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Toppe di colore – guardando il mare
In
italiano si diventa verdi di rabbia, in tedesco blu – ma sono blu in tedesco
anche gli ubriachi (e chissà perché la luna è maschia in quella lingua, come
anche la bocca, e si somiglino pure, Mond e Mund?). Magris, uomo di mare,
discepolo, amico e cultore di Biagio Marin, preferisce l’azzurro, dunque
anche il blu: il blu è romantico, spiega, e anche anti-romantico, da Heine fino
a Benn e Celan – via Rilke, George eccetera: la poesia si può dire quasi tutta
azzurra-blu - anche prima del “fiore azzurro” prototipo, di Novalis,
dell’“Enrico di Ofterdingen”. E così via, da divagazione in divagazione, che si
sa vengono come le noccioline.
Magris
stanco trova un momento per divertirsi, una lieve brezza divagante. Qui propone, ben
spaziata, la conferenza che ha tenuto nel 2020 al festival La Milanesiana, di
Elisabetta Sgarbi.
Dunque,
il blu è poesia. E il bianco, che ispira innocenza, virtù, spiritualità –
compreso il bianco sacramentale, aggiungeremmo, dei battesimi, le comunioni, i
matrimoni? Melville ne fa “il colore del negativo, della spettralità, dell’orrore”.
Per non dire di Poe: “Orrore, follia e ambiguità assoluta è il bianco nel ‘Gordon
Pym’ di Poe” – o di Lovecraft. Il colore è musica, conclude Magris, “perché
dice e non dice” – e la musica è anche colore, come nel blues, e in
tante composizioni. Manca Leonardo, il fondamentale “la pittura è cosa mentale”
– e il colore è prima di tutto pittura. Ci sono molte altre letture.
Se
non che: “Esistono i colori?”, chiede Magris all’inizio. O meglio, “quanti sono
i colori?” Sono 999 secondo l’atlante dei colori, “Du Mont’s Farbenatlas”. Ma di
che natura? Questo è stato ed è un problema per la filosofia. I “filosofi
aristotelici”, Kant, Husserl, Wittgenstein, propendono per il no, non esistono,
non hanno natura. Goethe ha provato a individuarne la sostanza, in opposizione
a Newton, ed ha fatto un gran lavoro, ma non ha risolto.
Claudio
Magris, Le toppe di Arlecchino, La Nave di Teseo, pp. 34 € 8
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