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venerdì 25 marzo 2022

Borghesia corsara

La recensione di “Un po’ di febbre”, la raccolta di racconti di Sandro Penna, esordisce: “Che paese meraviglioso era l’Italia, durante il periodo del fascismo e subito dopo!” Con “la felicità «reale»” dei contadini e sottoproletari, perduta con lo sviluppo. Il poeta voleva sconcertare, e ci riesce. Ma non di più.
Questi sono gli articoli migliori di Pasolini, i più quotati: i capelloni, le lucciole, io so, la rivoluzione antropologica, le recensioni. Ma sono passatisti. Paesaggistici, vedutistici. Si sono letti come ribelli, dissacratori, anticonformisti, si leggono come perbenisti – il vero liberale è sempre un po’ anarchico (“superiore”). Anche “strapaese”, quarant’anni dopo - Malaparte però e Longanesi, altrettanto mordaci, erano nel ruolo, e quindi restano vivi.
Si leggono ancora, ma come reperto. Come scritti d’autore hanno perduto lo smalto di quando uscirono. E bisogna chiedersi se la loro forza straordinaria non stava nel veicolo, il “Corriere della sera”, più che nel testo - “Il Pci è un paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante”: detto sul “Corriere della sera” indubbiamente fa rumore. L’unica cosa onesta resta il titolo.
La raccolta è stata curata da Pasolini qualche mese prima della morte. Nella riedizione postuma di Garzanti era preceduta da una introduzione, impacciata, di Alfonso Berardinelli. Qui è sostituita da una, meno impegnata, di Paolo Di Stefano, che cura la collana Pasolini per il “Corriere della sera”.
C’è anche l’articolo non pubblicato contro Carlo Casalegno, presto vittima delle Brigate Rosse. Pasolini dice di odiarlo, più del “miserabile fascista di dieci anni fa”, uno sconosciuto che il poeta ricorda di avere inseguito per un buon quarto d’ora attraverso tutta San Lorenzo tanto il suo sdegno era inesausto. A Casalegno Pasolini imputa, per un articolo sulla “Stampa” contro di lui e Moravia, “la mania che ha preso gli italiani di darsi continuamente dei fascisti tra di loro”. Mania che però egli stesso aveva avviato qualche mese prima, con “Il fascismo degli antifascisti”. Con leggerezza, certo, alla Pannella, alla Ottone, i vaffanculisti dell’epoca. Certo tirati ai quattro pizzi, sobri, inappuntabili. Molto borghesi.
Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, “Corriere della sera”, pp. 303 € 8,90


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