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In Ucraina il mercato delle madri surrogate
Badanti, e madri in affitto, questo era l’Ucraina per noi. Sembra
preistoria, o fantascienza, ma questo era l’Ucraina per gli italiani, e le italiane,
prima dell’invasione russa. Un paese di donne.
Il ruolo di badanti le ucraine, robuste e lavoratrici, condividevano
con rumene, moldave, bulgare. Quello delle madri in affitto, invece, esercitavano
in proprio: era una sorta di industria nazionale, praticata e agevolata da
molte agenzie di intermediazione – questo mercato, a differenze dalle badanti,
era ricco.
Il 22 luglio
2020 l’onorevole Carfagna, vice-presidente della Camera, depositava un progetto
di legge, di un solo articolo, che estendeva le pene per il reato di
surrogazione di maternità (la reclusione da tre a mesi a due anni di carcere e una
multa da 600 mila a un milione di euro) anche a chi vi ricorreva all’estero. Il
giorno dopo il quotidiano cattolico “Avvenire” spiegava: “In Europa il mercato di elezione
per le coppie eterosessuali è l’Ucraina, dove commissionare un figlio a una
delle decine di agenzie di intermediazione può costare dai 30 ai 50 mila euro,
di cui circa 15mila finiscono nelle tasche della madre gestante”.
Due
settimane prima la stessa onorevole Carfagna aveva chiesto in un’interrogazione
parlamentare se erano stati concessi permessi speciali, contro i divieti alla
circolazione decretati per il coronavirus, a coppie italiane rimaste bloccate a
Kiev, dove si erano recate a prelevare i figli nati con maternità surrogata.
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