Letture - 485
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Boccaccio – Non
è solo l’autore del “Decameron”, e un dotto umanista. Ha lanciato strofe e generi
letterari, in particolare il poema in ottave.
Quindi ha iniziato e “formattato” la novellistica. E ha influenzato
l’epica cavalleresca, fino all’Ariosto e al Tasso. Il filologo spagnolo Francisco
Rico, specialista di Petrarca, spiega in “Ritratti allo specchio (Boccaccio,
Petrarca)” che in Spagna è stato moto amato e imitato il suo romanzo d’amore in
prosa, “Fiammetta”.
Cadaveri – Sono stati larga parte della
letteratura erotica noir nell’Ottocento. Non in funzione del coito o
dell’orgasmo, quanto di un’eccitazione ambigua – nell’erotismo macabro
l’orgasmo ha piuttosto la funzione di far morire di voluttà. Barbey
d’Aurevilly, “Le diaboliche”, ne è stato l’autore più rappresentativo. Petrus
Borel, “Racconti immorali”, sul frontespizio allineava un teschio, una donna
coi seni nudi indifesi, le braccia legate dietro la schiena, una ghigliottina,
e altri utensili macabri, con la qualifica di “licantropo”. Théophile Gautier ha
il morto vivente in forma di vampiressa. Camillo Boito, “Un corpo”, fa giurare
a un giovane medico viennese, folgorato da una dama intravista al caffè, che
presto giacerà sulla sua talvolta anatomica, per mostrare i segreti della sua
bellezza.
Fellini –
Celebrato senza riserve retrospettivamente, ebbe in vita successo di pubblico
ma non di critica, non in Italia – fu “riconosciuto” e consacrato in Francia
(“La dolce vita” a opera di Simenon, presidente della giuria a Cannes) e in America
con gli Oscar. In Italia era sospetto, a
sinistra come cattolico, e inviso naturalmente ai cattolici, sessuofobi.
“La Dolce vita” l’“Osservatore Romano” ribattezzò “La sconcia vita”. Franco
Fortini sull’“Avanti!” disse il film di “ripugnante cattolicesimo di fondo”.
Luigi Russo su “Belfagor” di “un cattolicesimo putrefatto e massoneggiante”.
Sul “Corriere della sera” Arturo Lanocita bocciava “i dialoghi mediocri, gli
interpreti che tradiscono dilettantismo”. Mario Gromo sulla “Stampa” spiegava
che “la materia non vibra”. Su “l’Unità” Mario Alicata si limitava a invitare
Fellini: “Venga on noi”. Il successivo “8 e mezzo” Buzzati sul “Corriere della sera”
disse “la masturbazione di un genio”. Su “La Stampa” Guido Aristarco ci vedeva
“l’inconsistenza della visione felliniana”. Su “Paese sera” Flora Volpini lo
liquidava, di “una noia spaventosa”. Morando Morandini su “Le Ore” si chiedeva
se era “opera d’arte o esercizio di stile”. Filippo Sacchi su “Epoca” dichiarava di non essere
“riuscito a capire il capolavoro”. Per “Prova d’orchestra” Fofi su “Ombre
Rosse” non aveva dubbi: “L’aspetto più costernante del film è la sua
sciocchezza”.
Fondazione Feltrinelli – È stata l’idea
di un prete. Lo spiega Carlo Feltrinelli a Cazzulllo sul “Corriere della sera”,
8 marzo: Togliattti propone a Feltrinelli la creazione di una biblioteca delle
lotte operaie in ogni parte del mondo, e gli dice “che l’idea veniva da un prete.
La Fondazione Feltrinelli nacque così”.
Gadda - “Me
lo ricordo come una comica”, il suo vecchio editore Livio Garzanti,
intervistato per i suoi novant’anni da Nello Ajello su “la Repubblica” il 15
aprile 2011: “Grande, strano, ossequioso”. Gli scriveva lettere come a persona
di grande autorità, o a un padre: “Gadda mi professava una deferenza ridicola. Era
un grade nevrotico. Non aveva mai dato un bacio a una donna. Mi mostrava – io all’epoca ero un giovanotto
di trent’anni o giù di lì – l’adorazione che si può provare per uno zio, un
principe del sanghe o per Gheddafi”.
Gattopardo – “Rifiutato da
tutti gli editori. Fu Elena Croce, la figlia di don Benedetto, a segnalarlo a
Bassani, dicendo che era opera di «una signorina aristocratica siciliana… » -
Carlo Feltrinelli a Cazzullo, sul “Corriere della sera”.
Intellettuale\sessuale – “Il meditare da solo è onanismo – il pensare con
altri (conversare) è coito”, Carlo Dossi, “Note azzurre” 1589
Latino - Ce n’è di ottimo, notava Luciano
Canfora commentando l’addio al papato dei Benedetto XVI (“Un esempio di latino
moderno”), “una specie di mosaico che abbraccia due millenni di latinità, dal
ciceroniano «ingravescente aetate» al «portare pondus» che ricorre in Flavio
Vegezio”. Con “un disinvolto «ultimis
mensis» che figura in scritti ottocenteschi (addirittura del calvinista
Bachofen)”. È “prelievi dal dotto e audace Rufino traduttore di Origene, nell’espressione
«incapacitatem meam»”. Mentre altre “solide attestazioni di epoca classica, da
Quintiliano a Plinio, sorreggono la frase più importante di tutto il testo e
cioè: «Declaro me ministerio renuntiare»”. Ma “nella frase cruciale” viene
“inferta una ferita alla sintassi altina, visto che al dativo ministerio
viene collegato l’intollerabile accusativo commissum («incombenza
affidatami»). Mentre doveva esserci, “per necessaria concordanza, il
dativo commisso”. Come “addirittura nella frase di apertura”, dove il
Pontefice annuncia di “«comunicare una decisione di grande momento per la vita
della chiesa», ma si legge pro ecclesiae vitae laddove avremmo
desiderato pro ecclesiae vita”.
Succede, conclude Canfora, il latino condensa
molte novità successive. Per scurare il pontefice, ricorda di passaggio “i rari
ma disturbanti errori di latino che macchiavano le «Quaestiones callimacheae»
di un grande filologo come Giorgio Pasquali, rettificate nella ristampa
realizzata poi dal bravissimo Giovanni Pascucci, grammatico fiorentino”.
Manzoni - Un
personaggio molto solido malgrado le fobie, un believer: Umberto Eco
tutto sommato lo assolve, nella plaquette “Tra menzogna e ironia”. Nella
quale Manzoni figura per un saggio intitolato “Linguaggio mendace di Manzoni”.
Dell’autore dei “Promessi sposi”, che non ama ma
teme, Eco traccia i vari linguaggi nel romanzo: erudito, convenzionale,
“popolare”, figurato, ironico, etc.. Facendone un giocatore linguistico – un
organista abilissimo ai vari registri, si direbbe, il Bach del romanzo – più
che un ideologo e un uomo di fede. Ma tale, tanto immerso è in questo gioco, da
rendere i suoi giochi linguistici irrilevanti, “prova ne è che tanti lettori
hanno capito il romanzo saltando, per giustificata pigrizia, tutti gli esempi
di discorsi inconcludenti”.
Petrarca – Riconosceva la grandezza di Dante,
della “Divina Commedia”, a malincuore, “con una certa considerazione” ma “con reticenze
e ambiguità”. Il suo studioso spagnolo, Francisco Rico, “Ritratti allo
specchio”, lo fa emergere di carattere difficile. Il conterraneo e quasi coetaneo
Boccaccio considerava “a volte come un servitore e a volte come un fratello”. Ma “un fratello minore che s’istruisce e
incoraggia ma il cui talento non si apprezza”. Avvantaggiato peraltro, spiega,
dalla devozione di Boccaccio, invece indefettibile.
Riflusso – “Un orologio che va male non
segna mai l’ora giusta; un orologio fermo la dà esatta due volte al giorno. Si
può spiegare così il riflusso verso la moderazione, la conservazione e la
reazione dell’elettorato di sinistra in Europa” – Leonardo Sciascia, “Nero su
nero”, 247.
letterautore@antiit.eu
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