La benzina torna a correre
Non si arresta il rincaro dei prodotti petroliferi, malgrado le quotazioni
del greggio ristagnino, con tendenza al calo, da qualche settimana. Non si arresta
negli Stati e si rifletterà in Europa.
Senza le accise, le addizionali e i balzelli vari dell’Italia, la benzina
costa negli Stati Uniti più che in Italia, dove è la più cara in Europa, In
tutti gli Stati americani ha superato i quattro dollari a gallone (un gallone americano
è 3,8 litri). Nella media nazionale il costo era di quattro dollari e mezzo mercoledì.
In California, stato di Washington, Oregon, Nevada, Alaska e Hawaii era di
oltre 5 dollari - in California di oltre 6 dollari. E naturalmente era superiore
lungo le autostrade: il prezzo medio rilevato era di 5,61 dollari, in aumento
di 2,36 dollari rispetto a un anno prima. La previsione è che il prezzo medio salirà ad agosto a sei dollari a gallone.
Il rincaro, avverte giustamente il ministro Cingolani, si è manifestato prima
della guerra russa all’Ucraina. È partito negli Stati Uniti, e non si arresta, per
capacità insufficiente di raffinazione (molti impianti sono chiusi per ragioni
ecologiche o lavorano al minimo), di trasporto, e anche, in parte minima, per
il blocco delle importazioni dalla Russia (l’8 per cento delle importazioni di
greggio e derivati, che contano per il 37 per cento dei consumi totali). E per
un’offerta totale tendenzialmente in contrazione, per effetto di investimenti
insufficienti nella ricerca e produzione: una tendenza in atto da alcuni anni,
in vista della transizione ecologica, e per i costi elevati di ricerca e
produzione negli Stati Uniti, sempre per effetto della protezione ambientale.
I ridotti investimenti sono comuni anche alle altre aree di produzione petrolifera
nel mondo.
La riduzione degli investimenti va anche in parallelo con la crescita della
domanda dei grandi mercati asiatici, di Cina, India.
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