venerdì 11 marzo 2022

Autodiagnosi del manierismo lombardo

Un libro sulla prefazione a un libro che non c’è, l’autobiografia del Dossi stesso. La prefazione invece del libro, grande trovata – Kierkegaard pure progettava un libro di prefazioni, una sorta di bibbia, di libro dei libri, ma l’ironia è diversa, altra robustezza, anche letteraria. Di uno che non ha voluto imparare il toscano e quindi sfarfalleggia. Con la malinconia di chi usa parlarsi da solo – uso rari qualche tempo fa, ora tutti si parlano da soli, fissi al cellulare. Con molta cura di se stesso. “Fino a’ 27 anni, la solitudine del Dossi fu riempiuta tutta dallo studio“, il suo “ardentissimo coito” era “collo scrittojo”. E dopo? Decadde, e non guarisce. E così via lamentando.
“Per il linguale è però d’avvertire com’egli ebbe sempre difficile la favella”. Cose così - non molte, una dozzina di paginette: farsi merito di non avere fatto. Senza speciale distinzione, di trovate o di invenzioni lessicali, raccontare il nulla è difficile.
Manierismo lombardo. Da cui, certo, Gadda è germogliato. Ma anche Arbasino, e Testori, nel secondo Novecento. Indefettibile dunque? Già l’impegno di Scheiwiller per questa esumazione è sorprendente:  Laura Barile ha incaricato di un lungo commento, con note, sei volte il testo. Il nulla del nulla.
Carlo Dossi, Autodiàgnosi quotidiana

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