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domenica 23 gennaio 2022

Secondi pensieri - 471

zeulig


Colpa collettiva - La Germania mantiene “un rispetto dello Stato” che ha reso incomprensibile la dichiarazione di colpa degli Alleati, colpa collettiva in quanto tedesca, e individuale “per avere, se si vuole, continuato a praticare il proprio mestiere di funzionario o di maestro d’orchestra”, E. Jünger, “Trattato del ribelle”, § XXVIII, Il sarcasmo di uno Jünger nel clima recente della  denazificazione, 1951, non tiene conto dell’enorme vastità della Resistenza tedesca, interna, politica, delle decine di migliaia di prigionieri di lager politici, degli assassinii politici.
D’altro canto, la colpa va misurata sulla Resistenza. Se esiste un gruppo di uomini liberi allora si può ipotizzare la colpa collettiva – c’era il modo, se non la possibilità, non a buon mercato, di sapere e di capire. 
 
Comico – È esercizio – verbale mentale - non intellettuale, anzi anti-intellettuale. Irrompe contro il discorso razionale, positivo, conseguente. È l’irruzione dell’irrazionale, ma alla fine con esito razionale, in qualche modo critico, seppure non nella forma. Si esercita il comico come se si sbattesse una coperta, la coperta della logica e dell’etica – della misura, del giusto, del buono. Ma a opera di mano sempre in qualche modo avvertita, conseguente, critica, razionale.
 
Democrazia –  È come indossare le scarpe – roba da Ottocento, insieme con le tendine alle finestre, e l’ossessione sesso? “La democrazia è più livellante della tirannia”, stabilisce Leonardo Sciascia (“Gli anni delle passioni fredde”, intervista con Domenico Porzio, “Corriere della sera”, 19 luglio 1987, ora in L. Sciascia, “Fuoco all’anima”): “Il calzolaio all’angolo, come diceva Stendhal, alle elezioni «ha un voto che è uguale al mio». Però, non è poi così vero, in questo difendo la democrazia anche di fronte a Stendhal, e ripeto la frase del filosofo americano John Dewey: «Per quanto possa essere ignorante, un uomo sa se la scarpa gli sta stretta al piede»… Ognuno vota, insomma, constatando se la scarpa gli va stretta o no”.
 
Filosofia tedesca – Può essere letale. Hölderlin, che pure non si sospetta razionale, “occidentale” dopo la cura Heidegger, scriveva da Francoforte all’amico di seminario e del cuore Hegel il 20 novembre 1796: “Gli spiriti infernali, che mi ero portato con me dalla Franconia, e gli spiriti aerei dalle metafisiche ali, che mi avevano scortato da Jena” - su “una indole da insensato ragazzo” – “da quando sono a Francoforte mi hanno abbandonato”. Per Franconia intendendo la finitima Tubinga, degli studi di filosofia e teologia (al centro dell’allora Franconia era proprio la liberale Francoforte).
I giovani Hegel e Hölderlin potevano anche essere rivoluzionari, della Rivoluzione francese, solo in chiave mitica e esoterica, di logge massoniche – come lungamente spiega Jacques d’Hondt, “Hegel segreto”.
 
Giallo – Un bastione contro il nichilismo? Il giallo come genere letterario, celebrazione del crimine. È intuizione di Ernst Jünger nel “Trattato del ribelle”, al § XXXI: “Il crimine costituisce, con la decisione morale autonoma, il secondo mezzo possibile di mantenere la sovranità nel mezzo dell’erosione, dello sgretolamento nichilista dell’essere”. Notazione che attribuisce all’“esistenzialismo francese” – cioè a Sartre e Camus: “Il crimine non ha niente a che vedere col nichilismo: offre anzi un rifugio contro il suo vuoto, che rosicchia la coscienza di sé”. Ma prima ancora lo attribuisce caratteristicamente a Chamfort (uno dei due riferimenti costanti di Jünger nella cultura francese): “L’uomo, nello stato attuale della società, mi sembra più corrotto dalla sua ragione che dalle sue passioni”. E: L’uomo ha il sentimento di vivere sotto una dominazione straniera, e a questo riguardo il criminale gli è apparentato”.
Come esempio, Jünger porta il bandito Giuliano: “Quando un brigante colpevole di parecchi assassinii, il bandito Giuliano, fu abbattuto in Sicilia, un sentimento di tristezza si sparse per il mondo. Il tentativo di condurre e di perseguire una vita da lupo solitario aveva fallito. Ciascuno, in seno alle masse grigie, si sentì colpito con lui, e confermato nella coscienza del suo accerchiamento. Il risultato è che si eroicizza il malfattore”.  
 
Ironia – Viene con la ragione. Che non si permette il comico, nemmeno l’umoristico, ma sì i. sorriso critico. Molière è comico, Voltaire è ironico, anche se voleva far ridere – anche Diderot. Leonardo Sciascia, illuminista, lo spiega così in “Fuoco all’anima”, 108: “Gli illuministi non conoscono l’umorismo”. Sembrerebbe un limite, ma per una ragione: “Conoscono l’ironia. Il razionalismo non consente il capovolgimento umoristico. Il razionalismo genera sempre il distacco dell’ironia. Perché la realtà non corrisponde alla ragione”.   
 
Storia – “La storia autentica può essere fatta soltanto da uomini liberi. La storia è l'impronta che l'uomo dà al destino. In questo senso possiamo dire che l'uomo libero agisce in nome di tutti: il suo sacrificio vale anche per gli altri”
….. La storia è l’impronta che l’uomo liberato appone sul suo destino. La storia autentica non può essere fatta che da uomini liberi”.
“…. È là che si trova la vera sostanza della storia, nell’incontro dell’uomo con se stesso, cioè con la sua potenza divina”
Ernst Jünger, “Trattato del ribelle”, § XVII
 
Historia in nuce, il tema nietzscheano è ripreso da Jünger nel “Trattato del ribelle” come una culminazione della critica della conoscenza (una delle culminazioni, l’altra essendo “il passaggio dalla conoscenza all’essere”, Heidegger): “Il tema che, nell’infinita diversità del tempo e dello spazio, si ramifica, ma resta sempre lo stesso: per cui non c’è soltanto una storia della civiltà, ma anche una storia dell’umanità, cioè una storia situata nella sostanza, il nocciolo, una storia dell’uomo. Che si ripete in tutta la vita umana”.
 
Stupidità – È complicazione: complicata e complicante, in quanto non va all’esito logico ma lo avviluppa e inviluppa. Leonardo Sciascia vuole stupidi “i governi italiani, da De Gasperi in poi” (“Fuoco all’anima”, 111), “in quanto privi della capacità di semplificare i problemi e quindi di affrontarli dal verso giusto Ma, in questo caso, che lo scrittore esemplifica, ampliando il quadro ai Grandi della Storia: “Né Cesare né Napoleone erano stupidi; oso dire: neanche Mussolini era uno stupido. Forse non lo era nemmeno Hitler”. Intendendo: “Bisogna tener conto del concorso di colpa che interviene nel creare il tiranno”. Perché “nel tiranno si introverte tutta la stupidità dei suoi fautori. Mussolini non era uno stupido, ma la stupidità nazionale a un certo punto si introvertì in lui”.  
 
Verbo – “Nell’abisso delle origini, il Verbo non è più forma né chiave. Diventa identico all’essere. Diventa potere creatore. Tale è la sua virtù infinita, che non si monetizza. Perché non potremmo farlo che per approssimazioni. Il linguaggio si tesse attorno al silenzio, come l’oasi si ordina attorno alla sorgente. E la poesia conferma che l’uomo ha scoperto l’entrata dei giardini intemporali. Atto di cui vive in seguito il tempo” – Ernst Jünger, “Trattato del ribelle”, XXXIV.
Ma “la lingua non vive di leggi proprie. Altrimenti i grammatici reggerebbero il mondo”.
Il linguaggio nasce dal silenzio, come tutto.


zeulig@antiit.eu

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