sabato 5 febbraio 2022

La fede perduta nella povertà

Capita di partecipare a un rito funebre in chiesa, con la messa, in cui il celebrante dialoga col diacono e il suddiacono – le due figure che hanno sostituito i chierichetti (forse per allontanare la tentazione pedofila?). In una chiesa fredda, soprattutto negli arredi e le decorazioni, compresa qualche astrazione di madonne e santi. Nessuno dei presenti, congiunti, parenti, amici, conoscenti sa le formule di rito, di compartecipazione. Nemmeno i segni liturgici, a cominciare dalla croce sul petto.
Sono quaranta e cinquantenni. Venuti cioè dopo il Sessantotto. A cui la chiesa si è adeguata, con parallela volgarizzazione del rito, compresi gli inni e i canti. Un impoverimento volontario, unanime (conciliare). Che fore ha allontanato, comunque non avvicinato, i nuovi entrati nel circuito vitale – la fede non si perpetua, si rinnova.
Il celebrante è puntiglioso alla comunione: stende reverente il corporale, pulisce vigorosamente la patena, poi a più riprese il calice, col purificatoio sempre rinnovato, inamidato, pulendosi lui steso le mani in continuo col manutergio, copre il calice delicatamente con la palla, lo discopre, spezzetta l’ostia per la celebrazione col vino, prende delicatamente (e riporrà) la pisside. Ma non ha a chi darla, la comunione, esclusi i due inservienti.
La cerimonia è del resto stancante e prolissa. Il celebrante tesse a lungo le lodi della defunta, che probabilmente non conosce. Stancamente: di riti analoghi ne celebrerà uno o due a settimana. È l’orazione prevista dalla Messa da requiem – la messa in die obitu? Lodi in cui sono soprattutto vivaci quelli all’impegno umano e sociale della defunta.
Non c’è più la fede in chiesa. Il concilio, e più il papa Francesco, si dilettano di molte cose per umanizzare la chiesa, i poveri, i malati, i bambini, la compassione, l’amore, che ognuno trova e pratica dove e come meglio crede. Univa in chiesa la fede, che ora non c’è più.
La fede perduta per un ideale? Sbagliato: povertà non è impoverimento – il povero non vuole essere povero.

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