Letture - 480
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Autorialità – È recente,
romantica. Con una data di nascita abbastanza precisa, attorno al 1840 (il
diritto d’autore, informalmente riconosciuto ma alla bontà dello stampatore,
diventa giuridico e internazionale con la convenzione Regno di Sardegna-Austria).
Prima la pratica del riutilizzo o autoimprestito, o del prestito da altro
autore, era comunissima. In musica, al teatro, e anche in poesia – il romanzo
ancora non c’era. Poi passerà per superficialità, faciloneria, e anche plagio.
La riscrittura è ancora autoimprestito, che
ha tormentato a lungo Manzoni – riprodotta per gioco da Arbasino, l’altro lombardo,
di mondo, con “Fratelli d’Italia”.
Castrati – Nacquero e
prosperarono, perché in teatro e in chiesa le donne non cantavano – il divieto
fu imposto per editto da papa Sisto V nel 1588. Sul finire del Settecento, con la
discesa di Napoleone in Italia, le cantanti poterono esibirsi in teatro - fra
le prime Anna Guidarini a Jesi, nello Stato pontificio, soprano “semiserio, la
bella madre di Gioachino “Rossini.
Ceronetti - Il miglior
lettore di Manzoni, per il manzoniano Sciascia (“Fuoco all’anima”, 110): “Ha
scritto cose bellissime su Manzoni. Forse lui ha scritto sui Manzoni le cose
più belle”.
Conan Doyle – “Un avventuriero”
lo dice ammirata Patricia Cornwell – a Persivale su “7”: Lo si pensa barbuto e
posato come nella sua seconda vita, “dopo Sherlock Holmes”, stancamente dietro
ai romanzi storici e a quelli fantastici. Mentre è, era stato, come dice
Cornwell, “uno vero: la guerra anglo-boera, l’imbarco su una baleniera, la
medicina”.
Cristianesimo – “La
disgregazione della massa lenta del cristianesimo è iniziata nell’istante in
cui la fede nell’aldilà cominciò a corrompersi”, Elias Canetti, “Massa e
potere”, 50. Così sessant’anni fa, 1960, in un’opera cominciata trentotto anni
prima, nel 1922. Profezia? Maldicenza ebraica?
Ecobusiness – A Giulio
Nascimbeni che gli chiedeva di una sua poesia (“….quando da secoli gli atomi di
questo mio vecchio corpo\ turbineranno sciolti nei vortici dell’universo\ o
rivivranno in un’aquila, in una fanciulla, in un fiore…) se non pensasse a “forme
di reincarnazione” (“Corriere della sera”, 28 ottobre 1984, ora in “Conversazioni
e interviste. 1963-1987”), Primo Levi risponde reciso: “Non penso a niente di
metafisico. È un’idea vecchia come il mondo. C’è in Pitagora, in Lucrezio. Del resto,
i padri della chimica del secolo scorso ci hanno insegnato che l’ossigeno che
respiriamo viene dalle piante, e la sostanza delle piante, il legno, viene dall’anidride
carbonica che noi tutti e tutti gli altri animali emettiamo durante la vita e
dopo la morte”.
Falso-falsario – È il romanziere secondo
Primo Levi. Che a Giorgio De Rienzo, “Lavorare piace”, in “Famiglia cristiana”,
21 gennaio 1979, spiegava di Faussone, l’operaio montatore protagonista del suo
“La chiave a stella”: “Faussone non esiste, è una mia completa invenzione. Le sue avventure le ho tratte da relazioni tecniche,
lette in riviste specializzate. Ho serpre raccontato in passato cose autentiche”,
riferendosi a “Se questo è un uomo”, “La tregua”, “con questo libro sono
diventato invece un falsario”.
Faussone, invece, il personaggio
inventato, esisteva realmente, Levi lo ha incontrato, spiega in un’intervista
nel 1983 (ora in “Conversazioni e interviste. 1963-1987”): “Faussone esiste
davvero, e fa davvero il montatore. Non lo avrei mai creduto, inventando questo
cognome un po’ ridicolo (Faussone può significare falso come ci si aspetta da
un piemontese, o anche una grossa falce, «faussôn» in piemontese)”. Invece, al
termine di una conferenza cui era stato invitato a S. Mauro Torinese, “un elegante
giovanotto, in puro accento piemontese”, gli si presenta come Faussone. E gli
domanda: “«Indovini che mestiere faccio» e io: «Farà il montatore». «Propì parèi»,
proprio così”.
Il vero Faussone si rifiuta di partecipare
a una trasmissione tv cui lo scrittore, che vi era invitato per presentare il
libro, pensa subito di convogliarlo: “Si rifiutò, dicendo testualmente che non
era una cosa seria, mentre lui faceva un mestiere serio”.
Femminismo – “Insieme al gruppo di attrici di ‘Le amiche’,
Lucia Bosé, Jeanne Moreau e Monica Vitti, Antonioni impose personaggi femminili
di straordinaria modernità, ed è un paradosso dei nostri tempi che il cinema italiano
di ieri, in un’epoca molto maschilista, narrasse personaggi
femminili formidabili (resi da Anna Magnani, Silvana Mangano, Eleonora Fossi
Drago, la Bosé, la stessa Alida Valli….). Mentre il cinema degli ultimi decenni,
nonostante le battaglie e le conquiste del femminismo, sembra incapace di
individuarli e affrontarli”. Nonostante le molte regie femminili, anche. Goffredo
Fofi dimentica Sofia Loren, Cardinale, Sandrelli e qualche altra, ma per il resto
è perfetto, nel suo necrologio di Monica Vitti, sul “Sole 24 Ore Domenica”.
Manzoni – È stato uomo di mondo, prima che
moralista - non a suo agio, evidentemente. È stato poeta e drammaturgo rima che
romanziere. E storico, non solo della peste, la monaca di Monza, e la colonna
infame, anche dei Longobardi, e della rivoluzione francese. La sua “Storia incompiuta
della rivoluzione francese” si può dire la più compiuta, avendo anticipato la revisione
critica che si è avuta trent’anni fa, in occasione del secondo centenario. È anche
filosofo: i suoi saggi morali e politici sono sempre leggibili.
Non ha umorismo, è ironico, spiega
Sciascia, “Fuoco all’anima”, 109 – in un ritratto a specchio? Essendo di
formazione illuministica, non si consentiva “il capovolgimento umoristico”: “Il
razionalismo genera sempre il distacco dell’ironia”.
Molière – “Un monumento d’ironia”, più che
di umorismo, di comicità – Sciascia, “Fuoco all’anima”, 108.
Nuove divinità – Maurizio Crosetti
si è fatto su “la Repubblica” un suo contro-festival di Sanremo, al “Don
Orione”, a pochi metri dall’Ariston. Che conclude così: “Prima di cominciare
con le canzoni, dal palco e dalla platea s’è levato un lungo applauso. Non a
Mattarella, quasi. A Dio”.
Poesia – C’era prima (del discorso, del
racconto, della storia) e ci sarà dopo: alla domanda, che gli veniva rivolta
nel 1972, se la poesia è ancora attuale, Primo Levi rispondeva di no, basandosi
sulla semplice osservazione che poeti innovativi, Quasimodo, Ungaretti, Montale,
“sono compresi e amati anche da lettori immaturi, quali sono forzatamente gli
studenti delle medie inferiori”. Non è strano però, aggiungeva, “perché la
poesia è una misteriosa necessità di tutti i tempi, di tutte le età e di tutte
le civiltà umane: un linguaggio pregnante, naturale e artificioso insieme, le
cui origini”, concludeva vichianamente, “sono più antiche di quelle della prosa”
Postumano – La direttrice
della Biennale d’arte di Venezia, Cecilia Alemanni, dove quest’anno la partecipazione
femminile di sua scelta è l’82 per cento del totale, si difende dall’ovvia
accusa di sessismo femminista: “Il tema è il postumano”. Sono le donne
postumane? Ossessionate dal postumano? Ma nel senso che sono umane, o che?
letterautore@antiit.eu
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