Letture - 482
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Boccaccio – Un
protofemminista. Che al “De Casibus virorum illustrium” ha affiancato un “De
mulieribus claris”, le vite di donne illustri (106, donne del mito o della
classicità, ma con una mezza dozzina di casi recenti: Giovanna “anglica, la “papessa
Giovanna”, una Gualdrada “donzella fiorentina” (la “buona Gualdrada” dell’“Inferno”
di Dante), una Camiola vedova senese, Costanza d’Altavilla, regina della
Sicilia, l’imperatrice Irene Sarantapechaina d’Atene, imperatrice di Bisanzio per
cinque anni fra Sette e Ottocento), Giovanna regina di Sicilia e Napoli
(Giovanna I).
Divenne presto popolare in Francia, subito
dopo la morte, per opera di un poeta e umanista, Laurent de Premierfait, che tradusse
il “De Casibus” e il “Decameron”, dal “fiorentino”, come diceva, migliaia di pagine,
quale autore che promuove le nuove lingue nazionali, le lingue volgari – Dante
e Petrarca saranno tradotti secoli più tardi. Ma Premierfait non conosceva bene
il “fiorentino”: per la traduzione si rivolse quindi a un colto frate francescano
– ha dimostrato Vittore Branca – addottorato alla Sorbona, Antonio d’Arezzo,
che padroneggiava il latino, il francese, e il “fiorentino”, e sarà poi lettore
di Dante a Firenze. Premierfait autorevolmente presentava il “Decameron” come i
due volumi di casi illustri, forse anche il “De mulieribus”, come un libro di
edificazione, una sorta di “Art de bien vivre et de bien mourir”: “Benché
sembri servire a dilettare l’ascoltatore e il lettore… questi vi troverà, nelle
storie raccontate, più profitto morale che diletto”, etc.
Bullismo - “Gli psichiatri
si concentrano interamente troppo sulla scena primaria e la deprivazione
pre-edipica e ignorano i traumi dei bambini della scuola elementare e diverse,
che sono crudeli e spietati”. Lucia Berlin, il racconto “Stelle e santi”, s.d,
ma cica 1960.
Concilio Vaticano II – Non solo ha
abbandonato il latino come lingua liturgica, ma ha cambiato anche la lingua –
ha tentato di cambiare la lingua, in un anticipo di politicamente corretto –
per una lingua anonima (universale). Predica e predicatore voleva cambiare in
“momento omiletico” e “omileta”. La messa in “celebrazione liturgica”, o “cena
del Signore”, o anche “sinassi”. Parole mediando dalla liturgia ortodossa, ma
senza alcuna apertura, teologica o anche solo liturgica, alla chiesa ortodossa.
La conversione ha sostituto con “metanoia”, e l’ateo con “non
credente”. Il catechismo con la catechesi. Il dono con la “carità oblativa”. E
la carità con l’”esercizio della prossimità con il proprio simile” – con gli
animali no? Niente più prima comunione né cresima, solo “sacramenti dell’iniziazione
cristiana”. Più radicale di tutto è l’introduzione di “pleroma” al posto del
paradiso.
“Parole vuote” le definiva Tullio De
Mauro, il linguista. Ma non inerti: si
capisce anche da questo che la chiesa abbia perduto senso.
T.S. Eliot – Il suo poema “The
Waste Land” è “terra desolata” per la traduzione di Mario Praz, nel 1932 –
anticipata a ridosso nel 1926, quattro anni dopo la prima pubblicazione, con la
traduzione dell’ultimo movimento del poema, “Ciò che disse il tuono”. Non c’era
accordo sulla traduzione di Praz, spiega Carlo Ossola in un saggio disperso, “Desolata,
ma sempre fertile”: Caproni vi trovava un’implicita citazione di Dante e propose
“paese guasto”. Ma “lo stesso Eliot finì per esserne influenzato”, conclude
Ossola, “tanto da riusare in seguito lui
stesso l’aggettivo”.
Filosofia – In Germania non
è materia d’insegnamento al liceo.
Germania - I tedeschi vanno
capiti. Marx dice: “Come i popoli antichi hanno vissuto la loro preistoria in
immaginazione, nella mitologia, noi
abbiamo, noi tedeschi, vissuto la nostra post-storia in pensiero nella
filosofia. Noi siamo i contemporanei filosofici
del presente, senza essere i suoi contemporanei storici”.
Walter Benjamin per esempio, quando si
occupa di Marinetti e del Manifesto per
la guerra coloniale in Etiopia: roba da piangere. Ma poi Benjamin aveva
altro di cui occuparsi, che la Germania contemporanea storica perseguitava.
Intervista – È il genere privilegiato
da qualche tempo, giornalistico e anche letterario. Il giornalista trova comodo
farsi scrivere l’articolo da un altro, per di più incontestato e
incontestabile. Il narratore sempre più indulge ad autorappresentarsi (autointervistarsi):
cosa ho detto e cosa ho fatto, cosa vorrei fare oggi o domani. Il “New Yorker” celebra
il genere esumando una serie dia articoli su celebri intervistatori del secondo
Novecento. Si parte con “Salto Mortale”, analizzato nientemeno che da Kenneth
Tynan, il critico che promosse gli “arrabbiati”, il teatro drammatico inglese
del secondo dopoguerra. Il “Salto mortale” non è quello, più noto in Europa,
della tv tedesca, che tenne banco per una dozzina d’anni, con le esibizioni dei
funamboli del circo Krone, ma quello, sempre in italiano, della serie
televisiva condotta da Johnny Carson, il comico americano diventato un’icona tv
con quel programma – un predecessore di David Letterman, meno impegnativo per
gli ospiti, che trattava con garbo, facilitandone quindi le confidenze (in
Italia ripreso poi da Costanzo).
Madre-figlia – Il tema, a naso,
preponderante delle narrazioni femminili, di scrittrici. Ci sarà un maternalismo al posto del paternalismo?
Moravia - L’8 settembre di Moravia
fu nel 1941, quando Alessandro Pavolini, titolare del Minculpop, il ministero
della Cultura Popolare, intimò per “circolare telegrafica ai Prefetti del Regno”:
“Pregasi invitare direttori quotidiani et periodici locali at non più (dicesi
non) pubblicare scritti di Alberto Moravia”. Forse per un braccio di ferro interno
al regime con De Marsanich, sottosegretario alla Marina Mercantile dopo esserlo
stato alle Comunicazioni, zio di Moravia – fratello della madre.
Un po’ Moravia se lo aspettava. L’ostracismo
era iniziato tre anni prima, con le leggi razziali. Il direttore della “Gazzetta
del Popolo” di Torino, Amicucci, fascista puro e duro, gli aveva tagliato la
collaborazione, su cui Moravia contava per mantenersi, e che praticava da dieci
anni. In quell’occasione lo scrittore era ricorso a Mussolini, per far valere
la sua non ebraicità: “Sono cattolico fin dalla nascita e ho avuto da mia madre
in famiglia educazione cattolica. È vero che mio padre è israelita, ma mia
madre è di sangue puro e di religione cattolica, si chiama infatti Teresa De
Marsanich ed è sorela”, etc.
Sei settimane dopo il telegramma dell’8
settembre, lo stesso Minculpop segnalava però Moravia benevolmente a Mussolini:
la famiglia è “a norma di legge di razza italiana”, il “fratello, tenente Gastone
Pincherle” è “caduto in combattimento” sul fronte di Tobruk, e “il Moravia si è
recentemente sposato con donna di razza italiana”. Con Elsa Morane. La quale
invece era di madre ebraica. Ma era “figlioccia” (di battesimo? di cresima?) di
padre Tacchi-Venturi, il gesuita fascistissimo.
Sartre – Fascinoso, la compagna Simone de
Beauvoir e le varie biografie (per lo più dispettose, uscite quando ancora se
ne parlava) gli attribuiscono una serie interminabile di avventure sessuali,
anche con ragazze giovani e belle, accudito negli ultimi dieci anni, del
tracollo fisico fino alla non autonomia, da almeno cinque donne di nome e di
rango, era alto un metro e 56. E viveva di stimolanti. le anfetamine fin dal
primo mattino.
letterautore@antiit.eu
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