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La regina che fa grande l’Inghilterra
Una pubblicazione
celebratoria, per il Giubileo di Platino di Elisabetta II, settant’anni di
regno tra un mese, e uno sguardo ancora aperto, giovanile, come all’incoronazione nel 1952. Un’evocazione soprattutto de “i Windsor”, e del principe consorte
Filippo, con la numerosa e controversa famiglia della regina. Che una curiosa verità
però fa emergere con le foto, e con l’elenco dei “viaggi” di rappresentanza,
della regina e dei suoi figli e nipoti: non c’è altra Inghilterra nel mondo.
Lo stesso Giubilgnomi di Zurigoeo
sarà un evento mondiale. Al momento del massimo isolamento della Gran Bretagna.
Reduce dalla Brexit. Trascurata dalla presidente della Commissione Europea
Ursula von der Leyen, ex London School of Economics, nel suo ultimo “stato dell’unione”,
come un remoto pese dell’Indo-Pacifico. Sfidata da piccole e meno piccole
repubblichette ingrate, che il passato inglese, fatto di ottime leggi e buone polizie, denunciano come imperialismo,
razzismo, sfruttamento, e a mano a mano si sfilano dal Commonwealth.
È curioso, ma l’Inghilterra
è oggi solo una dinastia non inglese. In passato era Churchill, Mary Quant, i Beatles, e poi lungamente Margaret Thatcher, con la City, che aveva soppiantato gli gnomi di Zurigo. Oggi è la regina, che altro? Una di una famiglia che era tedesca fino a che Giorgio V, il
nonno, non inventò “i Windsor”, cosi chiamandosi dal castello dove risiedevano i
Saxe-Coburgo-Gotha che da un paio di secoli erano stati chiamati a fare i re
d’Inghilterra. La più grande politica estera, l’unica si direbbe da molti anni,
a parte l’inconsistente sudditanza alla politica americana, quale che essa sia,
è assicurata dall’equilibrio (sorriso, intelligenza, gravitas e leggerezza)
di Elisabetta II e i sui cari.
Questa sapienza
politica Roddolo attribuisce specialmente al principe consorte Filippo di Edimburgo.
Ma sicuramente deve molto alla sensibilità - che altro? non ha poteri – della regina.
Fin dal primo momento, dall’ascesa al trono nel 1952. A un trono cui non erano
destinati, né lei né il padre Giorgio VI, la linea di successione era quella del
primogenito Edoardo: Elisabetta, nata nel 1926, passò i primi otto anni come una
qualsiasi principessa di casa reale, di un ramo cadetto.
Roddolo richiama
lo storico Schama, che di Elisabetta I, “prima donna in politica della storia
britannica” (veramente, la prima era stata la predecessora, Maria I Tudor),
dice che la sua fama e il suo merito stanno nell’aver reso “gli inglesi felici
di esserlo”, e di aver fatto capire loro “che non aveva a cuore nulla di più
caro che il suo stesso popolo”. E lo stesso, mutando la terminologia, è vero della
“Ditta”, per lo meno con Elisabetta II.
Enrica Roddolo, La
regina Elisabetta, una vita nella storia, Corriere della sera, pp. 63 + 63,
ill., gratuiti col quotidiano
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