Dapprima, 2014, nelle città piccole. Dal 2018 nelle città medie. Dal 2019 nelle città fra uno e tre milioni di abitanti – le città maggiori allentavano le restrizioni.
Si calcola che tra il 2014 e il 2020 i migranti senza residenza sono diminuiti da 242 a 210 milioni. L’afflusso resta costante, malgrado la pandemia, di nuovi migranti in città, tra i sei e gli otto milioni l’anno.
 

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