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Chi era Pasolini 6
I funerali si sono svolti dall’Argentina a Campo dei Fiori, sotto
la statua di Giordano Bruno. Uomo geniale, il più colto della sua epoca, e il
più reazionario, mai libero, uno del Medio Evo. Sotto le campane a stormo
d’ogni chiesa. Il cielo limpido nell’estate di san Martino. Officiante il
Partito: per coprire lo scandalo della morte indecente il Pci s’è preso la
salma. Fu l’uso dei gesuiti coi morti eccellenti, Leopardi perfino e
Pirandello. La funeralizia è arte gesuita, dice Gioberti, che era abate, e non
era male: si dava ai non credenti, per un giorno, l’illusione della tolleranza,
e ai credenti la conversione in limine d’ogni grand’uomo, a
testimoniare la grandezza della chiesa di Roma. Solo Don Giovanni è sfuggito ai
gesuiti: quello lo hanno ucciso i francescani, lasciando intendere che il
Commendatore lo abbia fulminato - i francescani conoscevano in anticipo
l’elettricità?
È
un genere, il rituale i fratelli Taviani hanno codificato in morte di
Togliatti. È mortuario pure il quadro-manifesto del Partito del nobile pittore
Guttuso: un altro funerale, sempre di Togliatti. Il Partito si vuole
inconsolabile? Ha iniziato con Malaparte, il
quale fece di tutto affinché i gesuiti s’impadronissero di lui, a metà con
Togliatti. Un altro che amava solo se stesso, e il cane, da grembo, con la
leggenda schermandosi di un amore con Virginia Agnelli: la villa a Capri regalò
al presidente Mao, la salma al Pci e a padre Rotondi, per un
funerale con bandiere rosse e messa cantata polifonica. E ha continuato con
Debenedetti, dopo avergli negato la cattedra. Tre volte, per non essere
neorealista, non abbastanza, l’ultima in punto di morte. Il professor Sapegno, che era stato compagno di Debenedetti al
liceo e all’università ne bocciava la nomina, pronunciò il necrologio: il morto
si prende il vivo – onusto collezionista, il professore, del Direttorio: quante
storie riserberà la storia del Partito. In vita Pasolini non poté essere del
Partito, aveva dovuto restituire la tessera.
La procedura è che si firma al Partito alle Botteghe Oscure, per
portare la testimonianza, e si va a piedi fino alla Casa della cultura. Dove
diligenti compagni del servizio d’ordine fanno cordone al corpo squartato e
ricomposto dentro la bara, per una breve camera ardente. Poi la bara si porta a
spalla, in silenzio, a Campo dei Fiori.
In piazza parlano un funzionario del Partito, uno della
Federazione giovanile, e Moravia. Si chiude con la voce del poeta virginale
registrata a un festival della Federazione giovanile. Zero libertà, zero
fantasia, e l’amore non si sa: si torna alla casella base, linguaggio doppio,
fraternità finta, servaggio al Partito che bisognava smantellare. I compagni, che fino a ieri l’hanno criticato su ogni aspetto della vita
e del lavoro, se ne appropriano a
fini politici. E
a lui magari fa piacere, al “dolciastro comunista” di Calvino. Non ci sono altri poeti sui marciapiedi. Ma la poesia si sottrae. E l’intellettuale
è traditore.
Col repertorio gesuitico il poeta
viene inumato: maschere di cera, occhi umidi di collirio, fiori secchi, il
canone della costernazione trascende la morte di Dio. Se non che i gesuiti in
tonaca onorano il poeta protestando: padre Alberto Della Vedova è processato
per direttissima per aver imbrattato i manifesti del lutto. Un secolo fa i
gesuiti furono espulsi dalle scuole, i giornali, i parlamenti, i governi, e
forse si sono liberati. Diderot, lo spirito più libero, sarà stato gesuita. Gioberti, che molti ha indotto in peccato con gli scritti che
l’Indice ha proibito, sarà ancora un reprobo?
(continua)
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