domenica 20 marzo 2022

Letture - 485

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Boccaccio – Non è solo l’autore del “Decameron”, e un dotto umanista. Ha lanciato strofe e generi letterari, in particolare il poema in ottave.  Quindi ha iniziato e “formattato” la novellistica. E ha influenzato l’epica cavalleresca, fino all’Ariosto e al Tasso. Il filologo spagnolo Francisco Rico, specialista di Petrarca, spiega in “Ritratti allo specchio (Boccaccio, Petrarca)” che in Spagna è stato moto amato e imitato il suo romanzo d’amore in prosa, “Fiammetta”.
 
Cadaveri – Sono stati larga parte della letteratura erotica noir nell’Ottocento. Non in funzione del coito o dell’orgasmo, quanto di un’eccitazione ambigua – nell’erotismo macabro l’orgasmo ha piuttosto la funzione di far morire di voluttà. Barbey d’Aurevilly, “Le diaboliche”, ne è stato l’autore più rappresentativo. Petrus Borel, “Racconti immorali”, sul frontespizio allineava un teschio, una donna coi seni nudi indifesi, le braccia legate dietro la schiena, una ghigliottina, e altri utensili macabri, con la qualifica di “licantropo”. Théophile Gautier ha il morto vivente in forma di vampiressa. Camillo Boito, “Un corpo”, fa giurare a un giovane medico viennese, folgorato da una dama intravista al caffè, che presto giacerà sulla sua talvolta anatomica, per mostrare i segreti della sua bellezza. 
 
Fellini – Celebrato senza riserve retrospettivamente, ebbe in vita successo di pubblico ma non di critica, non in Italia – fu “riconosciuto” e consacrato in Francia (“La dolce vita” a opera di Simenon, presidente della giuria a Cannes) e in America con gli Oscar. In Italia era sospetto, a  sinistra come cattolico, e inviso naturalmente ai cattolici, sessuofobi. “La Dolce vita” l’“Osservatore Romano” ribattezzò “La sconcia vita”. Franco Fortini sull’“Avanti!” disse il film di “ripugnante cattolicesimo di fondo”. Luigi Russo su “Belfagor” di “un cattolicesimo putrefatto e massoneggiante”. Sul “Corriere della sera” Arturo Lanocita bocciava “i dialoghi mediocri, gli interpreti che tradiscono dilettantismo”. Mario Gromo sulla “Stampa” spiegava che “la materia non vibra”. Su “l’Unità” Mario Alicata si limitava a invitare Fellini: “Venga on noi”. Il successivo “8 e mezzo” Buzzati sul “Corriere della sera” disse “la masturbazione di un genio”. Su “La Stampa” Guido Aristarco ci vedeva “l’inconsistenza della visione felliniana”. Su “Paese sera” Flora Volpini lo liquidava, di “una noia spaventosa”. Morando Morandini su “Le Ore” si chiedeva se era “opera d’arte o esercizio di stile”.  Filippo Sacchi su “Epoca” dichiarava di non essere “riuscito a capire il capolavoro”. Per “Prova d’orchestra” Fofi su “Ombre Rosse” non aveva dubbi: “L’aspetto più costernante del film è la sua sciocchezza”.  
 
Fondazione Feltrinelli – È stata l’idea di un prete. Lo spiega Carlo Feltrinelli a Cazzulllo sul “Corriere della sera”, 8 marzo: Togliattti propone a Feltrinelli la creazione di una biblioteca delle lotte operaie in ogni parte del mondo, e gli dice “che l’idea veniva da un prete. La Fondazione Feltrinelli nacque così”.
 
Gadda - “Me lo ricordo come una comica”, il suo vecchio editore Livio Garzanti, intervistato per i suoi novant’anni da Nello Ajello su “la Repubblica” il 15 aprile 2011: “Grande, strano, ossequioso”. Gli scriveva lettere come a persona di grande autorità, o a un padre: “Gadda mi professava una deferenza ridicola. Era un grade nevrotico. Non aveva mai dato un bacio a una donna.  Mi mostrava – io all’epoca ero un giovanotto di trent’anni o giù di lì – l’adorazione che si può provare per uno zio, un principe del sanghe o per Gheddafi”.
 
Gattopardo – “Rifiutat
o da tutti gli editori. Fu Elena Croce, la figlia di don Benedetto, a segnalarlo a Bassani, dicendo che era opera di «una signorina aristocratica siciliana… » - Carlo Feltrinelli a Cazzullo, sul “Corriere della sera”.

 
Intellettuale\sessuale – “Il meditare da solo è onanismo – il pensare con altri (conversare) è coito”, Carlo Dossi, “Note azzurre” 1589
 
Latino - Ce n’è di ottimo, notava Luciano Canfora commentando l’addio al papato dei Benedetto XVI (“Un esempio di latino moderno”), “una specie di mosaico che abbraccia due millenni di latinità, dal ciceroniano «ingravescente aetate» al «portare pondus» che ricorre in Flavio Vegezio”.  Con “un disinvolto «ultimis mensis» che figura in scritti ottocenteschi (addirittura del calvinista Bachofen)”. È “prelievi dal dotto e audace Rufino traduttore di Origene, nell’espressione «incapacitatem meam»”. Mentre altre “solide attestazioni di epoca classica, da Quintiliano a Plinio, sorreggono la frase più importante di tutto il testo e cioè: «Declaro me ministerio renuntiare»”. Ma “nella frase cruciale” viene “inferta una ferita alla sintassi altina, visto che al dativo ministerio viene collegato l’intollerabile accusativo commissum («incombenza affidatami»). Mentre doveva esserci, “per necessaria concordanza, il dativo commisso”. Come “addirittura nella frase di apertura”, dove il Pontefice annuncia di “«comunicare una decisione di grande momento per la vita della chiesa», ma si legge pro ecclesiae vitae laddove avremmo desiderato pro ecclesiae vita”.
Succede, conclude Canfora, il latino condensa molte novità successive. Per scurare il pontefice, ricorda di passaggio “i rari ma disturbanti errori di latino che macchiavano le «Quaestiones callimacheae» di un grande filologo come Giorgio Pasquali, rettificate nella ristampa realizzata poi dal bravissimo Giovanni Pascucci, grammatico fiorentino”.
 
Manzoni - Un personaggio molto solido malgrado le fobie, un believer: Umberto Eco tutto sommato lo assolve, nella plaquette “Tra menzogna e ironia”. Nella quale Manzoni figura per un saggio intitolato “Linguaggio mendace di Manzoni”.
Dell’autore dei “Promessi sposi”, che non ama ma teme, Eco traccia i vari linguaggi nel romanzo: erudito, convenzionale, “popolare”, figurato, ironico, etc.. Facendone un giocatore linguistico – un organista abilissimo ai vari registri, si direbbe, il Bach del romanzo – più che un ideologo e un uomo di fede. Ma tale, tanto immerso è in questo gioco, da rendere i suoi giochi linguistici irrilevanti, “prova ne è che tanti lettori hanno capito il romanzo saltando, per giustificata pigrizia, tutti gli esempi di discorsi inconcludenti”.
 
Petrarca – Riconosceva la grandezza di Dante, della “Divina Commedia”, a malincuore, “con una certa considerazione” ma “con reticenze e ambiguità”. Il suo studioso spagnolo, Francisco Rico, “Ritratti allo specchio”, lo fa emergere di carattere difficile. Il conterraneo e quasi coetaneo Boccaccio considerava “a volte come un servitore e a volte come un fratello”.  Ma “un fratello minore che s’istruisce e incoraggia ma il cui talento non si apprezza”. Avvantaggiato peraltro, spiega, dalla devozione di Boccaccio, invece indefettibile.
 
Riflusso – “Un orologio che va male non segna mai l’ora giusta; un orologio fermo la dà esatta due volte al giorno. Si può spiegare così il riflusso verso la moderazione, la conservazione e la reazione dell’elettorato di sinistra in Europa” – Leonardo Sciascia, “Nero su nero”, 247.

letterautore@antiit.eu

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