Appalti, fisco, abusi (218)
Il made in China ha sempre qualcosa che presto non funziona: il decoder, la moka, il telefono da tavolo, il tostapane. Tutti, in neretto, developed
and designed in Italy, e poi, in corpo illeggibile, made in China. In
commesse evidentemente non controllate. Oppure controllate ma non abbastanza,
con clausole facilmente eludibili del capitolato di appalto. Basta poco, un
metallo non della esatta caratura, una plastica non di una certa robustezza,
una limatura anche millimetrica in più o in meno. E poi si sa che cinesi vanno
di corsa, il controllo di qualità non è il loro forte. E, come tutti, puntano a
ottimizzare il guadagno.
Se si reclama, la cosa non suscita non suscita reazione: l’apparecchio
inefficiente viene sostituito – un telefono da tavolo è capitato di averlo
sostituto cinque volte nei due anni di durata della garanzia. Si sa che la
globalizzazione è un fatto commerciale e non produttivo, di qualità. Ma il made
in China consente ricarichi così enormi?
Le bollette di dicembre ok. Quelle di febbraio
(dicembre-gennaio) pure. Ora le bollette di aprile (febbraio-marzo) e il disastro
di cui ci hanno bombardato giornali e tg non si vede. Anzi i prezzi sono
diminuniti seppure di poco, per kWh o mc. Superficialità? O recezione acritica di
speculatori e spioni per anticipare prezzi futuri - di spioni servi degli
speculatori?
Da codice penale l’anticipo alla pompa del future del
petrolio a 130 dollari al barile, fantaeconomia, col carburante caricato per
quasi un mese di mezzo euro, da 1,70 a 2,20. Un aumento folle, per ampiezza e
senza basi - su una forma di speculazione, che non ha nulla che vedere con i
prezzi reali della merce.
Senza nessun intervento, nemmeno un appunto, nemmeno una
predica, dell’Arera, l’agenzia pubblica che controlla il mercato dell’energia.
C’è voluta una legge del governo che fiscalizzasse il mezzo euro. Incredibile ma
vero: speculazione libera, da pagare col fisco.
Fanno
tenerezza i conteggi dei centesimi, un centesimo, due centesimi, nell’estratto
conto della banca – nella fattispecie Unicredit ma è prassi comune. A un tasso
sulle giacenze dello 0,0010 per cento. Assortito dalla ritenuta fiscale del
26.0000% imponibile sul ventesimo. Ma quante pagine e quante ore lavoro si spendono
per il ventesimo? La banca non ha nulla di meglio da fare? Non si può dire che
le giacenze non sono remunerate, a meno di accordi specifici?
E che
vorrà dire 26 con quattro zeri?
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