Ombre - 603
Si
celebra Pasolini per i cento anni dalla nascita e fra le foto familiari che per
l’occasione emergono una lo mostra con un gruppo di giovani: “Gli alunni dell’Academiuta
de Lenga”, dice la didascalia, “la scuola di lingua friulana fondata dallo
scrittore nel febbraio del 1945 sotto le bombe”. Tutti ben vestiti, ben pasciuti,
sorridenti. “Sotto le bombe” è brutto: è fumo, macerie e spavento, come ognuno può
vedere.
Si entra oggi in guerra
dal vero, senza più angoscia. L’angoscia di vedere ragazze e ragazzi spavaldi,
in posa armata, e scene incongrue. Un vaffa in inglese alla flotta di Putin, un
carro armato che devia per schiacciare un’automobile ferma, un palazzo di sei
piani bombardato di fronte al quale un ragazzo si dondola sull’altalena, un
anziano porta a spasso il cane. Immagini pubblicitarie.
L’angoscia era di una
comunicazione superficiale, sbadata. La guerra è una cosa terribile.
È la prima guerra “coperta”
dai social. Dall’ignoranza prevalentemente. Della geografia, degli armamenti,
degli schieramenti, di come si fa la guerra, e si deve fare la pace (ci vorrà
pure una “tregua”, un “armistizio”). Ma il giornalismo non supplisce, né tra
gli inviati né tra i commentatori – anche tra quelli ieri informati e acuti,
oggi singolarmente vaghi. L’informazione è infetta, dall’ignoranza?
Putin
preparava da novembre l’invasione dell’Ucraina, dalla Russia, dalla Bielorussia
e dal mar Nero, e Kiev si occupava delle cause tra il presidente Zelensky e il
predecessore Poroshenko. Poroshenko ha denunciato Zelensky alla Corte Suprema
per “inazione illegale”. La Corte Suprema ha (aveva) convocato Zelensky per
lunedì prossimo. Poroshenko vuole (voleva) da Zelensky le prove dell’accusa di
avere fatto affari con i separatisti russi del Donbass.
Si è
inneggiato, si inneggia, in Ucraina alle “rivoluzioni” di piazza Meidan del
2004 e del 2014, contro presidenti eletto perché russi o russofoni. Per poi
umiliare i russi o russofoni, da sempre ucraini, un buon quarto della
popolazione. A favore peraltro di politici affaristi, Timoshenko, Poroshenko, e
naturalmente il filorusso Janukovich.
Si
dice che Janukovih fu cacciato nel 2014 perché aveva bloccato l’accordo con la
Ue. Ma è stata l’Europa a bloccare l’accordo: troppo affarismo e poca democrazia.
Lo stesso la Nato.
Vivace
come sempre Francesca Porcellato, senza gambe dall’età di due anni, maciullata da
un camion, ora campionessa paraolimpica, ricorda dell’istituto romano dove era
confinata bambina per la riabilitazione: “Tutti mi volevano bene. Le infermiere
chiedevano alla superiora di portarmi a dormire a casa loro, roba che oggi
finirebbero in galera”. La legge è inflessibile – questo solo si può dire delle
leggi.
Si susseguono
gli sgarbi a Ursula von der Leyen, gentile, bella e brava baronessa presidente
della Commissione Europea a Bruxelles. Dopo quello di Erdogan, che non la fece
sedere, ora un ministro africano evita di stringerle la mano. Maleducazione mussulmana,
ma questo non conta – è scontata. Il fatto è che in entrambi i casi si è preso
gli onori un certo Michel, uno che è stato eletto presidente del Consiglio
europeo. Un evidente cretino. Il meglio che ha l’Europa.
Si fa
grande caso delle inchieste sulla contabilità delle squadre di calcio, Ma era materia
già nel 2005 di un dossier della Procura di Roma. Sugli scambi e le compravendite
di calciatori illustri sconosciuti, che mai giocano. A che effetto?
L’unica
differenza è che allora c’erano dentro tutti ma non i grandi club, Juventus,
Inter, Milan.
“La
comunità scientifica, della quale faccio parte”, confessa infine il direttore
dell’Istituto Mario Negri, Giuseppe Remuzzi, a Marco Imarisio sul “Corriere della
sera”, ha un’enorme responsabilità nel disastro di questi due anni”. Del covid.
Un’infezione di cui si sapeva tutto, tutto su “Lancet” il 24 gennaio 2020,
“invece abbiamo perso tempo, almeno quattro settimane”. Il “tradimento dei tecnici”
fa ormai un secolo (intellettuale, politico, nucleare, chimico, alimentare, climatico),
ma si vuole che la salvezza venga dai tecnici.
Un
mese dopo l’inizio della pandemia, a ospedali già pieni, Atalanta-Valencia si
gioca a San Siro per avere più spettatori. Remuzzi c’era: “Pensi che non andavo
allo stadio da vent’anni”. Le lusinghe del male.
“Siamo
più forti, lo zar non passerà”, grandi titoli, molte pagine per gli incondizionali
ucraini, il giorno prima dell’invasione. Celebrati come patrioti, “i reduci” di
piazza Meidan. Si celebrano – si celebravano il giorno prima - i nazionalisti
che hanno perso l’Ucraina. Quelli della crociata contro gli ucraini russi, un
quarto della popolazione. Spinti e finanziati, a piazza Meidan e dopo, dall’“Occidente”.
Come dire: andate a farvi ammazzare.
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