Desiderio di Neutro
Alla prima lezione, il 18 febbraio 1978, “La benevolenza”, benevolentia,
è esemplificata con l’italiano: “Ti voglio bene”, “Stammi bene”. E con la citazione
della poesia di Pasolini “Una vitalità disperata”. La composizione, dalla
raccolta “Poesia in forma di rosa”, è ripresa, detta per intero, alla terza
lezione, il 4 marzo, sulla delicatezza. E in chiusura del 18 marzo, “il neutro
come scandalo” – a seguire alle “Immagini dispregiative” del Neutro (ingrato,
sfuggente, felpato, flaccido, indifferente, vile). A metà della terza lezione –
segue “La Collera” – la cosa è detta: cinquant’anni fa, poco meno, Roland
Barthes anticipava la culminazione della sarabanda dei generi, lgbtqia+, nello schwa,
trasferito dalla linguistica all’indistinzione sessuale.
“Definisco il Neutro”, esordisce Barthes, come ciò che elude il paradigma.
Paradigma, in Saussure, essendo “la molla del senso: là dove c’è senso c’è
paradigma, e là dove c’è paradigma (opposizione) c’è senso”. Una cosa è o non
è, e non può essere l’opposto: “Il senso riposa sul conflitto (la preferenza di
un termine contro un altro) e ogni conflitto è generatore di senso”. Spiegazione
che, retore
fuori norma, Barthes conclude
quasi derisorio: “Votarsi al senso”, “produrre senso”, “scegliere l’uno e respingere
l’altro”, è “produrre senso, darlo da consumare”. Due termini allora, e ancora,
negativi: produrre e consumare.
Contro il binarismo soccorre il neutro – il Neutro. In due forme: indicando l’uno e l’altro (ermafrodito è “maschio” e “femmina”), escludendo l’uno
e l’altro (“angelo” non è né “maschio” né “femmina”). Fin qui l’anamnesi. Il
programma è esplicito: “Ci prenderemo il diritto di parlare di ogni stato, di
ogni condotta, di ogni affetto, di ogni discorso… che riguarda il conflitto, o
la sua rimozione, la sua sottrazione, la sua sospensione”. Il “conflitto” dunque,
Neutro non è genere anodino. Con tre possibilità, tre “discorsi” nuovi, contro
uno. In spirito battagliero. “Il Neutro non rinvia a ‘impressioni’ di grigiore,
di ‘neutralità’, d’indifferenza. Il Neutro – il mio Neutro – può rinviare a
stati intensi, forti, inauditi. ‘Eludere il paradigma’ è un’attività ardente,
che brucia”.
Contro il binarismo soccorre il neutro – il Neutro. In due forme: indicando l’uno e l’altro (ermafrodito è “maschio” e “femmina”), escludendo l’uno
e l’altro (“angelo” non è né “maschio” né “femmina”). Fin qui l’anamnesi. Il
programma è esplicito: “Ci prenderemo il diritto di parlare di ogni stato, di
ogni condotta, di ogni affetto, di ogni discorso… che riguarda il conflitto, o
la sua rimozione, la sua sottrazione, la sua sospensione”. Il “conflitto” dunque,
Neutro non è genere anodino. Con tre possibilità, tre “discorsi” nuovi, contro
uno. In spirito battagliero. “Il Neutro non rinvia a ‘impressioni’ di grigiore,
di ‘neutralità’, d’indifferenza. Il Neutro – il mio Neutro – può rinviare a
stati intensi, forti, inauditi. ‘Eludere il paradigma’ è un’attività ardente,
che brucia”.
Un testo ricostruito, con gli appunti che Barthes prendeva per il corso
che tenne nel 1977-78, due anni dopo l’anno
dopo la sua elezione al Collège de Francia (il primo corso era stato “Comment
vivre ensemble”), due ore a settimana, ogni sabato mattina per quattro mesi, ventitré
lezioni, e la trascrizione della registrazioni dell’intero corso. Riproposto da
uno specialista di Barthes, Augusto Ponzio, con una lunga introduzione, per collegare
l’esercitazione di Barthes a Blanchot, che Barthes nomina, e a Bataille, Lévinas
e Derrida. Il Neutro declinando su una serie di temi che avrebbe ingolosito il
Calvino della leggerezza: benevolenza, stanchezza, silenzio, delicatezza, sonno,
affermazione, colore, aggettivo, ideosfere, coscienza, risposta, riti, conflitto,
il ritrarsi dal mondo (esemplificato con la “Vita Nova”), l’arroganza, il kairos,
il giapponese “wu-wei”, voler vivere (esemplificato col Leonardo da Vinci di
Fr), l’androgino, lo spavento. Con molta letteratura, non solo Pasolini e
Dante.
Il tema è in realtà nuovo e vecchio in Barthes, trovandosene chiara
anticipazione nella sua opera di esordio, per la quale fu subito famoso, il “Grado
zero della scrittura”. E in linea col dibattito di quegli anni 1970, sul disimpegno
politico trasferito nella lingua, il “né…né”, l’“o…o”, un pilatismo che Barthes
amplia nell’accettazione, “sia… sia”. Qui è esteso, senza veli, alla morale dei
sentimenti. Il semiologo moraliste che è sempre stato Barthes, applicato
ai modi di vivere e di esistere, ne fa una battaglia, a suo dire doverosa, di libertà. La “verità
del corso” proclama, con spirito polemico inatteso, è “il desiderio che è
alla sua origine e che mette in scena. Il corso esiste perché vi è un desiderio
di Neutro: un pathos (una pathologia?)”. Mettendosi personalmente in
gioco: “La descrizione topica, esaustiva, finale di questo desiderio di Neutro
non mi appartiene”, i.e. sono parte in causa, “è il mio enigma, ovvero quanto
di me può essere visto soltanto dagli altri. Posso soltanto indovinare, nella
boscaglia di me stesso, l’antro in cui esso si apre e si approfondisce”.
Nella sintesi del corso da lui stesso redatta per l’annuario del Collège
de France, Barthes lo dice ancora più esplicito: “Si studia ciò che si
desidera o che si teme; secondo questa prospettiva il titolo autentico del
corso avrebbe potuto essere: Il Desiderio del Neutro”. La sezione “Il
Neutro come scandalo” si può dire la ragione del corso, quella che Barthes “spiega”
evocando Pasolini. Ripreso, questa volta senza citarlo, ancora il 25 marzo,
sotto il titolo “L’attivo del Neutro”: “Qual è questa vitalità disperata che il
Neutro ha al suo attivo?” Con l’aggiunta: “Con, risuonante nella parola, la
musica nietzscheana”, dionisiaca. E ancora: “Si potrebbe dire: le virtù del
Neutro. «Virtus»? Riferimento al vir, non in quanto maschio
(niente maschilismo del Neutro!) ma per contrastare l’immagine troppo facile
del Neutro come spazio della sterilità indifferente”.
Il paradigma – il senso unico – può essere indebolito, nei colori per
esempio (l’opposizione bianco\nero si mescola-trascolora in “bigio, bruno”), nelle
sensazioni (il freddo\caldo si neutralizza in “tiepido”). Il Neutro quindi come
una forma di disarmo. Ma a volte invece di affermazione. E qui entra in gioco
il desiderio, la voglia di non essere paradigmatico, bianco o nero, caldo o
freddo, e soprattutto maschio o femmina. Non detto, ma è il genere sessuale che
tutta la trattazione sottende.
Roland Barthes, Il Neutro, Mimesis, pp. 364 € 24
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