skip to main |
skip to sidebar
La fede perduta nella povertà
Capita di partecipare a un rito
funebre in chiesa, con la messa, in cui il celebrante dialoga col diacono e il
suddiacono – le due figure che hanno sostituito i chierichetti (forse per allontanare
la tentazione pedofila?). In una chiesa fredda, soprattutto negli arredi e le
decorazioni, compresa qualche astrazione di madonne e santi. Nessuno dei presenti,
congiunti, parenti, amici, conoscenti sa le formule di rito, di
compartecipazione. Nemmeno i segni liturgici, a cominciare dalla croce sul
petto.
Sono quaranta e cinquantenni. Venuti
cioè dopo il Sessantotto. A cui la chiesa si è adeguata, con parallela volgarizzazione del rito, compresi gli inni e i canti. Un impoverimento volontario, unanime
(conciliare). Che fore ha allontanato, comunque non avvicinato, i nuovi entrati
nel circuito vitale – la fede non si perpetua, si rinnova.
Il celebrante è puntiglioso alla comunione:
stende reverente il corporale, pulisce vigorosamente la patena, poi a più riprese
il calice, col purificatoio sempre rinnovato, inamidato, pulendosi lui steso le
mani in continuo col manutergio, copre il calice delicatamente con la palla, lo
discopre, spezzetta l’ostia per la celebrazione col vino, prende delicatamente
(e riporrà) la pisside. Ma non ha a chi darla, la comunione, esclusi i due inservienti.
La cerimonia è del resto stancante
e prolissa. Il celebrante tesse a lungo le lodi della defunta, che probabilmente
non conosce. Stancamente: di riti analoghi ne celebrerà uno o due a settimana. È
l’orazione prevista dalla Messa da requiem – la messa in die obitu? Lodi
in cui sono soprattutto vivaci quelli all’impegno umano e sociale della
defunta.
Non c’è più la fede in chiesa. Il
concilio, e più il papa Francesco, si dilettano di molte cose per umanizzare la
chiesa, i poveri, i malati, i bambini, la compassione, l’amore, che ognuno trova
e pratica dove e come meglio crede. Univa in chiesa la fede, che ora non c’è
più.
La fede perduta per un ideale? Sbagliato: povertà non
è impoverimento – il povero non vuole essere povero.
Nessun commento:
Posta un commento