Giuseppe Leuzzi
Il “bilancio sociale” della Procura Antimafia di Napoli per il 2021 dà 981 arresti sanciti dal gip sui 1.307 richiesti dalla Procura, il 75 per cento. Sono molti o sono pochi? I mille arresti hanno ridotto o circoscritto il crimine?
Lo stesso bilancio spiega che si arriva a richieste di arresto solo nel 40 per cento dei casi trattati. Come dire che la Procura antimafia lavora per lo più a vuoto. Su che basi? Probabilmente le confidenze, le denunce, anonime oppure no. Sulle mafie s’innesta un’attività di contrasto per il 60 per cento inutile, sei casi su dieci.
Roberto Andò considera Francesco Rosi, il regista di “Salvatore Giuliano” e “Mani sulla città”, due classici, “un modello”, di “strada insuperata”, “per raccontare il Meridione d’Italia”. In effetti. Forse per questo Rosi è dimenticato?
Mauro Covacich va alla farmacia internazionale del Vaticano e la trova “immensa” – “conto ventiquattro addetti nelle relative postazioni” – e affollata. Ci sono i numeretti, ma c’è un po’ di confusione. In particolare, distingue “diversi accenti, gente che ama credere, abruzzesi, campani, pugliesi”. Covacich, scrittore triestino?
Non è finita. Lo scrittore triestino pensa che per “loro”, abruzzesi, campani, pugliesi, il medicamento sarà, se “non proprio consigliato dal Papa”, di “certo infuso dalla sua grazia, se non altro per prossimità”. Mah!
Ugo La Malfa, rispondendo a Ronchey, “Intervista sul non-governo”, 1977, a proposito della sua esperienza al Commercio Estero nel 1949-1950: “Da che cosa derivò l’impegno alla liberalizzazione (del commercio estero, n.d.r.)? Fui mosso da due convincimenti: la visione meridionalistica, ossia l’idea di stimolare con la concorrenza il sistema economico, favorendo il Mezzogiorno, e una certa intuizione della capacità nazionale di andare sui mercati”. Alla Liberazione anche il meridionalismo era in palla.
Il principe Ninetto
Nel centinaio di “sonetti” buttati giù alla rinfusa tra
1971 e 1973 alla notizia che l’amato Ninetto intendeva sposarsi, Pasolini gli
si rivolge con il voi. All’uso probabilmente provenzale, della poesia cortese,
dell’amato, benché ragazzo, come “mio signore”. Ma piace pensarla una forma derivata
dall’uso calabrese, del voi per il lei come forma estesa di riguardo.
Specialmente dell’età, genitori compresi e anziani di ogni tipo. Quale gli è
stato usato sicuramente da Ninetto quattordicenne nei primi incontri.
“Chi v’insegnò filosofia da bambino?\ Una filosofia
che dice di non credere in niente”, a un certo punto il poeta interpella Ninetto.
“Questa nera filosofia di poveri” poi continua tagliente, ma riconoscendo “che vi
ha dato\ tanta fermezza”.
Pasolini è lo scrittore del secondo Novecento che con
più continuità ha scritto e parlato del e col Sud – scrittore non di origini meridionali.
Non nei romanzi, ma sì nella saggistica e in poesia, e nel cinema. Volendo,
anche i due romanzi di esordio sarebbero da considerare del Sud – un leghista
li considererebbe tali. Ma non nel senso che Pasolini dà al Sud, che comincia a
Napoli, ed è un mondo contadino in trasformazione. A Napoli?
La povertà è dei
mercati
La Calabria ha il record dei vigneti bio sul totale,
quattro ettari su dieci. Ma non sa venderli, benché ora molto richiesti – qualcuno
ha sentito parlare di vini bio calabresi? Ha fatto grossi investimenti, ma non
sa farli fruttare, con marchi, qualità, pubblicità, tipologie anche di vini,
adeguamento ai gusti e agli stili di vita?
L’effetto è anche di una ridotta superficie coltivata
a vite – la Sicilia, dove i vigneti bio sono solo il 27 per cento del totale, è
la primissima per superficie totale bio, 26.241 ettari (un quarto dei vigneti
nazionali bio). Ma resta il nodo: l’iniziativa individuale si ferma nel momento
migliore, del moltiplicatore di attività e redditività, del guadagno. Per la
deficienza delle strutture pubbliche sicuramente, promozionali, di marketing,
pubblicitarie (non si fa merito delle coltivazioni bio, p.es., lo sappiamo
solo dagli studi). Ma anche per deficit di costanza: fatto il più, si penserebbe
normale fare il meno (fiere, mercati, promozioni…). Invece no: se il successo
non è immediato, la stanchezza subentra subito.
La Calabria ha anche la più grande varietà di vitigni
autoctoni, che oggi nel mercato vinicolo sarebbe un tesoro. Ma sa valorizzarne
solo uno, il gaglioppo. E per la determinazione di una o due famiglie di
viticultori. Il problema del Sud non è la povertà, sono i mercati, riuscire a
entrare nei mercati – trent’anni fa anche la Cina, oggi prima potenza economica
mondiale, era povera e poverissima.
Napoli
“Città velata, ma vanitosissima”, la dice Marino Niola
ai giornalisti europei ospiti di Netflix per il lancio del film di Sorrentino,
“È stata la mano di Dio”. Velata come nel film di Ozpetek, ma esibizionista.
Ebbe quattro conservatori perché coltivava i castrati,
a partire dal Seicento, “quasi tutti provenienti da famiglie povere del Sud”,
Cecilia Bartoli, “la Repubblica”, 12 gennaio 2012 – “in migliaia subirono
l’atroce mutilazione, molti morivano d’infezione”.
Le famiglie povere abbondavano allora al Nord come al
Sud (famiglie povere del Sud è un modo di dire), ma certo l’uso è ben
napoletano.
Ne “nacquero”, sempre Cecilia Bartoli, “musiche di fuoco, passione e virtuosismo”, del grande Settecento napoletano, “di tremenda difficoltà perché, pur essendo le voci dei castrati femminili, contavano su una capacità toracica maschile. Passavano dai registri bassi a quelli alti con salti di 15 note, e Farinelli cantava 25 battute senza respirare”. Farinelli, di Andria, era passato per Napoli.
Usa(va) paragonarla all’India, alle megalopoli indiane.
Ma l’India incinera i morti, Napoli li venera, anche ignoti, perfino residui,
in ossa disgiunte.
Di Niccolò Jommelli, dopo averne ascoltato a Torino a fine 1888 il requiem, “Missa pro defuntis”, Nietzsche annota, in uno dei “Frammenti postumi”, 25 dicembre 1888: “Gli antichi italiani con la profondità e la dolcezza del sentimento, i musicisti aristocratici per eccellenza, nei quali ciò che la voce ha di più alto è rimasto come suono. Il ‘Requiem’ di Nicola Jommelli, per esempio, l’ho sentito ieri: ah, ciò viene da un mondo diverso da quello di un ‘Requiem’ di Mozart”.
Stendhal annota nel “Diario” italiano, il 9 ottobre
1811: “Napoli, la città della gaiezza. Roma è una tomba sublime. Bisogna ridere
a Napoli e amare a Milano”.
“Toledo, Chiaja e la parte della città dal lato di
Portici sono uniche al mondo. Non è esagerato. Ho visto Napoli al di fuori dalla
società” – cioè non filtrata d ai salotti che lo ricevevano, come a Milano e a
Firenze.
Il San Carlo wikipedia può celebrare come il teatro
d’opera più antico del mondo. Nato 41 anni prima della Scala di Milano, 55 anni
prima delle Fenice di Venezia, la sua architettura ha influenzato le successive
costruzioni del genere.
Voluto da Carlo di Borbone, “il re proprio e
nazionale”, fu realizzato da Giovanni Antonio Medrano e Angelo Carasale, in
soli otto mesi, al costo di 75 mila ducati (circa 1,5 milioni di euro), per un
pubblico di 1.300 persone.
In vari soggiorni a Napoli, sempre brevi, Stendhal ha soprattutto attenzione alla vita musicale, gli sembra straordinaria. In “Roma, Napoli e Firenze” fa varie menzioni di musicisti che, soprattutto nel Settecento, sono stati napoletani oppure hanno esercitato o si sono perfezionati a Napoli, “il paese dove si ama al meglio la musica”.
La lista in effetti è impressionante. Alessandro
Scarlatti, “considerato il fondatore della musica moderna, perché gli si deve
la scienza del contrappunto” – che “era di Messina”. Porpora, Leo, Francesco Durante,
che “rese facile il contrappunto”. Vinci, Pergolesi, Hasse “il Sassone”,
allievo di Scarlatti, Jommelli, “Gluck si formò a Napoli”, D avid Perez, “autore
di un Credo che si canta ancora nella chiesa dei Padri dell’Oratorio”, Traetta,
maestro di Sacchini, “Bach (uno dei figli di Bach, nd.r., “Giovannino”), nato in
Germania, fu allevato a Napoli”, Piccini, Gugliemi, Anfossi.
Tra i cantanti celebrava, oltre Farinelli,
Caffarelli e Eziziello. Per concludere, 1821: “Tutti pensano che la musica a Napoli
è ora in decadenza”.
leuzzi@antiit.eu
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