Il mondo com'è (442)
astolfo
Kerč – La cittadina sull’istmo
tra il mar Nero e il mare di Azov, annessa con tutta la Crimea alla Russia nel
2014, innesco della guerra ora in corso, annoverava fra gli abitanti una folta
colonia di italiani, soprattutto pugliesi, che vi erano immigrati a metà
Ottocento. Erano contadini e pescatori, attratti dalla penisola, ricca di frumento
e di pesce. Sette anni fa i superstiti avevano avviato una pratica di
riconoscimento delle origini italiane, e quindi di concessione del passaporto
italiano. Erano rimasti in pochi, e avevano avuto brutte esperienze con Mosca
negli anni di Stalin.
La Russia
rivendica la Crimea sulla base dell’annessione al tempo di Caterina II, dell’espansione
che la zarina progettò e realizzò verso Beirut, verso il Mediterraneo. La
colonia di emigrati italiani, originariamente russi, poi sovietici, poi
ucraini, infine di nuovo russi, consistente all’origine di alcune centinaia di persone,
era l’ultima delle tante colonie franche, cioè genovesi, disseminate per il
Mediterraneo orientale – Odessa, Galata o Pera, etc.
L’Ucraina,
compresa la Crimea, fu conquistata dalla Germania nella prima offensiva contro
l’Urss, a settembre del 1941. Col concorso degli stessi ucraini. Ma fu
riconquistata quasi subito dall’Armata Rossa, quattro mesi dopo, e Stalin ordinò
l’epurazione dei collaborazionisti. Il 29 gennaio 1942 anche i cittadini di origine
italiana furono deportati: svegliati all’alba, consigliati di portare un bagaglio
non superiore ai 16 kg., e imbarcati per la città russa di Novorossijsk. Da qui
furono indirizzati, con un viaggio lungo un mese, in Kazakistan, disseminati in
borghi rurali. Dove le donne furono assegnate ai kolchoz, le fattorie collettive
create dopo la confisca della terra ai contadini, e gli uomini impiegati nelle miniere,
e nell’impianto metallurgico di Cheljabinsk, a 200 km. da Ekaterinburg. Alla
fine della guerra molti sono rimasti a Cheljabinsk o in Kazakistan – moli dei
sopravvissuti all’inverno della deportazione, rigido. I pochi che si
ristabilirono a Kerč provarono a riprendere i contatti con l’Italia.
Kerč era uno dei pochi luoghi nominati
degli ebrei kazzari, la “tredicesima tribù”. Era ottimo porto, che signoreggiò il Bosforo Cimmerio, attesta Algarotti. “La morta Kerč”, una città che trasloca,
così la vede invece Sklovskij nel “Punteggio di Amburgo” (1928),
con le donne sedute su cuscini alla finestra, verso una fabbrica in costruzione.
Obsolescenza pianificata – È stata introdotta nella produzione
industriale un secolo fa per limitare o ridurre il ciclo vitale di un prodotto,
e accelerarne il ricambio. Al fine di tenere sempre attivo e incrementare il
ciclo produttivo. Una sottocategoria allora analizzata e codificata è l’obsolescenza
simbolica, o percepita: quella indotta dalla pubblicità o dalla moda.
Le storie industriali la fanno
nascere come politica industriale nel 1924, quando il cosiddetto Cartello Phoebus,
dei principali fabbricanti europei e americani di lampadine, stabilì di
limitarne la vita a cica mille ore di esercizio. Giustificando la limitazione
con la maggiore efficienza rispetto alle lampadine di durata superiore o
indeterminata.
Il termine è invece fatto risalire
al 1932, quando fu avanzata la proposta (da un Bernard London, mediatore
immobiliare americano), di imporla per legge, come misura anti-depressione e
di stimolo all’economia.
Sloanismo – È da quasi un
secolo la tecnica di fabbricazione delle automobili: la creazione di una “piattaforma”
che consenta la fabbrica di più modelli di automobili, di costo\prezzo e
qualità diversa, per ridurre i costi di fabbricazione, e insieme venire
incontro alle esigenze di una clientela diversificata, come Chevrolet, Pontiac,
Buick, Cadillac, Oldsmobile. Elaborata e adottata, in concorrenza con Ford, negli
anni 1920 dall’allora presidente-direttore generale della General Motors, Alfred
Sloane, che con questa tecnica superò in produttività e produzione la rivale Ford
nel 1926 - per circa settant’anni GM sarà poi il più grande gruppo industriale
americano (da cui il motto “ciò che buono per la General Motors è buono per gli
Stati Uniti” – solitamente attribuito al presidente Wilson, che però era stato
presidente fino al 1921, in epoca fordiana cioè, ed era morto nel 1924).
A Sloane e alla
General Motors è anche attribuita l’innovazione\introduzione del design nella
fabbricazione dell’automobile. Per concorrere, benché l’automobile sia un
prodotto costoso e quindi di lusso, all’obsolescenza pianificata, all’esigenza
di cambiare modello con rapidità. Moltiplicando la diversificazione (colori,
forme, novità di vario genere - gadget, optional).
Viaggio a Weimar – Il primo
Convegno dell’Associazione Europea degli Scrittori promossa dalla Germania di Hitler, dall’8 all’ 11 ottobre
1942, si tenne a Weimar, con la partecipazione di una folta delegazione
italiana, comprendere anche Vittorini e Giaime Pintor. L’Associazione era stata
creata il 24 ottobre 1941, sempre a Weimar, al termine di un “Incontro degli
scrittori della Grande Germania” convocato dal ministero tedesco dell’Istruzione
e della Propaganda (Goebbels), al quale però per la parte italiana avevano partecipato solo il filosofo fascista Alfredo Acito e il germanista Arturo Farinelli. Hans
Carossa ne era stato nominato presidente. E come vice la Germania avrebbe
voluto Riccardo Bacchelli. Che però declinò l’invito. Si scelse allora Papini.
Per il primo
convegno Carossa invitò Papini, e ancora Bacchelli, Farinelli e Pastonchi,
quali membri designati dall’Accademia d’Italia), con Alfredo Acito, Corrado
Alvaro, Enrico Falqui, Giaime Pintor, giovanissimo ma acclarato germanista,
Mario Sertoli, Bonaventura Tecchi, Elio Vittorini. Il ministero italiano si adoperò
per dare consistenza alla partecipazione, estendendo l’invito anche a Montale. E
aggiungendo alla delegazione Giulio Cogni, il teorico razzista. Mentre l’Accademia
modificava le sue indicazioni: Emilio Cecchi e Antonio Baldini prendevano il
posto di Bacchelli e Pastonchi. Montale si disse indisponibile “per malattia”.
Alvaro, già corrispondente a Berlino, e Tecchi, prigioniero di guerra nel 1918
a Celle in Germania (con Gadda), non risultano aver partecipato. La delegazione
italiana fu comunque cospicua: Baldini, Cecchi, Falqui, Farinelli, Pintor, Vittorini, oltre a Acito,
Cogni e Sertoli. Il convegno fu chiuso da un’allocuzione di Goebbels.
Pintor risulta,
nel curriculum che il ministero inviò all’ambasciata a Berlino, “proposto dall’Addetto
culturale germanico presso l’Ambasciata di Roma, dott. Hoffmann”. Scriverà del
convegno per “Primato”, la rivista di Bottai, ma l’articolo non fu pubblicato. Si
può leggere ne “Il sangue d’Europa”, la raccolta postuma di suoi scritti. Il
suo resoconto non fu negativo, se letto in parallelo con la relazione che
Sertoli scrisse per il ministero della Cultura Popolare (il parallelo è in
Maria Clotilde Angelini, “1942. Note in margine al Convegno degli scrittori
europei a Weimar”). Farinelli dice “generoso di parole e di abbracci… a volte
impaziente”, Cecchi “placido”, e “acuto” Baldini: “In realtà la loro educazione
rondista non corrispondeva al clima di folklore cosmopolita che inevitabilmente
si era creato a Weimar”. Di Falqui notando che “aggiungeva alla reazione dei
due maestri un rapido e vivace commento” (a Falqui si accredita il sommario: “un
covo di cretini”).
Sertoli, a Weimar
per conto del Ministero, riferisce invece di un convegno “inutile”, molto
disorganizzato, “alloggiamento da caserma”, cibo da rancio, “una disorganizzazione
grave in un Paese, la cui forza è basata sull’ordine”. Critica perfino il discorso di Goebbels.
Il “clima di folklore
cosmopolita” peserà molto sui partecipanti francesi - i quali però al ritorno
ne avevano fatto resoconti entusiastici. Il viaggio fu uno dei principali capi d’accusa
per i collaborazionisti. Brasillach è stato fucilato, Drieu La Rochelle si è
ucciso, Ramon Fernandez, ex comunista divenuto hitleriano, era intanto morto annegato
nell’alcol. Bonnard e Fraiganux saranno emarginati. Jouhandeau si giustificherà
con la caccia al giovane biondo – “i miei viaggi furono viaggi di nozze”.
A un viaggio a Weimar
aveva partecipato nello stesso anno Pasolini, Che ne scrisse sul mensile della
Guf bolognese, “Architrave”, “Cultura italiana e cultura europea a Weimar”. Un
resoconto molto positivo, fra i giovani dell’Europa hitleriana, di svecchiamento
per gli italiani seppelliti nel provincialismo. Sotto una citazione dallo “Zibaldone”
di Leopardi, 1106: “... le illusioni quando sono nel loro punto fanno
un popolo veramente civile”.
Yalta - Gli “Accordi di
Yalta” in Crimea, del 4-11 febbraio 1945, sono di fatto di Livadja, a Ovest di Yalta,
dove furono discussi e firmati nell’hotel omonimo. Ma, sempre di fatto, già
concordati a Mosca, fra Churchill e Stalin, nell’ottobre 1944 – il presidente
americano F.D.Roosevelt essendo impegnato negli Stati Uniti nella campagna per
la rielezione. Furono Churchill e Stalin a dividere l’Europa – con la soglia d’incertezza
sulla Grecia che poi portò alla guerra civile.
astolfo@antiit.eu
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