martedì 8 marzo 2022

L’“armiamoci e partite” di Biden

Gli Usa “dipendono” dal petrolio russo (ne importano) per l’8 per cento del fabbisogno, la Ue per il 25 per cento - la Germania per il 30 per cento, la Polonia per il 58, la Slovacchia per il 74, la Finlandia per l’80, la Lituania per l’83 (l’Italia, che nel 1955 avviò per prima le importazioni di petrolio russo, solo per il 13 per cento).
Ci sono delle asimmetrie nelle sanzioni, nella risposta alla guerra di Putin, tra gli Stati Uniti e l’Europa.
Allo stesso modo, sperequato, come si annuncia per il petrolio hanno operato le sanzioni sul sistema bancario. Nessuna banca americana ne è stata colpita, alcune europee sì, subito e forte. Tra esse Unicredit (meno 44 per cento a piazza Affari) e Intesa (meno 35 per cento). Con la francese Société Génèrale e l’austriaca Raiffeisen Bank International, espressione delle banche popolari. Uno studio commissionato dalla stessa Unicredit trova tra le banche presenti in Russia solo istituti europei. 
Il sequestro dei depositi russi in valuta comporta il ripagamento delle obbligazioni in scadenza in rubli. I depositi sono prevalentemente nella Federal Reserve americana, le sottoscrizioni sono prevalentemente europee.  
Per gli Stati Uniti lo stato di guerra in Europa e l’aumento di costo del greggio significano un rilancio dell’industria petrolifera. Da qualche tempo bloccata dalle regolamentazioni e gli impegni a protezione dell’ambiente, e dai costi crescenti della ricerca e della produzione, specie per i greggi “pesanti” (da scisti bituminosi, praticamente asfalto).
Allo stesso fine viene utile in America l’anticipo dei futures sui greggi, oggi a 130 dollari a barile: la vendita oggi dei prodotti petroliferi ai prezzi attesi favorisce il finanziamento e l’investimento nella ricerca e produzione ad alto costo di idrocarburi negli Stati Uniti, anche se aggrava il rischio di inflazione.
L’Inghilterra, molto esposta nella guerra diplomatica e verbale alla Russia, ha disposto di bloccare le importazioni di petrolio dalla Russia “verso al fine del 2022”, “progressivamente” e “selettivamente” – incidono sulle importazioni totali di tutto il Regno Unito per l’11 per cento.

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