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Questa guerra non ce la contano giusta
“Come mai nelle foto satellitari del New
York Times, che vogliono essere del 19 marzo, non c’è la neve, che quel giorno
a Bucha c’era?”. Toni Capuozzo, che è sempre stato sinonimo di onestà, professionale,
non si capacita: la guerra è brutta, è una guerra d’aggressione, ma come ce la
raccontano? Non è la sola incongruenza che Capuozzo, come ognuno, può rilevare
nell’informazione che ci ha invasi.
Questa guerra, purtroppo, oltre che di
carri armati, artiglieria, e missili, è d’informazione. Era già successo trent’anni fa con la guerra del Golfo, ma qui l’“informazione” si supera, fin da prima
dello scoppio della guerra, con trovate ogni giorno da script di pubblicità.
Come se non bastassero le bombe.
Una migliore aderenza dell’informazione ai
fatti migliorerebbe la situazione? La guerra probabilmente no. Ma i contorni della
guerra sì. Soprattutto sull’asse Washington-Londra, dove l’informazione viene articolata
– con l’Europa un po’ inetta e un po’ smarrita. Perché questo è palese: è ben
una guerra all’Europa che si combatte in Ucraina, a spese degli ucraini.
Capuozzo ha animato qualche giorno fa un
manifesto di “ex inviati di guerra” contro l’informazione professionalizzata di
questo conflitto: “Siamo inondati di notizie, ma nessuno verifica tali notizie”.
Non c’è tempo, ogni giorno ce n’è una peggiore, come in un perfetto war drama.
La “lettera aperta” degli “ex” è stata firmata da alcune centinaia di
giornalisti – tra essi stranamente alcune ex firme di “la Repubblica”, il giornale
più schierato.
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