domenica 3 aprile 2022

Appalti, fisco, abusi (218)

Il made in China ha sempre qualcosa che presto non funziona: il decoder, la moka, il telefono da tavolo, il tostapane. Tutti, in neretto, developed and designed in Italy, e poi, in corpo illeggibile, made in China. In commesse evidentemente non controllate. Oppure controllate ma non abbastanza, con clausole facilmente eludibili del capitolato di appalto. Basta poco, un metallo non della esatta caratura, una plastica non di una certa robustezza, una limatura anche millimetrica in più o in meno. E poi si sa che cinesi vanno di corsa, il controllo di qualità non è il loro forte. E, come tutti, puntano a ottimizzare il guadagno.
 
Se si reclama, la cosa non suscita non suscita reazione: l’apparecchio inefficiente viene sostituito – un telefono da tavolo è capitato di averlo sostituto cinque volte nei due anni di durata della garanzia. Si sa che la globalizzazione è un fatto commerciale e non produttivo, di qualità. Ma il made in China consente ricarichi così enormi?
 
Le bollette di dicembre ok. Quelle di febbraio (dicembre-gennaio) pure. Ora le bollette di aprile (febbraio-marzo) e il disastro di cui ci hanno bombardato giornali e tg non si vede. Anzi i prezzi sono diminuniti seppure di poco, per kWh o mc. Superficialità? O recezione acritica di speculatori e spioni per anticipare prezzi futuri - di spioni servi degli speculatori?
 
Da codice penale l’anticipo alla pompa del future del petrolio a 130 dollari al barile, fantaeconomia, col carburante caricato per quasi un mese di mezzo euro, da 1,70 a 2,20. Un aumento folle, per ampiezza e senza basi - su una forma di speculazione, che non ha nulla che vedere con i prezzi reali della merce.
Senza nessun intervento, nemmeno un appunto, nemmeno una predica, dell’Arera, l’agenzia pubblica che controlla il mercato dell’energia. C’è voluta una legge del governo che fiscalizzasse il mezzo euro. Incredibile ma vero: speculazione libera, da pagare col fisco.
 
Fanno tenerezza i conteggi dei centesimi, un centesimo, due centesimi, nell’estratto conto della banca – nella fattispecie Unicredit ma è prassi comune. A un tasso sulle giacenze dello 0,0010 per cento. Assortito dalla ritenuta fiscale del 26.0000% imponibile sul ventesimo. Ma quante pagine e quante ore lavoro si spendono per il ventesimo? La banca non ha nulla di meglio da fare? Non si può dire che le giacenze non sono remunerate, a meno di accordi specifici?
E che vorrà dire 26 con quattro zeri?

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