Quando il maschio era super
Una lettura, si direbbe, di attualità. Non c’entra con i femminicidi, con la
concezione moribonda e truce della maschilità: il papa di “Ubu” vuole sole
gonfiare la parola amore, in situazioni anche strambe. Ma tutte proietta dal
punto di vista dell’uomo. Un’anamnesi quindi utile in questa fase di eclisse maschile.
Per sapere com’eravamo, come avremmo potuto essere.
“’Il
supermaschio’, può essere letto in molti modi, tutti assolutamente legittimi.
Come sempre in Jarry, anche in questo racconto fantastico c’è tutto (o quasi) e
il contrario di tutto. C’è l’amore non corrisposto dell’uomo per le macchine, e
c’è la macchina per ispirare l’amore. Ci sono le fantasie dell’adolescenza,
riassunte nella frase con cui inizia il racconto: ‘L’amore è un atto senza importanza,
perché lo si può fare all’infinito’. C’è la donna, vista dapprima come preda e
accettata poi come rivale e come benevola padrona. Ci sono i limiti del
Progresso e quelli dell’uomo. C’è la passione di Jarry per gli sport. Ci sono,
lontani e sfocati sullo sfondo, il Superuomo di Nietzsche (‘Così parlò
Zarathustra’ è una delle opere-chiave di quegli anni) e Superman l’eroe dei
fumetti (che ancora non è stato inventato ma che ha in André Marcueil un suo
precursore). E c’è perfino, in filigrana, una storia d’amore: perché no? Una
banalissima e comunissima storta d’amore. Chi, almeno una volta nella vita, non
si è sentito supermaschio (o superfemmina)?”.
Così Sebastiano Vassalli, che ha prefato la seconda
edizione Bompiani del “Super Maschio”. La prima, per la collezione Il Pesanervi
dello steso editore, 1967, era “Super Maschio”, e la firmava Giorgio Agamben, venticinquenne, traduzione
e prefazione.
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