Gli anni di formazione di Einstein in Italia
Ideato dalle
storiche della scienza Raffaella Simili e Sandra Linguerri, il film
naturalmente fa il peso delle ricerche e intuizioni di Einstein. Ma si segnala
per l’aspetto umano, che ricostituisce con vecchie foto, testi di varia natura,
qualche testimonianza. Per un aspetto particolare della vita e della
personalità di Einstein, il rapporto speciale con l’Italia. Dove soggiorno da
giovane per lunghi periodi, per le vicende familiari, tra il 1895 e il 1905, quindi
dai sedici ai venticinque anni, tra Pavia, Milano e Casteggio. Soggiorni che
nelle memorie evoca tra “i ricordi più belli” dell’adolescenza. E dove tornò
quindici anni dopo, nell’anno in cui avrà già il Nobel, 1921. A Bologna, dove
tenne tre lezioni all’università, su invito del matematico Federigo Enriques,
in italiano. E a Padova, per fare visita e rendere omaggio al matematico Gregorio
Ricci-Curbastro, il cui “calcolo sensoriale” gli aveva consentito di uscire,
col necessario apparato algoritmico, dall’impasse in cui si trovava per
fondare la teoria della relatività.
Il docufilm spiega
anche Einstein dopo il 1938, dopo le leggi razziste, si prodigherà anche per matematici,
fisici e altri scienziati italiani che il fascismo ostracizzava.
Un impianto un po’ alla “viva l’Italia” – la quale
purtroppo da tempo non c’è più, se non per raptus, l’Europeo di calcio,
i 100 m. di Jacobs, il Nobel a Parisi. Ma vivace, soprattutto sulla famiglia e
la personalità dell’uomo del secolo.
Alessandro Scillitani, Einstein parla italiano,
Rai Storia
P.S. Oggi la rivista “7” del “Corriere della sera”
scrive che Carlo Nazzaro, giornalista napoletano, “diresse il quotidiano ‘Roma’
dal 1931 al 1943, in piena epoca fascista, e servì il regime pur facendolo con
discrezione. A Bologna nel 1943 intervistò Albert Einstein”. Einstein a
Bologna, nel 1943?
Wikipedia reca, senza incertezze, nella lunga bio del giornalista:
“Non amava spostarsi dalla «sua» Napoli, il viaggio più lungo, prima della
seconda guerra mondiale lo portò a Trieste, a Venezia e a Bologna, dove
intervistò Albert Einstein nel 1943. Di quell'episodio lui stesso disse: «Mi
rifece la punta della matita che per l'emozione avevo spezzata»”. Non è un buon
segno, se tutto si può dire, a posteriori.
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