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Chi era Pasolini 4
Artificiosa è la disperazione, in questa morte pure efferata, san
Sebastiano di borgata. La disperazione del sesso, non solo per il climaterio,
l’ansia della perdita. Il luogo della morte è un non luogo, rifiuti e terra
marcia, remoto. Il corpo sfregiato l’ha trovato all’alba una signora Lollobrigida,
Maria Teresa. È il set d’un
assassinio, di odio e paura. Avendo smarrito la vena comica, la lievità d’animo
che è il segno certo di Dio, spento il fuoco e la luce, pure quella fatua,
filamentosa, la baluginante fosforescenza delle lucciole. Incattivito con
sé stesso, dicono gli editori, negli ultimi inediti. In “Bestia da stile”, che ha riscritto
più volte fino a due giorni prima, l’aveva deciso: “Voglio morire di
umiliazione, voglio che mi ritrovino col sesso di fuori”. Era questa per lui la
giusta immagine di sé, oscena. Che aveva riproposto in “Salò-Sade” e voleva moltiplicare nel film che annunciava della fine del
mondo, “Porno-Teo-Kolossal” – di cui lascerà traccia nell’abbozzo di romanzo
intitolato “Petrolio”. Amante nella deiezione, vittima schizofrenica
d’un impulso iterativo, autopunitivo, all’aperto, in gruppo, solo con maschi
poveri, sempre più numerosi ma ognuno una volta sola, che forse sono immaginari
ed è pure peggio. Giusto per rinfocolare la vergogna.
La sua oscenità e
la dissolutezza, anche in “Salò-Sade”, il film inguardabile, sono decadenti -
attardate di qualche secolo, è un secolo che si usava l’orinale nel comodino?
Se non sono il passato che non passa: il poeta fu vero giovane fascista, andava
ai campeggi della Milizia e ai congressi a Weimar, aspirando alla nobiltà
dell’eroismo. Nel Partito ha cercato il padre che non ha avuto – la famiglia è
il padre. Anche a costo di farsene sicofante, come già il padre naturale col
fascismo, Carlo Alberto, che andava per la Bassa a denunciare comunisti, e si
presentò volontario, falso, testimone contro Zamboni, il presunto attentatore
di Mussolini, che affermava anzi di avere personalmente immobilizzato – per
darlo ai linciatori? Non si passa impuni da questa ricerca, il poeta il padre
lo cercava nel fascismo.
È stato il padre
che rifiutava, dispotico, fascista. Contro gli studenti nel ‘68 e contro tutti:
i lettori, che imboniva di retorica, gli amanti, che voleva bruti, la politica,
la destra pretendendo d’imporre alla sinistra, e alla fine sé stesso. Non una
vittima, il poeta come Kavafis sapeva, che cantava “la diversità che mi fece
stupendo”. O la leaderistica sarà stata il segno del tempo, “privo d’ironia”,
che il poeta vantava, una pace prolungata si alimenta di minute inquietudini,
infantili trasgressioni, si direbbe dannunziane in piccolo in ritardo - ma
bisognerebbe sapere chi era D’Annunzio, che non avrebbe detto: “Amo la mia
pazzia di acqua e assenzio,\ amo il mio giallo viso di ragazzo,\ le innocenze
che fingo e l’isterismo\ che celo nell’eresia o lo scisma\ del mio gergo, amo
la mia colpa”.
(continua)
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