C’è un
nazionalismo buono e uno cattivo. Scrivendo nel 1945, a guerra non ancora finita,
Orwell non poteva non riconoscere la forza del nazionalismo, dell’Inghillterra
come della Russia, che avevano resistito alla furia tedesca. Anche se il seme
del nazionalismo era cattivo, era il “Deutschland über alles” del Terzo Reich. Ma
l’approccio resta ugualmente valido anche in tempo di pace, p.es. in rapporto
all’imbuto in cui l’idea di Europa è stata calata, a “Bruxelles”, a una burocrazia
anonima ma cattiva. Anche perché il “nazionalismo” di cui Orwell tratta è particolare:
è quello che oggi si dice populismo. Un “nazionalismo”
più attivo quando
l’”incertezza generale riguardo a ciò che succede realmente rende più facile
aggrapparsi a credenze stravaganti”, a idee di realtà contro tutti i fenomeni
reali.
Qualcosa
da non confondere col patriottismo, avverte. Che è la difesa della propria storia e delle proprie tradizioni o modi di essere - anche da parte di non nazionali (il riferimento è a Stalin, il georgiano difensore della Russia - come poi lo sarà Krusciov, ucraino). Il nazionalismo-populismo è un “abito
mentale”, un approccio agli altri e alla vita che, senza tenere conto della
realtà o verità, sempre autoreferente, e senza curarsi di una logica, isola dal
mondo, nel mentre che lo condanna. Succede (succedeva… ) nei partiti politici -
specie nel Comunismo, bersaglio di Orwell all’epoca. Succede nelle chiese:
Orwell porta l’esempio di una sorta di integralismo cattolico (nella persona di
Chesterston, lo scrittore), ma la cosa si attaglia perfettamente all’integralismo
islamico. “Nazionalista” in senso negativo è anche il razzista, l’antisemita, insieme
col sionismo, e il pacifismo – Orwell ce l’ha con quelli per i quali, all’epoca,
tutto quello che faceva Mosca era buono, come Chiang Kai-shek, per esempio,
che “nel 1927 bolliva centinaia di comunisti vivi, e però in meno di dieci anni
è diventato uno degli eroi della Sinistra”.
“Un nazionalista
è uno che pensa soltanto, o principalmente, in termini di prestigio competitivo”. su un fondamento sdrucciolevole: “Il nazionalismo è desiderio di potere temperato dall’auto-inganno” –
un perdente nato, si direbbe, massa di manovra per chi è anche solo un poco
accorto: “Il nazionalista è capace della più palese disonestà, ma è anche –
giacché è certo di servire qualcosa di più grande di se stesso – incoercibilmente
certo di ess ere nel giusto”. E qui siamo ai no-wax. Le caratteristiche sono
sempre le stesse. Ossessione. Instabilità. Indifferenza alla verità o realtà
oggettiva.
Una
riflessione al modo di Orwell, calata nella realtà delle cose, del momento.
Capace di interagire con gli eventi. Una sorta di storia contemporanea, nel
senso che si fa - si scrive, si fissa - mentre si svolge.
George
Orwell, Sul nazionalismo, Lindau, pp. 64 € 9
free online in inglese
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