Per una storia del ventennio giudiziario
Buccini è onesto ma, stranamente,
questo libro del trentennale non differisce da quello, collettivo, del ventennale, che coordinò allora come supplemento al “Corriere della sera”. Non si saprebbe
dire altro quindi che quanto se ne scrisse all’epoca, il 18 febbraio 2012 - con
una minima aggiunta, anzi con due:
“Il volume, ricostruzioni della scena d’allora e
commenti d’epoca delle migliori penne, si vuole celebrativo, ma finisce per
ampliare i dubbi sul significato storico (politico) di Mani Pulite. Sia negli
effetti. Sul diritto: Ainis dice Mani Pulite “una sagra”, con abuso, della leva
penale, “tanto da sommergerci con 35 mila fattispecie di reato”, mentre gli
avvocati sono descritti colpevolmente impegnati a far confessare qualcosa ai
clienti, per la benevolenza dei giudici. Su Milano: Aldo Bonomi si smarrisce su
Milano allora e oggi, col giustizialismo, i capestri, Bossi e tutto, a meno che
non se ne senta gravato. Sia sui presupposti. In particolare, qui, sulla funzione
della stampa accanto a quella già controversa dei giudici.
“Goffredo Buccini, che dei giudici non nasconde
niente, si dice testimone di “grida di giubilo in sala stampa quando arrivò la
notizia che a Craxi era stato consegnato il primo avviso di reato”. Ma di suo,
avendo procacciato al giornale l’anteprima del famoso avviso di reato, poi
finito nel nulla, che fece cadere il primo governo Berlusconi nell’ottobre del
1994, assicura che non dirà mai la sua fonte: non gli viene il sospetto che sia
stato strumentalizzato (il suo giornale lo è stato fin dai tempi di piazza
Fontana)? Mentre il colpevolista Ferrarella produce una statistica di cui non
sembra valutare la gravità: che solo due su cinque perseguiti risultarono colpevoli (e ancora: non dice che molti, la metà?, di quei due, condannati in una qualche
stazione penale, furono alla fine assolti).
“C’è anche integrale la lettera che Moroni inviò
a Napolitano, in qualità di presidente della Camera, senza risposta, prima del
suicidio, nella quale si dice vittima di un “processo “sommario e violento”, e
di una “decimazione” – come le facevano gli hitleriani. Mancano i pronunciamentos dei
giudici, ma quelli non li difendono nemmeno i giudici, qualcuno anzi comincia a
pentirsi”.
I giudici cominciano a pentirsi, i giornalisti
no. Non vogliono che piangiamo sui giornali, specie in estinzione causa gossip, vizio inguaribile?
Nessun analista, nessuno storico ha valutato,
invitato a valutare, avanzato l’esigenza di valutare, il danno immenso causato
da Borrelli&Co. all’Italia tutta. Non in ossequio alla legge, ma per la
(miserabile) carriera di cinque giudici, tutti più o meno finiti male e malissimo. Anche Colombo nel suo piccolo, dimesso e pentito. Anche il pianista Borrelli, congiunto
da ultimo a Guido Rossi, l’avvocato comunista dei ricchi. E per un ordine
giudiziario più fascista che sotto Mussolini. Quante sentenze politiche a Milano, a partire
dal processo Sofri? Sicuramente molte di più, e più cattive. nel ventennio fino
alla caduta di Di Pietro che sotto Mussolini.
Goffredo Buccini, Il tempo delle Mani Pulite,
Laterza-“Corriere della sera”, pp. 256 € 12
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