Autodiagnosi del manierismo lombardo
Un
libro sulla prefazione a un libro che non c’è, l’autobiografia del Dossi
stesso. La prefazione invece del libro, grande trovata – Kierkegaard pure
progettava un libro di prefazioni, una sorta di bibbia, di libro dei libri, ma
l’ironia è diversa, altra robustezza, anche letteraria. Di uno che non ha voluto imparare il toscano e quindi sfarfalleggia. Con la malinconia di chi usa parlarsi da solo – uso rari qualche tempo fa, ora tutti si parlano da
soli, fissi al cellulare. Con molta cura di se stesso. “Fino a’ 27 anni, la
solitudine del Dossi fu riempiuta tutta dallo studio“, il suo “ardentissimo
coito” era “collo scrittojo”. E dopo? Decadde, e non guarisce. E così via
lamentando.
“Per il
linguale è però d’avvertire com’egli ebbe sempre difficile la favella”. Cose
così - non molte, una dozzina di paginette: farsi merito di non avere fatto.
Senza speciale distinzione, di trovate o di invenzioni lessicali, raccontare il nulla è
difficile.
Manierismo
lombardo. Da cui, certo, Gadda è germogliato. Ma anche Arbasino, e Testori, nel
secondo Novecento. Indefettibile dunque? Già l’impegno di Scheiwiller per
questa esumazione è sorprendente: Laura
Barile ha incaricato di un lungo commento, con note, sei volte il testo. Il nulla del nulla.
Carlo
Dossi, Autodiàgnosi quotidiana
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