martedì 22 marzo 2022

Il mondo com'è (442)

astolfo

Kerč – La cittadina sull’istmo tra il mar Nero e il mare di Azov, annessa con tutta la Crimea alla Russia nel 2014, innesco della guerra ora in corso, annoverava fra gli abitanti una folta colonia di italiani, soprattutto pugliesi, che vi erano immigrati a metà Ottocento. Erano contadini e pescatori, attratti dalla penisola, ricca di frumento e di pesce. Sette anni fa i superstiti avevano avviato una pratica di riconoscimento delle origini italiane, e quindi di concessione del passaporto italiano. Erano rimasti in pochi, e avevano avuto brutte esperienze con Mosca negli anni di Stalin.
La Russia rivendica la Crimea sulla base dell’annessione al tempo di Caterina II, dell’espansione che la zarina progettò e realizzò verso Beirut, verso il Mediterraneo. La colonia di emigrati italiani, originariamente russi, poi sovietici, poi ucraini, infine di nuovo russi, consistente all’origine di alcune centinaia di persone, era l’ultima delle tante colonie franche, cioè genovesi, disseminate per il Mediterraneo orientale – Odessa, Galata o Pera, etc.
L’Ucraina, compresa la Crimea, fu conquistata dalla Germania nella prima offensiva contro l’Urss, a settembre del 1941. Col concorso degli stessi ucraini. Ma fu riconquistata quasi subito dall’Armata Rossa, quattro mesi dopo, e Stalin ordinò l’epurazione dei collaborazionisti. Il 29 gennaio 1942 anche i cittadini di origine italiana furono deportati: svegliati all’alba, consigliati di portare un bagaglio non superiore ai 16 kg., e imbarcati per la città russa di Novorossijsk. Da qui furono indirizzati, con un viaggio lungo un mese, in Kazakistan, disseminati in borghi rurali. Dove le donne furono assegnate ai kolchoz, le fattorie collettive create dopo la confisca della terra ai contadini, e gli uomini impiegati nelle miniere, e nell’impianto metallurgico di Cheljabinsk, a 200 km. da Ekaterinburg. Alla fine della guerra molti sono rimasti a Cheljabinsk o in Kazakistan – moli dei sopravvissuti all’inverno della deportazione, rigido. I pochi che si ristabilirono a Kerč provarono a riprendere i contatti con l’Italia.
Kerč era uno dei pochi luoghi nominati degli ebrei kazzari, la “tredicesima tribù”. Era ottimo porto, che signoreggiò il Bosforo Cimmerio, attesta Algarotti. “La morta Kerč”, una città che trasloca, così la vede invece Sklovskij nel “Punteggio di Amburgo” (1928), con le donne sedute su cuscini alla finestra, verso una fabbrica in costruzione.


Obsolescenza pianificata – È stata introdotta nella produzione industriale un secolo fa per limitare o ridurre il ciclo vitale di un prodotto, e accelerarne il ricambio. Al fine di tenere sempre attivo e incrementare il ciclo produttivo. Una sottocategoria allora analizzata e codificata è l’obsolescenza simbolica, o percepita: quella indotta dalla pubblicità o dalla moda.
Le storie industriali la fanno nascere come politica industriale nel 1924, quando il cosiddetto Cartello Phoebus, dei principali fabbricanti europei e americani di lampadine, stabilì di limitarne la vita a cica mille ore di esercizio. Giustificando la limitazione con la maggiore efficienza rispetto alle lampadine di durata superiore o indeterminata.  
Il termine è invece fatto risalire al 1932, quando fu avanzata la proposta (da un Bernard London, mediatore immobiliare americano), di imporla per legge, come misura anti-depressione e di stimolo all’economia.
     
 
Sloanismo – È da quasi un secolo la tecnica di fabbricazione delle automobili: la creazione di una “piattaforma” che consenta la fabbrica di più modelli di automobili, di costo\prezzo e qualità diversa, per ridurre i costi di fabbricazione, e insieme venire incontro alle esigenze di una clientela diversificata, come Chevrolet, Pontiac, Buick, Cadillac, Oldsmobile. Elaborata e adottata, in concorrenza con Ford, negli anni 1920 dall’allora presidente-direttore generale della General Motors, Alfred Sloane, che con questa tecnica superò in produttività e produzione la rivale Ford nel 1926 - per circa settant’anni GM sarà poi il più grande gruppo industriale americano (da cui il motto “ciò che buono per la General Motors è buono per gli Stati Uniti” – solitamente attribuito al presidente Wilson, che però era stato presidente fino al 1921, in epoca fordiana cioè, ed era morto nel 1924).
A Sloane e alla General Motors è anche attribuita l’innovazione\introduzione del design nella fabbricazione dell’automobile. Per concorrere, benché l’automobile sia un prodotto costoso e quindi di lusso, all’obsolescenza pianificata, all’esigenza di cambiare modello con rapidità. Moltiplicando la diversificazione (colori, forme, novità di vario genere - gadget, optional).
 
Viaggio a Weimar – Il primo Convegno dell’Associazione Europea degli Scrittori promossa dalla Germania di Hitler, dall’8 all’ 11 ottobre 1942, si tenne a Weimar, con la partecipazione di una folta delegazione italiana, comprendere anche Vittorini e Giaime Pintor. L’Associazione era stata creata il 24 ottobre 1941, sempre a Weimar, al termine di un “Incontro degli scrittori della Grande Germania” convocato dal ministero tedesco dell’Istruzione e della Propaganda (Goebbels), al quale però per la parte italiana avevano partecipato solo il filosofo fascista Alfredo Acito e il germanista Arturo Farinelli. Hans Carossa ne era stato nominato presidente. E come vice la Germania avrebbe voluto Riccardo Bacchelli. Che però declinò l’invito. Si scelse allora Papini.
Per il primo convegno Carossa invitò Papini, e ancora Bacchelli, Farinelli e Pastonchi, quali membri designati dall’Accademia d’Italia), con Alfredo Acito, Corrado Alvaro, Enrico Falqui, Giaime Pintor, giovanissimo ma acclarato germanista, Mario Sertoli, Bonaventura Tecchi, Elio Vittorini. Il ministero italiano si adoperò per dare consistenza alla partecipazione, estendendo l’invito anche a Montale. E aggiungendo alla delegazione Giulio Cogni, il teorico razzista. Mentre l’Accademia modificava le sue indicazioni: Emilio Cecchi e Antonio Baldini prendevano il posto di Bacchelli e Pastonchi. Montale si disse indisponibile “per malattia”. Alvaro, già corrispondente a Berlino, e Tecchi, prigioniero di guerra nel 1918 a Celle in Germania (con Gadda), non risultano aver partecipato. La delegazione italiana fu comunque cospicua: Baldini, Cecchi, Falqui,  Farinelli, Pintor, Vittorini, oltre a Acito, Cogni e Sertoli. Il convegno fu chiuso da un’allocuzione di Goebbels.
Pintor risulta, nel curriculum che il ministero inviò all’ambasciata a Berlino, “proposto dall’Addetto culturale germanico presso l’Ambasciata di Roma, dott. Hoffmann”. Scriverà del convegno per “Primato”, la rivista di Bottai, ma l’articolo non fu pubblicato. Si può leggere ne “Il sangue d’Europa”, la raccolta postuma di suoi scritti. Il suo resoconto non fu negativo, se letto in parallelo con la relazione che Sertoli scrisse per il ministero della Cultura Popolare (il parallelo è in Maria Clotilde Angelini, “1942. Note in margine al Convegno degli scrittori europei a Weimar”). Farinelli dice “generoso di parole e di abbracci… a volte impaziente”, Cecchi “placido”, e “acuto” Baldini: “In realtà la loro educazione rondista non corrispondeva al clima di folklore cosmopolita che inevitabilmente si era creato a Weimar”. Di Falqui notando che “aggiungeva alla reazione dei due maestri un rapido e vivace commento” (a Falqui si accredita il sommario: “un covo di cretini”).
Sertoli, a Weimar per conto del Ministero, riferisce invece di un convegno “inutile”, molto disorganizzato, “alloggiamento da caserma”, cibo da rancio, “una disorganizzazione grave in un Paese, la cui forza è basata sull’ordine”. Critica perfino il discorso di Goebbels.
Il “clima di folklore cosmopolita” peserà molto sui partecipanti francesi - i quali però al ritorno ne avevano fatto resoconti entusiastici. Il viaggio fu uno dei principali capi d’accusa per i collaborazionisti. Brasillach è stato fucilato, Drieu La Rochelle si è ucciso, Ramon Fernandez, ex comunista divenuto hitleriano, era intanto morto annegato nell’alcol. Bonnard e Fraiganux saranno emarginati. Jouhandeau si giustificherà con la caccia al giovane biondo – “i miei viaggi furono viaggi di nozze”.
 
A un viaggio a Weimar aveva partecipato nello stesso anno Pasolini, Che ne scrisse sul mensile della Guf bolognese, “Architrave”, “Cultura italiana e cultura europea a Weimar”. Un resoconto molto positivo, fra i giovani dell’Europa hitleriana, di svecchiamento per gli italiani seppelliti nel provincialismo. Sotto una citazione dallo “Zibaldone” di Leopardi, 1106: “
... le illusioni quando sono nel loro punto fanno un popolo veramente civile”.
 
Yalta - Gli “Accordi di Yalta” in Crimea, del 4-11 febbraio 1945, sono di fatto di Livadja, a Ovest di Yalta, dove furono discussi e firmati nell’hotel omonimo. Ma, sempre di fatto, già concordati a Mosca, fra Churchill e Stalin, nell’ottobre 1944 – il presidente americano F.D.Roosevelt essendo impegnato negli Stati Uniti nella campagna per la rielezione. Furono Churchill e Stalin a dividere l’Europa – con la soglia d’incertezza sulla Grecia che poi portò alla guerra civile.

astolfo@antiit.eu

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