zeulig
Biblioteca
– È universale, incommensurabile. In forma di papiri,
pergamene, libri a stampa, e ora nel cloud. Brucia, dice Borges della
biblioteca di Alessandria, ma i libri non periscono: Si dice che i volumi che
contiene\ oltrepassino il numero degli astri\ o dei granelli del deserto”. Può
bruciare ma i libri non periscono: è la memoria – le memorie - dei secoli
passati. Ma anche di ogni possibile secolo o momento, passato o futuro. È la
personificazione (oggettivazione) dei filamenti nervosi del cervello umano.
Della fabbrica in continuo, anche in sonno, che è la mente.
Complotto – È la rivoluzione, prima di essere la controrivoluzione. La rivoluzione si vuole popolare, ma è come la controrivoluzione.
È ora la voglia anarcoide di sovversione
- specialmente diffusa in questa età dei diritti. Che si alimenta imputandola agli avversari. Quando non è
paranoia naturalmente.
È tutte le forzature della politica, altro che il
consenso maturato (pensato, articolato).
Coscienza – È
animale, prima che umana. Degli esseri viventi capaci di scelta - che hanno
capacità e possibilità di scelta.
Va per gradi, c’è più e meno coscienza.
Essere – “Io
sono quello che sono” non è un trucco di Dio per non far sapere il suo nome a
Mosè . Lo ripeteva Swift, verso al fine della vita, mentre vagava da alloggio
in alloggio. Lo fa dire Shakespeare al soldato parolaio Parolles di “Tutto è
bene ciò che finisce bene” – quello del celebrato monologo contro la verginità.
È la verità della tautologia, ma non una semplice perfidia: non ce n’è
un’altra.
Fiducia
– Se ne parla come di un paradosso, a proposito delle
persone truffate con intrighi e intrugli d’amore – in questa stagione uomini
per lo più, “attori, astrofisici e sportivi”, dice il giornale, qualche
nobilastro anche, insomma gene danarosa. In passato donne, vedove e ricche,
nobili o glamour, ex, come Gina Lollobrigida. Ma non è un paradosso, è un
bisogno: si vuole avere fiducia. È un rapporto biunivoco, ma si forma e si
alimenta per il bisogno che una parte ne ha.
Filosofia
– È più spesso di cose pensate. Ruminazione.
Male
–È il presupposto della libertà. Lo dice il papa
Francesco in termini “faziani”, ma in effetti è questo il problema della
libertà, la percorribilità del male. La libertà è un evento umano? Animale, di
tutti gli esseri in qualche modo coscienti. Un evento e non uno stato – nello
stato, per esempio legale, costituzionale, è un evento che va in continuo
rinnovato. Più o meno protetto, ma sempre in bilico.
Natura
– “Le forme vere della natura sono forme della
coscienza” – Luigi Meneghello, “I piccoli maestri”, 196.
Perdono
– È cristiano, prima non c’era. È argomento di Simone Weil, “L’Iliade o il
poema della forza”. Il poema è anche l’assenza del perdono. Non c’è magnanimità:
c’è – ci sarà presto, per esempio in Enea - la pietas, ma non c’è il
perdono, non c’è nella cultura greca, nella divinità, nel pensiero. Omero, come
le sue divinità, guardano imparziali e impassibili le sventure, dei Troiani
come degli Achei.
Ma questo è anche, in
filigrana storica, il racconto che fonda l’Occidente – l’“Iliade”, il poema
della forza. Perdono o non perdono.
Ambigua categoria,
si può anche dire, che la cristianità introdurrà. Ma senza perdono, l’uomo è
ridotto alla sua finitezza.
Poesia
– Viene prima della prosa, assicurano tutte le ricerche,
da Vico in poi. Viene prima l’ornato, soffuso, sensitivo, (musicale,
fantasioso, malinconico, collerico, elegiaco…), della comunicazione, pratica,
finalizzata. O meglio, una comunicazione fantasiosa, con un pizzico di
esoterico, non essenziale, utile, monosemica. La comunicazione non è – può non
essere – utilitaristica, pratica?
La
prosa è anch’essa – la prosa scritta, se non quella parlata – disposta
ritmicamente, evocativa, e non di quello che di pratico espone.
Poteri
forti – Vengono prima del complottismo: il
potere è sempre stato forte, forza. “Il mondo è misterioso, e questo si sente
molto di più quando si vive un pezzo in mezzo ai boschi”, annota Luigi
Meneghello della sua gioventù da partigiano, 1943-1945, a metà esatta della
narrazione, “I piccoli maestri”, 161. In
singolare sintonia con Ernst Jünger dei “Waldgänger” (“Trattato del ribelle”).
Per il singolo, il “comune mortale”, gli eventi avvengono, semplicemente: “Noi
i nodi li vedevamo venire al pettine”, si è detto prima il narratore giovane,
“e ci pareva di sentire che perfino dietro la politica, la regina delle cose,
ci sono forze oscure che lei non governa”.
I poteri sono forti soprattutto della credenza nei poteri forti.
zeulig@antiit.eu
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