skip to main |
skip to sidebar
Banchieri d’assalto
A Sanremo quest’anno l’unica battuta politica è stata, di Fiorello, sul
“governo delle banche”. Un po’ polemico ma non troppo, Draghi godendo di ampie
simpatie, di bravo presidente del consiglio. Che la barca governa con mano
sicura, sia pure al centro di una maggioranza composita e un po’ rissosa. In
una situazione complicata, tra la pandemia minacciosa e piani europei, invece,
di ampio respire infine, per la prima volta si può dire in vent’anni - unica
eccezione nel declino europeo essendo stato lo stesso Draghi, col salvataggio
dell’euro. Un libro fuori tempo?
Nell’anno 1658 il dottor Giuseppe Francesco Borri trasmutò in piazza a
Milano due buccole di ottone in oro fino. Fu smascherato, ma senza danno per
nessuno. I moderni alchimisti invece in piazza Affari a Milano fanno sparire
interi patrimoni, e questo è meno inoffensivo. Sono i banchieri d’affari (detti
così a Londra) o d’investimento (a Wall Street - ma Londra è ora una succursale
di W. Street), cui Laura Pellegrini, firma allora del “Sole 24 Ore”, dedicava una dozzina di anni fa cinque ritratti sorridenti, in larga misura autoritratti,
raccolti dopo la catastrofe bancaria. Quelli di Costamagna, Braggiotti, Ruggero
Magnoni, Imbert e Tarantelli. Il titolo derivando dal sociologo Ulrich Beck, che
“l’immagine pubblica” del banchiere d’affari aveva prontamente associato dopo
il 2007 alle “fattezze del bankster”. Si diceva bankster, mezzo
banchiere mezzo gangster, nel 1929 dopo la Grande Depressione.
“Splendori e miserie dei banchieri
d’affari di casa nostra” è il sottotitolo.
Che ritornano al centro, con la sceneggiata ormai trentennale tra Mediobanca e
Generali – se ne preoccupava Giorgio Ruffolo dodici anni fa recensendo questo
libro: nulla cambia? E con l’ennesima stagione di accorpamenti bancari, che
vede in movimento una buona metà del credito, Unicredit, Bpm, Bper, attorno a
Monte dei Paschi, Carige, Popolare di Sondrio.
Il banchiere d’affari era un signore dal naso lungo, Baring, i Warburg,
i Rothschild, J.P.Morgan, i Lehman, Lazard, Meyer, Cuccia, che procacciava i
soldi a chi non ce li aveva, purché presentasse un progetto affidabile.
Funzione che non si può dire se non positiva. Il personaggio è però ultimamente
degenerato nella creazione senza limiti di moneta, con le obbligazioni, le
obbligazioni di obbligazioni, i derivati, i futures, sfruttando la fiducia
consolidata che una “obbligazione” si paga comunque. Mentre invece può sparire,
come in Parmalat o tra i vecchi compari delle tre carte, vedi i mutui sub-prime
che hanno portato al collasso del 2007-2008. La stessa funzione tecnica
originaria, di specialisti delle compravendite, dirette o attraverso la Borsa,
è stata aggiornata con disinvoltura. Delle acquisizioni si è fatto un mestiere
truffaldino, attraverso i famigerati Lbo, acquisti a debito, di società alle
quali si accolla il debito contratto per l'acquisto, mentre si scorporano gli
attivi e si rivendono - come fare soldi distruggendo aziende. Pellegrini
ricorda il caso Telecom Italia, che non è il peggiore, e tuttavia vede una
grande azienda quasi fallita per arricchire la “razza padana”. Tra conflitti
d'interesse mostruosi e speculazioni dichiarate.
Memorabili i collocamenti di Seat, un paio di volte, Tiscali, CdWebTech
- a solo vantaggio di Pellicioli, Soru, Carlo De Benedetti. O quello della
Saras dei fratelli Moratti, dopo il quale Gianmarco si è permesso un “regalo”
di 500 milioni alla sua Inter. Serafini ricorda i fratelli Magnoni, che
investono negli affari che trattano, navigando tra un nugolo di reati, insider
trading, aggiotaggio, falsa informativa.
E la farsa dell'acquisto fallito di Continental da parte di Pirelli, in cui la
stessa banca, Goldman Sachs, operava per il gruppo italiano, con Costamagna e
Prodi, e anche per il gruppo tedesco.
Il dottor Borri per rifarsi proclamò una rivolta. La rivolta venne
repressa, ma il dottor Borri era già in Svizzera. I banchieri d’affari
sono anch’essi in Svizzera, o in Lussemburgo, quando non alle Cayman, ma anche
in questo sono meno avventurosi del dottore, bisogna riconoscerlo: dopo la
crisi non danno più lezioni. Il mestiere è
anche nuovo in Italia, a lungo ne è stato monopolista Cuccia, e si svolge su
terreno anglosassone, e dunque le biografie celebrative si giustificano. Ma poi
c’è da dire che il banchiere d’affari italiano è un nome nuovo per la vecchia
figura del brasseur d’affaires: uno che fa carriera per gli affari che
procaccia, cioè in Italia con le privatizzazioni. Si sono fatte privatizzazioni
per cento miliardi dal 1993 al 2000, con una provvigione di 2,5 mliardi per i
banchieri, e per cinquanta miliardi tra il 2001 e il 2010. Si spiega anche così
che molti italiani sono vice-presidenti per l’Europa delle banche Usa - un
titolo che in America non vuol dire niente. Pur operando solo in Italia. E che
molti siano stati e siano i banchieri d’affari part-time: Prodi, Gianni
Letta, Mengozzi, Rainer Masera, Caio, Siniscalco, Ermolli, lo stesso Draghi, e Mario
Monti. Augusto Fantozzi è stato liquidatore di Alitalia e senior advisor di
Lazard, il consulente storico di Air France.
L’altra verità non detta è che i moderni dottor Borri sono gli
informatori privilegiati della stampa economica. Fanno l’opinione,
letteralmente. Dei grandi giornali inglesi e americani, e di quelli italiani, e
questo sa di mafia. Ma, bisogna riconoscerlo, c’è un’alchimia della ricchezza,
e questa passa per l’informazione: semplice e geniale.
Laura Serafini, Italian Bankster,
Fazi, 2009, download gratuito
Nessun commento:
Posta un commento